Venerdì, 09 Agosto 2013 13:16

Femminicidio, via libera al Decreto sicurezza: contiene norme anti 'No Tav'

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“Nel Paese c’era bisogno di dare un segno fortissimo, e questo non è solo un segno ma un cambiamento radicale sul tema oltre che un chiarissimo segnale di lotta senza quartiere al fenomeno del femminicidio e contro ogni forma di violenza sui più deboli, ogni forma di machismo e di bullismo”. Lo ha detto Enrico Letta, presentando le nuove norme per combattere il fenomeno della violenza nei confronti delle donne e il femminicidio.

Il pacchetto di provvedimenti è stato approvato giovedi in Consiglio dei ministri e, come sottolineato dal premier, “essendo un decreto legge è immediatamente attuativo”. Persegue tre obiettivi, ha spiegato il ministro dell’Interno Angelino Alfano: “prevenire la violenza di genere, punirla in modo certo e proteggere le vittime. Su questi obiettivi, che recepiscono la Convenzione di Istanbul, abbiamo organizzato una serie di norme che hanno lo scopo di intervenire tempestivamente prima che il reato venga commesso, proteggere la vittima se il reato viene commesso, punire il colpevole e agire affinché la catena persecutoria non arrivi all’omicidio”.

Arresto obbligatorio in flagranza per maltrattamento familiare e stalking, aumento di un terzo della pena se alla violenza assistono minorenni o se viene commessa su una donna incinta oppure dal partner, permesso di soggiorno alla vittima se è di nazionalità straniera, irrevocabilità della querela, allontanamento da casa del coniuge violento se c’è un rischio per l’integrità della vittima: queste le principali novità introdotte dal provvedimento.

Pareri positivi pressoché unanimi dalle forze politiche. In particolare il Pdl, tramite Renato Schifani e Renato Brunetta, ha espresso plauso a quanto fatto da Letta e Alfano. Anche dal Pd sono giunti giudizi lusinghieri per l’operato del Governo. Di misure 'demagogiche' hanno invece parlato gli avvocati penalisti: la materia dei rapporti familiari si presta, spiega l’Unione della Camere Penali, anche ad "accuse strumentali sulla base delle quali domani si andrà direttamente in galera senza alcun filtro preliminare: uno scenario preoccupante che se accontenta le istanze dei forcaioli equamente distribuiti tra maggioranza ed opposizione certamente imbarbarisce il sistema".

Gli avvocati scrivono che questo è "un nuovo e sempre più inquietante capitolo della insensata corsa al rialzo ingaggiata dalla maggioranza di governo con le peggiori istanze demagogiche provenienti dalle opposizioni in materia penale". Giudicano la misura 'contraddittoria' perché "da una parte il governo vuole contenere l’eccessivo ricorso al carcere e dall’altra rilancia nuove ipotesi di custodia cautelare, di arresto obbligatorio oltre ad una pioggia di inasprimenti di pena per reati oggetto di campagne giornalistiche ma dei quali si ignorano i dati criminologici". Si parla dunque di una legge fatta sull’onda emotiva, per cercare di guadagnare consenso sulla pelle delle donne e per i penalisti "non è questo un modo serio di legiferare in campo penale, e non è con la gara a chi fa la faccia più feroce che si affronta il problema giustizia. Non per caso siamo agli ultimi posti delle classifiche mondiali: è il risultato di una produzione legislativa simbolica".

Parlano poi di legge 'retrograda' perché "l’introduzione di figure come l’anonimato dei denunciati, l’arresto obbligatorio per il reato di maltrattamenti in famiglia fa arretrare il paese rispetto ad elementari standard di civiltà giuridica che pensavamo acquisiti. Si tratta di figure che ribaltano il principio costituzionale della presunzione di innocenza, per di più in una materia, quella dei rapporti familiari.

