C'è chi parla, e chi preferisce restare in silenzio. E ci sono due letture divergenti del clamoroso scivolone elettorale, che stanno spaccando il partito.
Da una parte, il consigliere regionale Pierpaolo Pietrucci e la segreteria comunale del PD che imputano la sconfitta ad una serie di concause e, tra le altre, alla volontà di rinnovamento degli aquilani che ne avrebbero abbastanza della così detta 'triade' e, più in generale, della classe dirigente uscente; dall'altra, la stessa classe dirigente che rivendica, invece, il risultato al primo turno dei consiglieri e degli assessori uscenti e che ritiene la sconfitta sia maturata per le scelte, non condivise, del candidato sindaco Americo Di Benedetto, per la poca dimestichezza politica degli uomini del suo entourage e, più in generale, per la rilassatezza di alcuni candidati che, tra il primo turno e il ballottaggio, avrebbero mollato un poco la presa.
Con un'interpretazione ancor più maliziosa, che emerge tra le righe: data la vittoria per scontata, in molti avrebbero tirato il freno al mano per evitare, così, che una larga vittoria elettorale potesse rendere ancor più ingombrante la figura politica di Di Benedetto che ieri sera, in seno alla riunione del partito, avrebbe alzato la voce rimarcando come i dem, in realtà, non l'abbiano mai davvero sostenuto, con la segreteria che si era schierata apertamente per Pierpaolo Pietrucci alle primarie.
Una spaccatura profonda, insomma, che rischia di spappolare il PD in vista dei prossimi appuntamenti elettorali: le elezioni politiche e, a seguire, le regionali, passando per il rinnovo della segreteria cittadina. Col rischio che esploda una vera e propria guerra interna: infatti, Pietrucci - e con lui, la segreteria cittadina - potrebbero tendere una mano a Di Benedetto, sostenendone la candidatura alla Camera dei Deputati e, di fatto, mettendo all'angolo Stefania Pezzopane. Così, con Massimo Cialente fuori dai giochi e Giovanni Lolli più debole in seno alla Giunta regionale, la 'triade' verrebbe isolata politicamente per far emergere la nuova generazione, incarnata da Di Benedetto e Pietrucci che - eccolo, il racconto che si sta scrivendo - sarebbero entrambi 'vittime' della presenza soffocante della vecchia guardia.
Una vera e propria resa dei conti, insomma.
Benedetti Come sempre, a metterci la faccia è Carlo Benedetti: "Come si fa a porre la questione in termini di continuità e discontinuità? Come si fa a parlare di discontinuità se la coalizione era espressione della maggioranza di governo uscente, se candidato a sindaco era il presidente della GSA per oltre un decennio?". Ai nostri microfoni, Benedetti ha rivendicato che "chi si è candidato, e negli anni scorsi ha avuto un ruolo istituzionale, sarebbe stato eletto se il centrosinistra avesse vinto il ballottaggio"; aggiungendo che, al primo turno, "la coalizione di centrosinistra aveva mancato la vittoria d'un soffio".
Dunque, come si spiega l'inattesa rimonta del centrodestra? "Di Benedetto ha avuto vergogna del gruppo dirigente che, in questi anni, ha governato e l'ha fatto bene. Altro che tradimento, altro che disimpegno. Sono andato una trentina di volte a chiedere che cosa avrei potuto fare; d'altra parte, sono un militante e avrei anche affisso i manifesti, se necessario. Al comitato elettorale, però, ci hanno trattati come estranei: è accaduto a me, e così a Maurizio Capri ed altri. Non ci hanno mai ascoltato. Pierluigi Biondi, al contrario, non si è vergognato di sedere accanto ai maggiorenti del centrodestra".
Benedetti si rimprovera di non aver insistito a segnalare il pericolo "fiutato da tempo"; nelle ultime due settimane, "Biondi è andato a 100 km orari, Di Benedetto si è fermato. E' un bravissimo ragazzo, cresciuto molto politicamente, ma la sua campagna elettorale è stata totalmente inadatta: ha parlato a imprenditori, avvocati, commercialisti e costruttori, non alla gente comune, agli inquilini delle case popolari, agli indigenti. Biondi è andato tra la gente, nelle frazioni, nei nuclei industriali, nei quartieri del progetto Case, laddove c'erano i problemi; al contrario, il nostro candidato ha inscenato conferenze stampa nel comitato elettorale, quasi dovesse convincere la stampa a votarlo". Insomma, "Di Benedetto ha parlato alla elite perbenista che, però, conta meno che in passato; in altri tempi, avrebbe potuto essere il Tullio De Rubeis del nuovo millenio: nel frattempo, però, la città è profondamente cambiata".
