Domenica, 30 Giugno 2013 11:32

La Croazia entra in Europa, ma è un bene per il popolo croato?

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Oggi 1 luglio la Croazia diventerà il ventottesimo Paese membro dell'Unione Europea. A undici anni dalla richiesta del paese balcanico di entrare nell'Europa che conta e a ventidue dalla fine dalla secessione da quella che era la Jugoslavia, la Croazia diventerà il secondo paese slavo a entrare a far parte dell'Ue, dopo l'ingresso della Slovenia nel 2004.

Ma come viene accolto a Zagabria questo importante avvenimento politico? Da un lato pare non ci sia una reazione univoca e unitaria da parte della popolazione, dall'altro le istituzioni festeggiano e si preparano a dare il benvenuto a politici e corpi diplomatici da tutta Europa. Ieri, in occasione delle celebrazioni, sono arrivati a Zagabriai 15 capi di Stato, 13 capi di governo, 3 presidenti di parlamento, 12 vice-premier, 7 ministri degli Esteri, nonché altre 20 delegazioni straniere di vario rango, per un totale di circa 170 ospiti. Dall'Italia, hanno partecipato all'evento il presidente Giorgio Napolitano e la ministra degli Esteri Emma Bonino. Una celebrazione che non è piaciuta, però, alla popolazione croata che – secondo un sondaggio della tv pubblica – si è detta per lo più contraria all'evento, un “inutile spreco di risorse pubbliche”. Soprattutto in un periodo di crisi come questo.

Infatti la Croazia, come gran parte dei paesi europei, risente della crisi economica dell'occidente: un tasso di disoccupazione tra i più alti del vecchio continente (un quinto della forza lavoro sta a casa) e un livello mostruoso di disoccupazione giovanile (51%), terzo in Europa, dietro a Grecia e Spagna.
Per entrare nell'Unione, la Croazia – repubblica semipresidenziale attualmente guidata dal socialdemocratico Zoran Milanović – ha attuato negli ultimi anni una rigida politica di austerity, volta a diminuire il rapporto deficit/pil e il debito pubblico sovrano, condizioni come è noto imprescindibili per entrare nell'esclusivo club europeo. Anche a causa di queste politiche austere la disoccupazione è in aumento – il tasso era sceso sensibilmente nei primi anni di indipendenza dall'ex Jugoslavia – e dunque cresce il malcontento anche della popolazione.

Ma conviene al popolo croato l'entrata in Ue? Se andiamo a verificare quanto sia stata stringente la morsa austera dei burocrati di Bruxelles nei confronti dei Paesi più piccoli ed economicamente deboli come la Grecia e il Portogallo, sembrerebbe proprio di no. E' un dato di fatto che la Croazia non sarà più sovrana delle proprie scelte di politica macroeconomica, perché i parametri europei – condizione imprescindibile per la permanenza in Ue e soprattutto per un'eventuale richiesta di entrata nell'euro – sono un colpo al portafoglio, al cuore e alla dignità di ogni popolo che intenda autodeterminarsi. Già ne sono a conoscenza i croati, come se ne sono accorti da tempo greci e portoghesi e come stanno iniziando a capire gli italiani, secondo i sondaggi sempre più euroscettici. D'altro canto, rimane comunque il fatto che la Croazia manterrà una buona sovranità (monetaria, soprattutto) fino a quando non entrerà nell'euro. Nei giorni scorsi, il premier Milanović ha affermato di fronte al Parlamento che il Paese manterrà “la propria sovranità” aggiungendo solennemente che la Croazia ora mira ad entrare nell'area euro.

Staremo a vedere. L'unica certezza, per ora, è che da domani 1 luglio la Croazia sarà il 28esimo Paese dell'Ue. Il settimo sudeuropeo, insieme a Malta, a Cipro e ai PIGS (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna). Compagnia che preoccupa non poco il popolo croato. E come biasimarlo.

Ultima modifica il Domenica, 30 Giugno 2013 23:27

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