Domenica, 26 Gennaio 2014 01:33

Puntellamenti, affare della ricostruzione: intervista ad Anna Maria Reggiani

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Puntellamenti del centro storico. Lavori per 260milioni di euro. Ad affidamento diretto, in deroga alla normativa sugli appalti. Senza gara, per intenderci. Il grande affare della ricostruzione. E' intorno a queste opere che ha iniziato ad indagare la Procura della Repubblica dell'Aquila. Arrivando all'arresto di Vladimiro Placidi, Pierluigi Tancredi, Daniela Sibilla e Pasqualino Macera. E agli avvisi di garanzia per il vicesindaco Roberto Riga e per l'ingegnere del Comune dell'Aquila Mario Di Gregorio che hanno scatenato una bufera sull'amministrazione Cialente.

In questi giorni, il primo cittadino non ha mancato di ricordare come il Comune dell'Aquila fosse stato investito della esecuzione dei puntellamenti dalla Protezione Civile. “Posso giurare che i puntellamenti a chiamata diretta non volevamo farli”, ha ribadito qualche giorno fa a NewsTown. “Decise la Protezione Civile e non dico che il Comune dovette piegarsi ma – certamente - adeguarsi”. Venne messo in sicurezza, indiscriminatamente, tutto il patrimonio achitettonico cittadino: una scelta culturale, a sentire il primo cittadino.

Un passo indietro. Il Comune dell'Aquila venne investito della esecuzione dei puntellamenti con Circolare del Capo del Dipartimento della Protezione Civile – prot. 8033 – il 5 maggio 2009 e con nota prot. 4206 del 30 aprile 2009 del Vice Commissario per la Salvaguardia dei Beni culturali.

Le modalità di affidamento furono stabilite con verbale d'intesa 2026 del 16 giugno 2009 sottoscritto dal Prefetto, nella qualità di Vice Commissario Vicario, oltre che da tutti gli altri Vice Commissari, dal Comune e dalle associazioni locali di categoria. In base all'accordo, gli elenchi da cui attingere per la scelta delle ditte furono stilati dal Prefetto. Scegliendo nella lista, il Comune dell'Aquila affidò le opere di puntellamento alle imprese. Come detto, in deroga alla normativa sugli appalti. Per chiamata diretta, insomma.

In altre parole si decise di puntellare indiscriminatamente il centro storico dell'Aquila, con l'amministrazione che fu chiamata a gestire - per chiamata diretta - opere di messa in sicurezza per più di 250milioni di euro. “Non volevamo farlo”, sottolinea Cialente.

Andò davvero così? Lo abbiamo chiesto ad Anna Maria Reggiani, archeologa, che ha vissuto in prima persona tutte le drammatiche fasi del terremoto del 6 aprile 2009. All'epoca, infatti, era la Direttrice Regionale per i Beni Culturali d'Abruzzo.

“Per consuetudine, come sede operativa quando avviene un terremoto, è scelta una struttura in posizione centrale rispetto alle zone di intervento, spesso coincidente con la Prefettura”, racconta Reggiani.

“Nel caso dell’Aquila, la scelta della Scuola Ispettori e Sovrintendenti della Guardia di Finanza di Coppito, fuori città, ma facilmente raggiungibile e dotata di ampi spazi, fu imposta dal crollo del Palazzo del Governo. Qui ha operato la Direzione di Comando e Controllo della Protezione Civile, Di.coma.c, attivata dal Dipartimento della Protezione Civile il 6 aprile, dopo la dichiarazione dello Stato di Emergenza, una struttura che in Umbria - Marche non fu presente. Alla Di.coma.c afferivano le Funzioni che rappresentavano i diversi settori di attività della gestione dell’emergenza, svolte dalle amministrazioni centrali dello Stato e dagli Enti locali. Fra queste operò anche la Funzione 15 'Salvaguardia Beni Culturali', nella quale fu inquadrato tutto il personale del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, operante in Abruzzo, che così si trovò ad operare agli ordini della protezione Civile. Dopo la nomina del Vice Commissario alla tutela dei Beni Culturali, nella persona dell’ingegner Marchetti, le competenze della Funzione 15 furono assorbite dalla sua struttura”.