Parole durissime, insomma. E le donne? Cosa pensano del Decreto? "Alcune norme contenute nel decreto sono interessanti come la previsione dell’aggravante nei casi di violenze commesse alla presenza dei minori che ci auguriamo porti a tutelare maggiormente i bambini nei casi di violenza assistita. L’obbligo di arresto e l’allontanamento dell’autore di maltrattamenti in casi di flagranza di reato potrebbe essere un altro buon strumento, anche se resta da capire cosa accadrà, una volta che l’autore di violenze sarà scarcerato. Se oltre a bloccare l’autore di violenze non si aiutano le donne con percorsi mirati a sganciarsi dalla relazione allontanandole dal pericolo, tutelando i figli, rafforzando le loro scelte offrendo sostegno e percorsi di autonomia, anche economica, che efficacia avranno gli arresti e gli ammonimenti? Si pensa di risolvere tutto con il carcere?”, si chiede Nadia Somma, presidente del Centro Antiviolenza Demetra di Firenze. "In Italia le strutture di accoglienza che mettono le donne, al centro delle relazioni di aiuto, sono poche. Complessivamente ci sono 500 posti letto invece dei 5700 previsti dalle direttive europee e i centri antiviolenza continuano ad essere scarsamente finanziati e molti sono sempre a rischio di chiusura. Sono critiche inoltre le norme che prevedono procedure d’ufficio e l’irrevocabilità della querela: un insieme di interventi che passano sopra la testa delle donne. Il legislatore pare non aver recepito la differenza tra situazioni dove la vittima ha già interrotto la relazione e sta subendo stalking e situazioni dove invece continua a convivere con il maltrattante. L’ammonimento del questore anche su segnalazione di terze parti desta persino preoccupazione. Il momento dello svelamento della violenza è delicato e pericoloso e se l’autore del maltrattamento torna a casa con la vittima esiste un alto rischio di ritorsioni o intimidazioni e minacce. Un rischio che potrebbe essere nutrito dal dubbio che la compagna abbia parlato confidandosi con qualcuno. Quanto alla irrevocabilità della querela è fondamentale il rafforzamento della determinazione della donna per interrompere situazioni di violenza familiare. Come si può prescindere dalla volontà della donna?"

"I nostri governi continuano a considerare la violenza contro le donne una questione di ordine pubblico o causa di 'allarme sociale' invece che un problema culturale", conclude Nadia Somma. "Servono interventi organici tra soggetti istituzionali e centri antiviolenza, lavoro di rete, sostegno alle vittime, interventi di sensibilizzazione nelle scuole e università".

"Il Decreto Legge approvato dal Consiglio dei Ministri con norme a contrasto della violenza sulle donne, così come lo vediamo pubblicizzato nei media, ha un approccio paternalista e autoritario alla questione, non tiene conto delle proposte delle persone, delle stesse donne che da tanto si occupano del fenomeno e, sul piano della propaganda, impone un piano repressivo inefficace, brandisce aggravanti senza senso e spaccia per nuove alcune soluzioni che esistono già", si legge in un articolo di approfondimento pubblicato sul blog Abbatto i Muri e pubblicato da Femminismo a Sud, Rete delle donne – Le rete delle reti femministe e altri siti internet.

"Non viene finanziato alcun Osservatorio, utile ad analizzare e definire il fenomeno prima di assumere qualunque decisione, è basato sull’impostazione già espressa dai Ministri Alfano e Cancellieri con l’aiuto della consulente Isabella Rauti per la Violenza di Genere, con l’accordo della vice ministro del Lavoro Dottoressa Guerra che ha già chiarito come le donne vanno tutelate in quanto ‘risorsa’", si legge nell'articolo. "Non stupisce perciò la proposta di aggravanti che colpirebbero uomini che fanno violenza su mogli, madri e ancor meno stupisce l’aggravante per chi userebbe violenza su una donna incinta. Quel che si vuole tutelare, evidentemente, non è la persona ma un ruolo di genere preciso. La lotta contro il femminicidio è dunque rivolta contro chi colpisce donne, madri e mogli, inficiandone la possibilità di essere 'risorsa' per la propria peculiarità riproduttiva e il proprio ruolo di cura. Il Decreto, da quel che si legge, nonostante la difficoltà a reperirne il testo integrale, non si esprime in relazione alla violenza di genere nel suo complesso, includendo gay, lesbiche, trans, migranti rinchiuse nei Cie e separa le vittime in sante e puttane, donne sterili e gravide, soggetti comunque deboli, infantili, incapaci di intendere e volere che incorrerebbero in richiami e sanzioni autoritarie nel caso in cui volessero ritirare una querela. L’idea della 'certezza della pena', mutuata dalle politiche di destra, con proposta di delazione/segnalazione anonima per denunciare il violento, non ha niente a che fare con un piano preventivo che non interessa il governo. Non interessa investire nella cultura, nell’utilizzo delle reti territoriali esistenti, non interessa in assoluto mettere in discussione gli stessi inneschi culturali che producono discriminazione e violenza nei confronti delle donne. Anzi tali inneschi vengono decisamente riprodotti. In più il Decreto passa da un argomento all’altro e, coerentemente con l’idea che è sulle forze dell’ordine che decidono di investire invece che su altro, da quel che leggiamo si occupa anche di rafforzare le misure repressive contro chi si oppone in Val Susa alla realizzazione della Tav. Il governo ottiene così consenso su una misura repressiva con l’alibi di norme in difesa delle donne. La lotta contro la violenza sulle donne può essere realizzata legittimando autoritarismo e repressione? E’ possibile allearsi con chi autorizza le forze dell’ordine a manganellare ed arrestare gli/le attivist* NoTav in nome della lotta contro la violenza sulle donne? Questo governo si occupa così tanto delle donne che le usa per legittimare soluzioni repressive contro quelle che non restano a casa a fare da madri e mogli. Dunque, se resti a casa a svolgere il tuo ruolo di cura forse qualcuno ti dedicherà due righe fingendo di tutelarti. Se invece vai in piazza a rivendicare diritti e a difendere la Val Susa sei cattiva e meriti di essere manganellata".

