Martedì 5 aprile, a Roma, presso la sede dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani, ci sarà la presentazione della Carta di Fontecchio, un documento elaborato e sottoscritto da una decina di associazioni ambientaliste - CTS Ambiente, FAI (Fondo Ambiente Italiano), Federazione ProNatura, Italia Nostra, LIPU, Mountain Wilderness Italia, Touring Club Italiano e WWF Italia - in seguito all'incontro nazionale “Parchi capaci di futuro” tenutosi due anni fa (il 20 e 21 giugno 2014) a Fontecchio, in provincia dell’Aquila (da qui il nome della Carta), per discutere del ruolo delle aree naturali protette e dell’attualità della legge 394 del 1991, la cosiddetta Legge quadro sulle aree protette.
Da quel confronto presero forma idee, proposte e suggerimenti per dare maggiore importanza e significato ai Parchi nazionali e alle aree naturali protette, anche attraverso una modifica della legge del 1991, che, pur essendo unanimemente considerata, dalle associazioni ambientaliste e di tutela del paesaggio, un "gioiello normativo", andrebbe parzialmente aggiornata alla luce del mutato quadro politico, economico, sociale e culturale dell'Italia.
La Carta, pertanto, è un documento in cui viene ribadita l’importanza culturale, sociale ed economica delle aree protette ma nel quale viene lanciato anche un allarme affinché le aree protette non diventino “riserve indiane”, luoghi completamente isolati dal contesto economico e sociale circostante.
L'iter parlamentare di revisione della 394 è già iniziato e la Carta, come spiega il sindaco di Fontecchio, Sabrina Ciancone - che martedì terrà un intervento in un parterre di relatori d'eccezione, tra i quali spiccano l'ex ministro della Cultura e attuale direttore generale della Treccani Massimo Bray e il giurista Stefano Rodotà [clicca qui per scaricare il programma completo] - "vuole fornire un punto di vista e un cappello filosofico per dare maggior concretezza a quelle che, spesso, sono riflessioni più teoriche che pratiche".
L'obiettivo è quello di contemperare la tutela del paesaggio e delle biodiversità e un approccio etico alla terra e alla natura con le opportunità di sviluppo, affinché, come ha scritto Stefano Sylos Labini, vivere nelle aree protette non sia più un'utopia ma un progetto attuabile.
Come fare? Attraverso nuovi slanci di programmazione e progettazione ma anche con una nuova assunzione di responsabilità da parte di tutte le forze in campo - dalle istituzioni alle stesse associazioni ambientaliste - per non ripetere gli errori del passato, quando, secondo Sabrina Ciancone, si sono persi tempo e opportunità tra "distrazioni delle regioni, colonizzazione dei posti di potere, carenze di fondi e miopia nei confronti delle politiche comunitarie e delle occasioni che esse offrivano di collegare realtà locali a realtà internazionali".
"Le aree protette" afferma sempre il sindaco di Fontecchio "non sono delle isole, dice la Carta, e questo noi ammistratori lo constatiamo quotidianamente. L'onere dello sviluppo locale è un obiettivo che necessita di un approccio olistico, che richiami tutti i soggetti coinvolti, dal Governo regionale alle amministrazioni locali, dalle governance degli enti parco alle associazioni ambientaliste. Soltanto l'interazione, l'intesa, l'idem sentire di tutti questi soggetti possono portare a un equilibrio tra quello che è più precipuamente il compito di un'area protetta - soffermarsi sulla biodiversità e richiamare a un'etica della terra tutti coloro che vivono al suo interno - e la missione degli amministratori locali, che hanno il dovere di migliorare la qualità della vita dei cittadini".