Come furono eseguiti i puntellamenti? “Nel primo periodo dell’emergenza (aprile – giugno 2009), i puntellamenti furono eseguiti dai vigili del fuoco con le tecniche a loro note. Ma dal momento in cui l’ingegner Luciano Marchetti fu nominato vice commissario, i puntellamenti della città dell’Aquila e delle frazioni del cratere furono progettati nell’ambito della sua struttura. Fu istituito, allo scopo, un gruppo di tecnici di esperienza (fra i quali figuravano docenti universitari e funzionari delle Soprintendenze) alle sue dipendenze”.

Esaurita la prima fase di emergenza e iniziata la collaborazione con il Comune, l’attività di puntellamento continuò mediante appalti. “L’attività di messa in sicurezza mediante puntellamento continuò a tappeto su tutto il patrimonio architettonico cittadino - spiega Anna Maria Reggiani - senza tenere conto dell’indice di agibilità e dell’eventualità di procedere in taluni casi, direttamente ad attività di restauro”.

A raccontarlo è proprio Luciano Marchetti nel libro “Misaq - Messe in sicurezza all'Aquila dopo il terremoto del 6 aprile 2009”, presentato nella sede dell’Ance il 27 agosto 2013, alla presenza delle maggiori autorità cittadine, fra le quali il sindaco Cialente, la senatrice Pezzopane e i vescovi. Nell’occasione l’ingegner Marchetti ricordò che "la scelta di mettere tutto in sicurezza venne fatta assieme al sindaco Cialente", aggiungendo che "bisognava salvare il tessuto urbano della città” che altrimenti sarebbe andato perduto, essendo a suo dire a rischio demolizione.

In caso di disastri naturali, come si esegue il rilevamento dei danni per verificare l'agibilità degli edifici pubblici e privati e quantificare, così, le alterazioni subite dai beni monumentali? “Si tratta di un’incombenza urgente che, nel sisma aquilano, è stata assolta utilizzando le schede predisposte dal Dipartimento di Protezione Civile. L’attività di rilevazione è stata a carico dello Stato e delle Regioni fino al sisma del 1997, quando il Dipartimento ha iniziato a preordinare un apposito programma. La schedatura degli edifici in muratura prevede un primo livello di rilevamento danno, pronto intervento per stabilire l’agibilità mediante la scheda denominata AeDES, che ha come oggetto l’analisi tipologica delle lesioni nella prima fase emergenziale, allo scopo di fornire una risposta immediata sull’agibilità. Nella seconda fase, che a L’Aquila ha coinciso con la settimana successiva al sisma, ha preso l’avvio la schedatura degli edifici a carattere monumentale di interesse storico – artistico, che è stata effettuata secondo i modelli elaborati dal Gruppo di lavoro Beni Culturali-GLABEC, distinte per Chiese (modello A-DC) e Palazzi (modello B-DP). Si tratta di modelli cartacei distinti per tipologie edilizie, che consentono l’identificazione del bene, l’individuazione del danno con il riconoscimento del comportamento sismico e dei meccanismi di collasso, grazie al supporto di un abaco, ma che necessitano di essere informatizzate da una postazione di lavoro che non partecipa all’attività di rilievo”.

