Lunedì, 21 Dicembre 2015 11:46

Elezioni Spagna: Podemos arriva terzo e alcuni media italiani rispolverano la parola "anti-politica"

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Quello che oggi colpisce di più dei risultati elettorali in Spagna visti dall'Italia, probabilmente, è come vengono accolti da alcuni giornali che sottolineano in particolare l'avanzata dell'"anti-politica", termine rispolverato per l'occasione e che in alcune pagine dei quotidiani fa rima con il sistema europeo che "trema" e la "democrazia a rischio".

Concetti espressi per esempio su La Repubblica dall'analista Andrea Bonanni e non dissimili da altri che si possono ritrovare su altri quotidiani legati all'area progressista italiana come l'Unità.

Eppure Podemos è una forza politica nuova, nata dal basso, che abbraccia alcuni principi chiaramente di sinistra e non è anti europeista, anche se di certo va contro l'Europa in cui decidono le banche e, più in generale, contro i poteri forti che spesso ne determinano la poltica. Tutto questo senza considerare che l'affluenza alle urne è stata straordinaria, superando il 73%. Dato che dovrebbe essere considerato universalmente positivo a chi crede nella democrazia.

Ma cos'è successo precisamente nelle elezioni spagnole? Facciamo un riassunto

Nella penisola Iberica è successo qualcosa che effettivamente assomiglia un bel po' alle elezioni italiane del 2013, quando con il successo del Movimento Cinque Stelle si è rotto il bipolarismo e si è venuta a creare una situazione di ingovernabilità, terminata poi con l'alleanza tra centro sinistra e centro destra che ha espresso il Governo Letta, poi, con un gioco alla "Trono di Spade", divenuto Governo Renzi.

Adesso anche in Spagna si è assistito allo storico crollo del bipolarismo con l'emergere, tra Partito Socialista e quello Popolare, di due nuove forze molte diverse tra loro ma entrambe definibili come provenienti "dal basso", come Podemos e Ciudadanos (quest'ultima in realtà si dice anche espressione di poteri forti e banche ma che su alcuni argomenti concorda con Podemos).

Precisamente i risultati del voto vedono al primo posto il Partido Popular dell'uscente premier Mariano Rajoy con il 29% dei consensi e 123 seggi, seguito dal Partito Socialista (Psoe) di Pedro Sanchez con il 22% dei voti e 90 deputati. Poi, appunto, Podemos dei leader Pablo Iglesias e Inigo Errejon con oltre il 20% (69 seggi) e al quarto posto i centristi liberali di Ciudadanos con il 14% e 40 seggi (il leader si chiama Albert Rivera).

Quali scenari dunque?

Nonostante la situazione, come detto, presenta aspetti simili all'Italia, ci sono in realtà varie differenze. Certo non è escluso che Destra e Sinistra si alleino nella Grande Coalizione per trovare i numeri per governare e mettere all'angolo Podemos. Questo nonostante Errejon abbia detto in campagna elettorale che una tale alleanza non sia possibile.

E' anche vero che una forza come Ciudadanos è chiaramente vicina - anche se gelosa della sua indipendenza - ai popolari di Rajoy. Ma i seggi dei due partiti da soli non basterebbero lo stesso per Governare.

Podemos però non è  l'M5S

A parte un utilizzo del web similare al M5S, Podemos non è una forza anti europeista ma siede all'Europarlamento insieme a Tsipras, e soprattutto i suoi leader sono d'estrazione Marxista, collocando il movimento iberico più chiaramente a sinistra. Questo nonostante, verso Podemos, si siano alzate negli ultimi tempi critiche da sinistra, a causa di un atteggiamento più prudente proprio in vista delle elezioni.

Alcuni militanti e intelluttuali (o scrittori come Javier Cercas oggi su La Repubblica), accusano il movimento di Iglesias di aver rinunciato alle idee più radicali nate nelle accampadas del 2011, cioè dal Movimento 15-M da cui viene Podemos.

Podemos ha conservato comunque una grande forza per la capacità di saper parlare alla gente e la volontà di allargarsi anche ad altre fasce di popolazione che non provengono dalla sinistra storica. E' il partito che più sa dialogare con i vari indipendentismi, in particolare quello Catalano dove infatti la donna sindaco di Barcellona viene dallo stesso percorso politico (addirittura è stata una 'Occupa', un po' come se in Campidoglio sedesse un ex-occupante del Forte Prenestino).

Si dirà "forza populista", probabile, ma cos'è il populismo e cosa sono diventati i vecchi partiti di sinistra e di destra?

Per cercare di scavalcare a piè pari la narrazione sull'anti-politica rilasciata, ogni volta che c'è bisogno, dai giornali 'storici' della sinistra italiana - e cercando di capire anche le preoccupazioni dei partiti classici verso le nuove forme di politica, anche di sinistra, legate alla propria perdita di voti - utilizziamo un bell'articolo di Cristian Raimo apparso su Internazionale intitolato "Perché c'è bisogno di un populismo di sinistra".

"Al contrario di molti altri teorici del populismo - ragiona Raimo nel pezzo - che definiscono il populismo come ideologia, mentalità, fenomeno eccetera, Laclau lo descrive più o meno come un dispositivo, o un meccanismo, che compie due azioni: rende equivalenti posizioni politiche che non lo sono, e crea una polarità, una divisione che prima non esisteva".

Così ha fatto Renzi con i rottamotari che hanno unito progressisti e liberali, così Grillo tramite la polarità "onesti-disonesti" così Salvini con la più semplice "italiani- stranieri".

Concordando sul fatto che il popolo può essere intelligente, può esistere un populismo di sinistra? E chi ci sarebbe da una parte e dall'altra?

"Da una parte - scrive Raimo- ci sono i precari, il ceto medio impoverito, ma anche i migranti che chiedono diritti, e i cittadini di un meridione socialmente depresso, e ci sono quegli studenti che non vogliono alimentare un'emigrazione che non è più fuga solo di cervelli ma di manodopera a basso costo, quelli che non hanno case di proprietà e che non possono e non potranno accedere a un mutuo, i pignorati, quelli che occupano spazi, i cosiddetti neet (coloro che non studiano e non lavorano), gli arresi, gli evasori fiscali per necessità, una massa diffusa e interclassista, di neopoveri, di quasi poveri, che provengono da contesti sociali e familiari, e persino nazionali differenti, ma che reclamano sostanzialmente reddito e accesso alle risorse, un welfare degno di questo nome".

Insomma qualcosa in più rispetto a continuare a parlare di anti-politica.

 

Ultima modifica il Lunedì, 21 Dicembre 2015 13:18
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