In effetti, cercando informazioni in attesa di poter esaminare il testo nella sua interezza, nel decreto sicurezza si trovano parecchie cose curiose. Non si spiega, ad esempio, cosa c’entrino con il femminicidio le “nuove norme anche per quanto riguarda una maggiore flessibilità dell’impiego del contingente di 1.250 appartenenti alle Forze armate nel controllo del territorio, stabilendo che questo possa essere impiegato anche per compiti diversi dai servizi di perlustrazione e pattugliamento”.

Ricorderete che nel maggio 2008, con il Decreto 92 poi convertito in Legge 24 nel luglio dello stesso anno, si stabiliva la possibilità di fare 'ricorso alle Forze armate per lo svolgimento di compiti di sorveglianza e vigilanza del territorio'. Una scelta che era stata duramente contestata dal centro sinistra. Oggi, invece, il Partito Democratico, insieme al Pdl, impone decisioni ancor più pericolose. Se è vero che i militari non saranno utilizzati per operazioni di perlustrazione e pattugliamento, cos’altro potrebbe voler significare una maggiore flessibilità? L’esercito verrà impiegato anche per il mantenimento dell’ordine pubblico, in situazioni delicate come la Tav per fare solo un esempio?

Nel decreto si parlerebbe, in effetti, di pene più severe per l’accesso abusivo nei cantieri dell’alta velocità. Su La Stampa, si è parlato di articolo 10, che conterrebbe ‘Norme in materia di concorso delle Forze armate nel controllo del territorio e per la realizzazione del corridoio Torino-Lione, nonché in materia di istituti di pena militari’. Nella bozza analizzata dai giornalisti di 'Polisblog', però, l'articolo in questione parlerebbe di altro. Mistero fitto, insomma. A complicare la situazione quanto scritto da 'Lo Spiffero', sempre ben informato, e 'La Repubblica' che citano l'articolo 8. In particolare, il quotidiano diretto da Ezio Mauro scrive che sono previste pene più dure "non solo per chi tenta di introdursi nel cantiere in cui si sta scavando il tunnel geognostico per la realizzazione della nuova linea ferroviaria ad Alta Velocità" ma in tutte "le aree e i siti individuati per la realizzazione della sezione trasfrontaliera. Dal tunnel di base a Susa/Bussoleno - è scritto nel decreto - compreso il raccordo con la linea storica”. Non ci sono riscontri, però. Una cosa è certa: Alfano, giovedi, ha citato esplicitamente la Tav, Chiomonte, Susa. Lo ha fatto in conferenza stampa, ripreso dall’Ansa, da 'La Stampa', dal 'Messaggero': "Se lo Stato ha deciso che alcune opere pubbliche devono essere fatte, non si torna indietro", ha sottolineato il ministro Alfano. "E chi aiuta lo Stato a realizzarle deve essere difeso. Per chi viola questi cantieri, che sono strategici, c’è il massimo della pena. E questi cantieri sono Chiomonte e Susa". Anche qui: cosa c’entra con il decreto sul femminicidio?

Insomma, il decreto “legittima i tutori a tutti gli effetti, al punto che sulla pelle delle donne che subiscono violenza si fa passare perfino l’idea che i tutori dell’ordine, quelli che salverebbero le donne anche da se stesse, potranno ricevere più fondi, soldi, armi, poteri di militarizzazione ed esproprio di territori in Val Susa, per dare addosso al Movimento No Tav”, si legge ancora su Abbatto i Muri. "Ricatto implicito, immagino sia, quello che se non voti ‘sto po’ po’ di prodotto autoritario poi saresti responsabile della salute psicofisica delle donne vittime di violenza. Con buona pace di Marta e delle donne NoTav che invece la violenza la subiscono giusto da chi dovrebbe, teoricamente, tutelarle. L’antiviolenza autoritaria legittima i tutori e la repressione e chiunque si illuda che tanti sforzi di piazza, mediatici, contro la violenza sulle donne producano risultati differenti che puntino sulla prevenzione, sbaglia di grosso.

La violenza sulle donne é innanzitutto offesa/mortificazione/negazione di soggettività e autodeterminazione. La repressione che agisce contro i/le NoTav è, appunto, anche quella offesa/mortificazione/negazione di soggettività e autodeterminazione. Come può uno Stato che offende l’autodeterminazione delle donne NoTav in piazza poi difenderle quando si parla di violenza privata?”

Ultima modifica il Sabato, 10 Agosto 2013 13:05

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