Venerdì, 24 Giugno 2016 17:30

Brexit: e ora? Lavoro e viaggi, cosa cambia per i cittadini Ue

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Terra incognita. E' quella che si apre dopo il voto in Gran Bretagna con la vittoria del 'Leave'. Prima del Trattato di Lisbona, non era nemmeno prevista la possibilità di uscita dall'Ue. Ora è contemplata dall'articolo 50, finora mai utilizzato.

La sola certezza è che sarà un processo lungo e complesso, di almeno due anni dal momento in cui verrà fatto scattare l'articolo di 'addio'. Ma potrebbe durare fino a una decina se si considerano anche i rapporti post-Brexit da rinegoziare tra Gb e Ue: il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, nei giorni precedenti al referendum ha parlato di "7 anni almeno", il governo britannico di "un decennio o più".

RISULTATO DEL VOTO Il referendum sulla Brexit non è legalmente vincolante, ma il premier David Cameron ha già annunciato che il negoziato di uscita sarà guidato da un nuovo leader.

VERTICE UE E ATTIVAZIONE ART.50 La riunione del vertice Ue di martedì e mercoledì prossimi potrebbe essere la prima occasione per Cameron di attivare l'articolo 50. Prima di quel vertice a 28 ci sarà una "riunione informale a 27" per "una riflessione", ha annunciato il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk. Una volta pigiato il 'bottone rosso', scatta immediatamente il conto alla rovescia dei due anni massimi previsti per negoziare l'uscita, quindi la richiesta formale all'Ue potrebbe avvenire successivamente, anche dopo l'estate.

FINO A USCITA FORMALE LEGISLAZIONE UE RESTA IN VIGORE "Non ci sarà vuoto legale" ha assicurato Tusk, precisando che "fino all'uscita formale della Gran Bretagna la legge Ue resta valida nel Regno Unito, ciò significa diritti e doveri".

ALMENO DUE ANNI PER L'EXIT Con l'articolo 50 attivato, comincia il negoziato, verosimilmente gestito dalla Commissione Ue su mandato del Consiglio, per l'uscita della Gran Bretagna da quasi 45 anni di legislazione europea, dall'energia al mercato interno ai servizi finanziari. Nel frattempo, Londra continuerà a essere membro a tutti gli effetti dell'Ue, quindi a votare e prendere decisioni ma sarà esclusa da quelle sulla 'Brexit'. I parlamentari britannici diventeranno di fatto 'osservatori'.
Spetterà poi a Consiglio e Parlamento Ue dare o meno l'ok all'accordo per l'exit. Se al termine dei due anni questo non fosse stato raggiunto, o la Gran Bretagna cessa di colpo di essere membro oppure - ma solo su decisione unanime dei 27 - potrà esserle concesso più tempo per chiudere l'intesa.

ALTRI 5-8 ANNI PER NUOVI RAPPORTI E CHIUSURA VECCHI Tutto dovrà essere rinegoziato per i nuovi rapporti, che potrebbero essere improntati a quelli dei Paesi Efta come Norvegia e Islanda: dagli accordi commerciali ai programmi di ricerca e per le pmi, dall'Erasmus alle norme di conformità dei prodotti. Le discussioni potrebbero andare in parallelo a quelle per l'exit, ma difficilmente si potrebbero chiudere in due anni. Senza contare il 'phasing out' dei programmi Ue in corso, e l'annosa questione dei funzionari e dei traduttori britannici Ue. (Fonte Ansa).

Lavoro e viaggi, cosa cambia per i cittadini Ue

Cosa cambia ai fini pratici con la Brexit per gli italiani e i cittadini degli altri Paesi Ue che vivono in Gran Bretagna o vi si recano per turismo o in cerca di lavoro?

Sul breve periodo nulla, perché, come detto, ci vorranno almeno due anni per la formalizzazione dell'uscita del Regno Unito dall'Ue.

Poi, però, potrebbe esserci cambiamenti piccoli o grandi sulla base degli accordi che verranno rinegoziati con l'Unione.

PER CHI CI LAVORA - Non è ancora chiaro cosa accadrà: il fronte pro-Brexit ha assicurato che qualsiasi nuovo sistema di immigrazione della Gran Bretagna non toccherà i tre milioni di cittadini Ue non britannici (mezzo milione di italiani soloa Londra) attualmente residenti nel Regno Unito. A quanti ci vivono da almeno cinque anni verrebbe concessa la possibilità di restare a tempo indeterminato nel Paese, preservando i diritti acquisiti. Questo farebbe scattare la reciprocità per i due milioni di britannici che vivono nel resto dell'Ue, compresi i pensionati residenti in Spagna. Anche nello scenario più roseo, però, non avranno diritto a sussidi di disoccupazione e all'assistenza sanitaria, che dovranno pagare con un'assicurazione, e per loro diventerebbe quasi impossibile ottenere un mutuo o comprare casa.

Il fronte del Remain aveva messo in guardia che "tutti i cittadini Ue perderebbero il diritto automatico a venire in Gran Bretagna per lavorarci" con probabili restrizioni sotto forma di permessi, visti e altri costi di burocrazia. In particolare chi non raggiunge un reddito annuale di 35mila sterline sarebbe costretto a partire e i settori più colpiti dai licenziamenti potrebbero essere quelli automobilistico e finanziario.

Per molti esperti non ci sono garanzie neppure per i diritti acquisiti (al di là delle promesse del fronte pro-Brexit), in quanto questi diritti non sono menzionati nell'articolo 50 del Trattato dell'Unione europea che regolamenta l'uscita di uno Stato membro.

PER CHI VUOLE ANDARE A LAVORARE - E' possibile che Londra introduca per i nuovi richiedenti (ma forse anche per gli attuali residenti) un sistema a punti sul modello australiano simile a quelo già in vigore per chi arriva da Paesi al di fuori dello Spazio economico europeo. Si tratta di un sistema che assegna punteggi in base al reddito, alla conoscenza della lingua inglese e ad altri fattori. Una volta ottenuto il visto di lavoro, dopo cinque anni si può richiedere quello permanente. Gli studenti che vorranno andare a studiare in Gran Bretagna, inoltre, troveranno tasse universitarie più alte.

PER I VIAGGIATORI - Al momento si potrà continuare ad andare in Gran Bretagna con una carta d'identità valida per l'espatrio (e beneficiando di una sterlina ai minimi...) ma è molto probabile che, una volta formalizzata l'uscita di Londra dall'Ue, sarà necessario il passaporto per varcare i confini di Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda del Nord. Per la Repubblica d'Irlanda, invece, resterà sufficiente avere la carta d'identità. Nel settore aereo ci saranno ripercussioni negative per le low cost con meno voli sulla Gran Bretagna: Ryanair ha già fatto sapere che rischia di non poter più assicurare collegamenti tra Regno Unito e resto d'Europa come compagnia irlandese e Easyjet potrebbe trasferire la sede centrale nell'Europa continentale.

Ultima modifica il Venerdì, 24 Giugno 2016 17:37
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