E' stato fissato per i primi di ottobre il processo di appello ai sette scienziati della commissione Grandi Rischi condannati in primo grado (nell'ottobre 2012) a 6 anni di carcere per omicidio colposo e lesioni con l'accusa di aver dato false rassicurazioni agli aquilani alla vigilia del terremoto del 6 aprile 2009, causando la morte di una trentina di loro.
La difesa punterà a ribaltare la sentenza di primo grado. Una sentenza che, nonostante sia molto complessa sul piano tecnico-penale, molti, in questi anni, hanno voluto far passare semplicemente come un attacco oscurantista alla scienza.
Appena qualche settimana fa, alcune dichiarazioni rese pubblicamente da alti rappresentanti dell'Ingv e della Protezione civile, hanno rilanciato la tesi della ricerca del capro espiatorio e della moderna caccia all'untore.
Vincenzo Vittorini, rappresentante dell’Associazione familiari delle vittime (nel terremoto ha perso sua moglie e sua figlia), teme che queste ripetute esternazioni possano esercitare un'indebita pressione sui giudici proprio a ridosso del processo di secondo grado. Con parole molto forti, Vittorini, ha parlato di "pizzini istituzionali".
Dottor Vittorini, perché questo sfogo? Pensa davvero che ci siano tentativi di avvelenare il clima?
Mentre, dopo la conclusione del processo di primo grado, nessuno dei familiari delle vittime ha detto nulla sulla sentenza, noto invece che, in quest'ultimo periodo, e in varie occasioni pubbliche, alcuni rappresentanti delle istituzioni, anche di alto livello, sono entrati a gamba tesa su un processo ancora in corso. Ho definito queste intromissioni dei "pizzini" perché mi sembra che questi personaggi stiano utilizzando gli stessi sistemi per influenzare chi sarà chiamato a giudicare e ciò non è tollerabile.
A quali episodi si riferisce?
Gli esempi sono presto detti. Un mese e mezzo fa, in occasione del quinto anniversario del terremoto, a margine della consegna di alcune borse di studio da parte dei familiari degli studenti fuori sede morti sotto le macerie, il presidente Ingv Stefano Gresta è intervenuto parlando del processo. Negli stessi giorni, durante un altro evento pubblico organizzato da una testata giornalistica locale, sia il sottosegretario Legnini che il presidente Chiodi che, soprattutto, il capo della Protezione civile Gabrielli hanno fatto riferimenti espliciti. Penso che nessuno debba più mettere bocca su questo argomento. I giudici devono sentirsi liberi e non sotto pressione di qualcuno, né mia o degli altri parenti delle vittime né di nessun'altro. Non vorrei che queste intromissioni si intensificassero man mano che ci avviciniamo al processo di appello. Ho chiesto alle istituzioni di fare un passo indietro e di non parlare più di un processo in corso.
Lei non ha criticato soltanto il comportamento di alcuni rappresentanti delle istituzioni ma anche quello di molti aquilani. Lei infatti ha scritto: "La sete di verità della maggior parte degli aquilani è pari allo zero".
La ricerca della verità, che non è desiderio di vendetta o ricerca di un capro espiatorio, non deve riguardare solo noi familiari delle vittime, perché quello che è stato omesso o commesso prima del 6 aprile è un qualcosa che ha fatto correre un rischio elevatissimo a tutti gli aquilani. E' stata la stessa Protezione civile a stimare che, se il terremoto fosse avvenuto di giorno, i morti sarebbero stati 15 mila. Quest'affermazione avrebbe dovuto far capire a ogni aquilano la misura del rischio corso. Invece in quell'aula di tribunale io mi sono sentito solo, non mi sono sentito forte della vicinanza di una città. Se in questa battaglia continueremo a essere soli non arriveremo mai ad accertare la verità e questo vorrà a dire che la nostra tragedia non sarà servita a nulla. L'accertamento della verità non ci restituirà i nostri cari ma almeno servirà a salvare altre vite e a far capire a chi ha la responsabilità di gestione della cosa pubblica che, nelle catastrofi naturali, bisogna arrivare prima, laddove è possibile, investendo in sicurezza e prevenzione.
Lei ha detto che alle regionali non andrà a votare perché nessuno dei quattro candidati alla Presidenza si è battuto per la verità sulla strage aquilana.
Una presa di posizione che non voleva essere un'indicazione di voto. Ho scritto che non mi sento rappresentnato da nessuno dei quattro contendenti alla carica di presidente della Regione perché nessun dei contendenti si è mai battuto per la verità, nessuno. Io non volevo entrare in polemica con nessuno ma è un dato di fatto che nessuno di loro ha mai fatto una battaglia per verità o ha detto una parola sulla ricerca di verità su quanto è accaduto.
Che reazione ha avuto nel leggere il nome di Daniela Stati, ex assessore regionale alla Protezione civile, protagonista di una discussa telefonata con l'allora capo della Protezione civile Guido Bertolaso?
Anche le la posizione della Stati è stata archiviata e dal punto di vista formale aveva tutti i diritti di candidarsi, penso però che, dal punto di vista sostanziale, avrebbe dovuto fare un passo indietro e non essere messa in lista perché molte cose ancora devono essere chiarite.
Pensa che l'istituzione di una commissione d'inchiesta per accertare le responsabilità politiche e istituzionali di quanto è accaduto servirebbe a qualcosa?
E' chiaro che vanno accertate le responsabilità politiche ma questo non basta, bisogna andare alla ricerca della responsabilità penali. 309 persone hanno perso la vita perché sono stati commessi degli errori o omesse delle azioni. Il Movimento Cinque Stelle ha proposto l'sitituzione di una commissione d'inchiesta sulla ricostruzione e sul modo in cui è stato speso il denaro pubblico. Benissimo, non ho nulla in contrario. Ma io chiedo prima di tutto una commissione d'inchiesta parlamentare sui fatti dell'Aquila. Il Movimento 5 Stelle ha dei propri rappresentanti in parlamento, avrebbe potuto chiederla. Perché finora non lo ha fatto?
Pensa davvero, come ha scritto, e cioè "che non valga più la pena di combattere"?
Il mio era uno sfogo amaro dovuto al fatto che a volte si ha l'impressione che tutte le battaglie combattute per il bene comune finiscano per schiantarsi contro un muro di gomma. In quei momenti pensi che non valga più la pena lottare ma poi sai che continuerai a farlo. La gente penserà che è tutta retorica ma non è così. Ci sono due modi di reagire: o combatti o ti deprimi. Se ti deprimi diventi un peso per te stesso e per gli altri, se combatti, forse, qualcosa riesci a ottenerlo. Io vorrei che all'Aquila nessuno più morisse di terremoto. Se si può fare in altrti paesi non vedo perché non si possa fare anche qui.