Quindi, l'affondo: "A seguito della sconfitta, si sarebbe dovuto presentare dimissionario l'intero gruppo dirigente, me per primo: è vero, la lista del PD ha preso oltre 6mila voti, tra consiglieri uscenti e professionisti però, da Vittorio Sconci in giù. E poi, chi aveva la responsabilità di costruire la lista - si è tolto un sassolino dalla scarpa, Benedetti - ha inscenato le vecchie 'quartine': personalmente, non ho trovato una sola donna con cui fare ticket; altrimenti, anch'io avrei preso 500 preferenze".
Altro che giovani contro vecchi, insomma, "si dovrebbe parlare piuttosto di capaci contro incapaci: se ad una 'triade' ne sostituiamo un'altra, meno preparata, i risultati non possono essere diversi. E parlare di complotto è da imbecilli: non ha perso soltanto il candidato sindaco, abbiamo perso tutti; vi domando: se domani si rivotasse per il Consiglio regionale, riusciremmo ad eleggere un consigliere? Stefania Pezzopane può dirsi sicura come prima della candidatura alla Camera? E Giovanni Lolli, con Andrea Gerosolimo che fa il 'matto' in Giunta, non è forse più debole all'Emiciclo? Perché mai non avremmo dovuto sostenere Americo Di Benedetto, mi chiedo.
Pietrucci Pietrucci, dunque. Lui, e altri, sono finiti sul banco degli imputati per non aver sostenuto fino in fondo la 'corsa' di Americo Di Benedetto, così sussurrano i maligni almeno che sono arrivati ad ipotizzare che, alcuni, abbiano tirato il freno a mano, come detto, per evitare una vittoria di proporzioni tali da rendere il candidato sindaco politicamente scomodo.
"Chi pensa che ci siano dei capibastone capaci di spostare migliaia di voti da una parte all'altra dimostra di non rispettare gli elettori", la replica del Consigliere regionale ai nostri microfoni. "In una città come L'Aquila, si verrebbe immediatamente a sapere di movimenti strani. Si tratta di follie. Piuttosto, viviamo un cambio di fase. Non si tratta di discontinuità rispetto all'amministrazione uscente: la verità è che il Partito Democratico, oramai, viene percepito ovunque come un centro di potere: viene associato a nomenclature lontane dalle reali esigenze delle persone".
In questo senso, "è oggettivo che a L'Aquila ci sia un gruppo dirigente che da venticinque anni governa i percorsi politici, una sorta di 'blocco chiuso' incapace di dare spazio a risorse ed energie emergenti. E non ce lo possiamo più permettere", l'affondo. "Certo, non è l'unico motivo della sconfitta, ci sono una serie di concause", ha riconosciuto Pietrucci; "innanzitutto, la bravura di Pierluigi Biondi che ha saputo cavalcare alcuni temi non risolti, poi la naturale voglia d'alternanza, fino al rilassamento di tanti candidati che, forti del 47% ottenuto dal candidato sindaco al primo turno, non hanno messo lo stesso impegno per il ballottaggio. Va fatta un'analisi profonda, ma la caccia alle streghe non serve a nessuno".
Stimolato sulla possibilità di tendere la mano a Di Benedetto per una candidatura alla Camera, però, Pietrucci non s'è nascosto, anzi: "Americo ha ottenuto un risultato straordinario alle primarie e così al primo turno, è una figura su cui investire: se intende mettersi a disposizione, ci sarò. Anzi, in queste settimane è mancato proprio lo stare insieme: l'ho sempre detto, siamo complementari, io che rappresento valori di sinistra, lui più moderato. Ma non tutto ciò che è rinviabile è perduto", l'avvertimento. "Bisogna saper scegliere per tempo, non arrivarci per contrarietà, cantava Guccini. Non comprendere gli errori commessi, significherebbe ripeterli".
Eccolo, il nodo della questione.
Per molti, le amministrative hanno rappresentato un punto di non ritorno: Pezzopane, Lolli e Cialente, si sente ripetere, ricoprono ruoli istituzionali da più di vent'anni, godono di pensioni e vitalizi; insomma, è arrivato il momento si facciano da parte. La 'triade' però, e così la classe dirigente uscente, ritiene che la responsabilità della sconfitta elettorale sia della giovane segreteria cittadina che, per la prima volta, ha avuto in mano 'le mazze' della campagna elettorale. Come ribadito da Carlo Benedetti, assessori e consiglieri uscenti hanno ottenuto, comunque, un altissimo numero di preferenze; Cialente, Lolli e Pezzopane non hanno partecipato ai comizi, se non al lancio della candidatura - sul palco è salito il sindaco uscente oltre a Pietrucci - e all'atto di chiusura della campagna, a Piazza Duomo, con la partecipazione del vice presidente della Giunta regionale; inoltre, il vero erede - stando al tema della continuità e discontinuità - sarebbe proprio Pietrucci: al contrario, Di Benedetto rappresenta 'altro' rispetto alla classe dirigente uscente.
