“Non c’è alcuna volontà di rompere equilibri in seno a Fratelli d’Italia, piuttosto di rafforzare il messaggio politico ampliandolo a livello locale, provinciale e regionale, dando la misura di una sperimentazione che può portare del bene a livello nazionale. Così ci si dovrebbe atteggiare in politica, in modo inclusivo e non esclusivo come spesso accade per motivi difensivistici”.
Guido Quintino Liris è in piena campagna elettorale; nel suo comitato, decine di persone al lavoro. Il vice sindaco del Comune dell’Aquila è candidato nella lista di Fratelli d’Italia in quota Direzione Italia. Una scelta che ha creato scompigli in seno al centrodestra cittadino, arrivata a valle della clamorosa rottura con Forza Italia che ha portato alla costituzione in Consiglio comunale del gruppo ‘Insieme per L’Aquila’ confluito nel movimento di Raffaele Fitto che, con Giorgia Meloni, sta lavorando alla costruzione di un nuovo partito, dopo le elezioni Europee, conservatore e sovranista.
In questo disegno politico sta la candidatura di Liris con Fratelli d’Italia, che ha provocato dei contraccolpi interni ai meloniani, col gruppo consiliare che si è schierato al fianco di Luca Ricciuti.
Questioni che non sembrano preoccupare affatto Liris. Anzi. “L’agibilità politica è fondamentale per chi si candida ad essere portatore di istanze che provengono dal territorio: nel momento in cui la gente ti sceglie per rappresentarne bisogni ed esigenze e non hai più la possibilità di farlo, puoi decidere di farti da parte o di essere ancora protagonista in positivo della vita del territorio, continuando ad occuparti della cosa pubblica laddove l’agibilità politica è garantita, laddove c’è la possibilità di agire in prospettiva, senza andare a cozzare con le prerogative di altri, senza andare a toccare alcun interesse personale. Se ci sono delle divergenze che vengano fuori ma in modo leale”.
Dunque, Liris si concentra sull’appuntamento elettorale del 10 febbraio: “Giovanni Legnini perderà clamorosamente - l’affondo - perché il centrosinistra, in questi anni, ha scientificamente deciso di dar vita ad una Regione a due velocità. Sarà l’entroterra a guidare la riscossa del centrodestra, di tutto un mondo che non si è arreso all’idea di essere figlio di un Dio minore. D’Alfonso non ha lavorato per unire i territori ma per dividerli, e ci è riuscito purtroppo. Va rispostato un poco il baricentro verso le aree interne”.
In questo senso le priorità sono due, ricostruzione e sanità: “non fosse altro perché sono le competenze stesse della Regione che dettano le priorità”.
La ricostruzione, dunque: “va completata la ricostruzione del cratere 2009, quella privata e soprattutto quella pubblica e il ruolo della Regione è centrale; poi, va avviata la ricostruzione del nuovo cratere, laddove non è stata neanche avviata. In due anni, non è stato aperto neanche un cantiere. E’ stato mandato un messaggio chiarissimo, di completa disattenzione e disinteresse per quei territori che hanno subito un doppio terremoto, con due normative che si sono sovrapposte l’una all’altro creando confusione a livello politico e amministrativo. Forse Luciano D’Alfonso non se ne è mai accorto, ma era il vice commissario alla ricostruzione e non se ne è mai occupato. Oggi, quei territori sono a forte rischio spopolamento: forse, aspettano l’appuntamento elettorale per capire se c’è qualcuno che ancora crede e vuol scommettere sulla rinascita di quei luoghi”.
Altra priorità, come detto, la sanità, a partire dall’ospedale di II° livello tra L’Aquila e Teramo: “di nuovo, D’Alfonso ha agito affinché ci fosse un solo Dea di II° livello tra Chieti e Pescara, sebbene le aree interne abbiano una fortissima necessità di un ospedale ad altissima intensità di cura che interagisca con la rete sanitaria diffusa sul territorio. Vorrei ricordare che la provincia dell’Aquila è la più estesa, rappresentando metà Regione, e per questo non può avere le stesse necessità delle province costiere. Dunque, all’Ospedale di II° livello va integrata una sanità territoriale che funzioni in modo efficace e sia un filtro agli eccessivi ricoveri ospedalieri, con una degenza media che in Abruzzo è superiore a qualsiasi indice nazionale. Una sanità che sappia rispondere alle esigenze che vengono dai territori: la nostra popolazione invecchia, e dunque è necessaria assistenza per patologie cronico degenerative e per la riabilitazione, in particolare. Mi spiego meglio: se non costruiamo residenze sanitarie assistite, hospice, centri di riabilitazione e assistenza post ospedaliera diffusi, dando forza ai distretti e chiedendo ai medici di base di fare il loro mestiere, perderemo la scommessa in ambito sanitario, con la necessaria razionalizzazione delle spese che si ridurrebbe, come è stato, in un taglio dei servizi. Al contrario, una sanità efficace sui territori permetterebbe di ricorrere agli ospedali ad alta specializzazione soltanto per patologie acute e per il tempo strettamente necessario. Ricordo che un giorno di degenza in ospedale costa 700 euro”.
E poi, “va recuperata la capacità di interloquire in modo forte e dignitoso con le cliniche private”, l’affondo di Liris; “Legnini rappresenta, in questo senso, un interlocutore non credibile, essendo legato ai poteri forti della sanità privata costiera. C’è una diversità di trattamento per le cliniche convenzionate della costa, rimborsate in modo differente, con tempi diversi e una diversa attenzione rispetto ai centri delle aree interne”.