“Per effettuare il rilievo del danno – spiega a NewsTown Anna Maria Reggiani - i tecnici sono stati suddivisi in squadre denominate NOPSA (Nuclei Operativi Patrimonio Storico Artistico), attive dal 14 aprile alla fine del 2009, formate da funzionari delle Soprintendenze (Architetti e storici dell’arte), dai Dipartimenti delle Università italiane specializzate in ingegneria sismica facenti parte della rete ReLUIS e dai Vigili del Fuoco, con il coinvolgimento dell’Istituto per le Tecnologie della Costruzione del CNR-Aq. Attività di rilievo e successiva informatizzazione in due database, rispettivamente per le chiese e per i palazzi, sono state coordinate dal Vice Commissario Delegato per la tutela dei Beni Culturali, mentre l’ITC-CNR ha ideato il GIS sul centro storico dell’Aquila, messo a disposizione del Dipartimento di Protezione Civile, del Comune di L’Aquila e dei Vigili del Fuoco. A differenza di quanto avvenuto in Umbria, nel caso aquilano si è verificata, però, la mancata condivisione della banca dati da parte degli organi periferici del Ministero, circostanza che ha limitato la possibilità d’intervento e programmazione”.

Con quali risultati? “Da quanto esposto, emerge che sarebbe stato possibile effettuare una programmazione degli interventi più urgenti da iniziare, senza passare attraverso la fase dei puntellamenti”.

Dunque, si sarebbe potuto evitare il puntellamento indiscriminato di tutto il patrimonio architettonico del centro storico. Programmando lavori di restauro immediati. “In quanto Direttrice regionale per i Beni Culturali dell’Abruzzo, nel maggio del 2009, presi iniziative in questo senso, stilando un primo elenco di edifici su cui operare da subito. Il Ministero, però, preferì continuare la collaborazione con la Protezione Civile, che all’epoca effettuava messe in sicurezza con i puntellamenti di routine (con graticcio di contenimento e puntelli in pali di legno, tirantature in funi d’acciaio) oppure con fasciatura in poliestere ed elementi distanziatori in legno. I puntellamenti iniziarono alla fine dell’estate nel 2009 e proseguirono per quello successivo. Quanto a me, nel 2010 chiesi il pensionamento anticipato. Sulla mia esperienza durante il terremoto, ho scritto un libro: 'L’Aquila: una storia interrotta. Fragilità delle architetture e rimozione del sisma'”.

Invece di intervenire sin da subito, insomma, si preferì una scelta attendista. Che significò il puntellamento del centro storico, con esborso di milioni di euro. “Ricordo la relazione dell’OCSE (Rendere le regioni più forti in seguito a un disastro naturale. Abruzzo verso il 2030: sulle ali dell’Aquila). Nel documento, non sono risparmiate critiche alla gestione post sismica, apparsa frammentata, 'scoordinata e individualistica', con prospettive di breve termine affidate alla pratica di avvalersi di amministratori speciali (i commissari) con poteri straordinari temporanei, che tendono a essere conservati nel corso del tempo; il risultato è stata una proliferazione degli attori sul territorio che ha generato un processo decisionale disarmonico, senza una reale partecipazione dal basso. Un bilancio poco lusinghiero che si chiude con la constatazione di un difetto di leadership locali”.

Nel libro firmato da Anna Maria Reggiani si delinea un bilancio nel confronto tra la gestione del dopo terremoto a L'Aquila e in Umbria. Un parallelo impietoso, scrive, è fra la Basilica di Assisi e di Collemaggio. “Nel caso di Assisi, il cantiere di restauro della Basilica di San Francesco, superata la fase della messa in sicurezza, fu immediatamente avviato (fondi ordinari del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, derivanti dall’8% del Grande Giubileo 2000 e della Legge n. 270 del 7 agosto 1997 per un totale di 72 miliardi di vecchie Lire) per compiere operazioni di consolidamento, restauro e ricostruzione in un arco di tempo di circa diciotto mesi, a fronte di danni rilevanti che avevano coinvolto l’arco della controfacciata e le volte con i loro preziosi dipinti. Per Collemaggio, invece, si è provveduto alla costruzione di una copertura provvisoria in acciaio con pannelli trasparenti di protezione destinata ad essere demolita, come quella definita high tech dalla struttura vice commissariale di Santa Maria di Paganica che non ha retto al peso delle nevicate dell’inverno 2012".

Ultima modifica il Mercoledì, 23 Marzo 2016 19:44

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