Pezzopane "Abbiamo bisogno di un'analisi politica dei risultati delle urne", ha spiegato a NewsTown la senatrice Stefania Pezzopane. "Siamo arrivati al primo turno con una forza straordinariamente importante, conquistando il 47% dei voti, il 7% in più di quanto ottenuto da Cialente nel 2012, in una condizione persino più complicata d'allora. Al primo turno, c'eravamo noi: c'ero io, c'era Massimo, c'erano Giovanni e Pierpaolo, la squadra uscente e, ovviamente, il candidato sindaco. Abbiamo ottenuto un risultato che ha sorpreso l'Italia, si è parlato dell'Aquila come di un laboratorio nazionale per il centrosinistra: non ce lo possiamo dimenticare. Ottenuto il 47% però, c'è stato un altro tipo di approccio: il centrodestra ha fortemente ideologizzato il voto, noi, al contrario, abbiamo ritenuto che il vantaggio fosse talmente rassicurante da trascinarci automaticamente alla vittoria. C'è stato un calo di tensione: non abbiamo voluto ideologizzare il voto, non abbiamo ceduto alle provocazioni pensando fosse la scelta giusta; l'elettorato, invece, andava galvanizzato".
Pezzopane ha sottolineato come - tra il primo turno e il ballottaggio - non si sia fatto ricorso "a nomi nazionali, escluso Zingaretti che, tuttavia, è un amministratore: al primo turno, avevamo portato a L'Aquila Martina e Franceschini, e anche gli altri partiti della coalizione avevano organizzato iniziative con esponenti politici di rilievo".
Si spiega anche così, ribadisce la senatrice, l'andamento del ballottaggio: "l'8.1% del nostro elettorato non è tornato alle urne; se si esclude una parte dei votanti per Carla Cimoroni, gli altri candidati a sindaco si sono mossi su Pierluigi Biondi che ha mantenuto il suo bacino di preferenze, conquistando alcuni 'delusi' che al secondo turno hanno spostato il voto sul centrodestra. Certo è che non staremmo qui a commentare un risultato del genere se fossimo riusciti a riportare la nostra gente ai seggi".
A domanda precisa, Pezzopane risponde di non sapere se qualcuno abbia tirato il freno a mano per evitare una vittoria larga di Di Benedetto; aggiunge, però: "il coordinatore della coalizione era Mauro Marchetti: bisognerebbe farsi spiegare da lui le logiche che hanno indotto i partiti a scegliere un profilo più basso. Personalmente, avevo contattato il ministro Marco Minniti immaginando un'importante manifestazione in città: ero molto allarmata, infatti, per la discesa in campo di Silvio Berlusconi e ho richiamato ad una maggiore attenzione. Conosco i ballottaggi, sono un 'corpo a corpo': così è stato per me, così è stato per Cialente nel 2012. Evidentemente, il 47% del primo turno ci ha spiazzati, si è fatto l'errore di pensare che la partita fosse chiusa. Ora, nessun si può tirare fuori".
Dunque, Pezzopane ha inteso rispondere alle affermazioni di Pietrucci: "Non trovo affatto giusto che Pierpaolo dica che la 'triade' è stata sempre al fianco di Americo; non è andata così. Anzi, penso che avremmo dovuto fare più iniziative insieme, avremmo dovuto dimostrare la nostra forza". A scansare, così, le accuse di una presenza ingombrante e soffocante.
Poi, un cenno ai prossimi appuntamenti elettorali: "Americo può candidarsi alle politiche, alle regionali, ovunque ritenga opportuno ridare spazio al suo ruolo. Trovo criminale, però, ci si metta a parlare di candidature in un momento del genere. Ribadisco: sto al Senato, non avrei alcun problema a considerare la candidatura di Americo alla Camera ma ritengo prematuro parlarne; sono argomenti che il gruppo dirigente non dovrebbe utilizzare con l'amaro in bocca per la sconfitta. E' questo il rinnovamento auspicato? Piuttosto, mi preoccuperei di riportare alle urne l'8.1% del nostro elettorato che non ha votato al ballottaggio. C'è spazio per tutti, comunque: è chiaro che chi intenda candidarsi a Montecitorio dovrà essere capace di prendere voti ovunque, in provincia dell'Aquila e di Teramo".
Potrebbe sembrare un atto di sfida; Pezzopane, però, ha voluto ribadire che sta lavorando "per riunire e non per dividere: non servono epurazioni. Piuttosto, andrebbe riconosciuto che, in tanti, abbiamo sottovalutato quanto fosse importante il voto e il risultato elettorale, anche in termini di rinnovamento e allargamento del gruppo dirigente: se avesse vinto Di Benedetto, avremmo un altro riferimento istituzionale, assessori e consiglieri rinnovati; al contrario, abbiamo vissuto una brutta battuta d'arresto nel processo di crescita del centrosinistra a L'Aquila. Continuo a credere all'unità, comunque: qualcuno non ha compreso, evidentemente, che la così detta 'triade', pur nelle differenze, ha sempre tenuto insieme il Partito portando a casa i risultati; ecco, vorrei poter continuare a garantire unità e vittorie elettorali".