In questi giorni pre-natalizi il tema del Parco della memoria da dedicare alle vittime del terremoto del 6 aprile 2009 ha tenuto banco nel dibattito pubblico all'Aquila.
Il progetto immaginato dall'amministrazione del sindaco Massimo Cialente prevede la realizzazione di una fontana in ricordo delle 309 vittime, che smetterà di sgorgare acqua ogni anno, dal 18 dicembre, data della prima scossa, fino al 6 aprile. Dopo la donazione di 87mila euro, ad opera di Eataly, il sindaco nei giorni scorsi ha proposto il meccanismo del finanziamento collettivo (crowdfunding) per arrivare a finanziare il parco della memoria, non ottenendo granché consensi dai parenti delle vittime.
Non vogliamo qui addentrarci nella polemica sulle modalità di realizzazione del Parco della memoria. Ci conforta però che, finalmente, l'amministrazione comunale e le istituzioni, a quasi sette anni dal terremoto, comincino a parlare di memoria.
Ma vogliamo sottolineare soprattutto un altro aspetto: sarebbe giusto fare uno sforzo che vada oltre un parco o un monumento alla memoria. E' doveroso narrare cos'è successo all'Aquila e nei territori aquilani da poco prima del terremoto, fino a dopo il 6 aprile 2009. Occorre farlo, e sarà sempre più necessario, man mano che il tempo scorrerà inesorabile: raccontare cos'è successo aiuta all'elaborazione collettiva di quanto ci è accaduto.
Uno spazio del genere ha un nome: si chiama museo. Non siamo particolarmente dediti o affezionati alla significazione simbolica rappresentata dai poli museali, ma è certo che, attualmente, solo uno spazio del genere possa soddisfare la necessità di sintesi e completezza, nel raccontare la nostra storia, contribuendo sostanzialmente a tenere viva la memoria di quanto accaduto il 6 aprile 2009, e di chi da quel giorno non c'è più.
Rispetto ad altri eventi traumatici per le comunità (si pensi all'11 settembre, ad esempio), all'Aquila sembra quasi che un luogo del genere sia ancora un tabù, per diverse ragioni: c'è sicuramente una interpretazione non pacifica degli eventi intorno alla notte del terremoto (un esempio su tutti è la Commissione grandi rischi), o perché, molto più tristemente, la città e la sua comunità hanno forse poca memoria.
Per tutte queste ragioni l'amministrazione dovrebbe coraggiosamente prendere l'iniziativa al fine di realizzare il luogo "istituzionale" della memoria: dove gli aquilani facciano conoscere ai propri figli e nipoti cosa e come accadde, dove i (tanti) turisti che si recano in città per visitare i luoghi del sisma possano essere realmente messi a conoscenza "guidata" dei fatti che successero, in una narrazione che non sarebbe affidata superficialmente al caso o alla memoria del singolo. D'altronde, un giovane ventenne che dal nord Italia, zaino in spalla, decide di visitare L'Aquila, cosa pensate che ricordi dei giorni del terremoto? Quale distorta idea potrà farsi della città che era, che è e che sarà, senza una adeguata guida?
L'Aquila e il suo comprensorio devono avere uno spazio ufficiale e museale dedicato alle vittime del 6 aprile 2009. Uno spazio notevolmente diverso dalla curva di fronte la Casa dello Studente di via XX Settembre. Un luogo attualmente importante, certo, ma non sufficientemente dignitoso per colmare la memoria dei ragazzi e delle ragazze che persero la vita sotto quelle macerie. Un luogo che, al momento, si trova in curva, su una strada trafficata, mentre soffre l'annerimento e la sporcizia dello smog. Dove frotte di turisti arrivano impreparate, allo sbaraglio, rischiando di essere investiti dalle automobili di chi fa dell'Aquila la propria vita quotidiana.
Abbiamo bisogno di uno spazio dedicato al ricordo delle vittime. Abbiamo bisogno di uno spazio pubblico che possa aiutarci, come comunità, a elaborare la memoria di quanto è accaduto. Lavoriamo, uniti, affinché questo obiettivo si realizzi.