Che la discesa in campo di Luciano D'Alfonso avrebbe sollecitato i sottili equilibri interni al Partito Democratico era piuttosto prevedibile; la mossa del governatore che si candiderà in Senato, col proporzionale su collegio unico regionale, ha scatenato mal di pancia malcenati, considerato pure che gli altri due seggi 'blindati', alla Camera dei Deputati, sarebbero già assegnati a Camillo D'Alessandro, capolista sul proporzionale al collegio Chieti - Pescara, e Stefania Pezzopane, sicura di tornare a Roma come capolista del collegio L'Aquila - Teramo. Tra l'altro, un terzo seggio che i dem potrebbero strappare alla Camera sul collegio Chieti - Pescara sarebbe stato promesso a Silvio Paolucci, altro fedelissimo del governatore, che accetterebbe di buon grado il secondo posto nel listino proporzionale. Per gli altri, resterebbero le sfide - corpo a corpo - nei collegi uninominali.
Chiaro che siano in molti - in queste ore - a provare a ribaltare i tavoli della discussione; in provincia dell'Aquila, in particolare, sebbene anche nel teramano l'atmosfera sia caldissima.
Vertice del Pd regionale Iniziamo dal vertice della segreteria regionale dem, convocato per mercoledì sera a Pescara. Ebbene, il segretario Marco Rapino ha confermato che la richiesta di candidatura del governatore è giunta da Matteo Renzi: l'ex premier vuole in campo i portatori di voto, specialmente in Abruzzo dove, così si è detto, il Pd ha il maggiore trend di crescita tra le regioni del centrosud. Sul seggio unico regionale, D'Alfonso dovrebbe 'trascinare' anche la candidatura di Federica Chiavaroli, in campo con Civica Popolare, la lista lanciata da Beatrice Lorenzin e che correrà in coalizione con i dem.
Sul proporzionale invece - ha chiarito Rapino - sarà la segreteria nazionale a decidere, come da statuto. Insomma, i nomi di D'Alessandro e Pezzopane sono rimasti 'coperti'; di certo, a livello nazionale i seggi saranno assegnanti tenendo in debito conto la rappresentanza di genere, e il 40% almeno andranno a candidate donne.
"La vera partita politica - ha dunque aggiunto il segretario regionale - si giocherà sui collegi uninominali".
D'Alfonso vuole una poltrona da Ministro E D'Alfonso? Il governatore ha ribadito di essere "contento" di fare il presidente della Regione: "chi mi chiede di candidarmi al Senato e, quindi, alle elezioni politiche, mi deve spiegare qual è la convenienza per l'Abruzzo e gli abruzzesi. So che mi verrà specificato questo, sono in attesa". Accetterà? "Alle condizioni che ho già detto".
In realtà, dubbi sulla discesa in campo non ce ne sono: D'Alfonso chiederà, però, una poltrona da Ministro, dovesse il Pd tornare al governo; e Renzi l'ha già rassicurato. Se l'ex premier non dovesse tornare a Palazzo Chigi, invece, il Presidente della Giunta regionale - certo dell'elezione - potrebbe anche decidere di rinunciare al seggio in Senato, tentando la sfida di un secondo mandato all'Emiciclo.
Dal giorno della proclamazione - la prima seduta delle Camere è fissata per il 24 di marzo - D'Alfonso avrebbe 60 giorni per sciogliere le riserse: dovesse mantenere il seggio in Parlamento, gli abruzzesi tornerebbero al voto in ottobre, a meno che il Ministero dell'Interno non istruisca una norma ad hoc per evitare l'aggravio di spesa di una elezione fuori dall'election day. Reggente sarebbe il vicepresidente Giovanni Lolli.
La sfida di Di Matteo Come detto, i mal di pancia sono malcelati. I parlamentari uscenti - Antonio Castricone, Tommaso Ginoble e Vittoria D'Incecco, in particolare - sono sul piede di guerra; a sbattere i pugni sul tavolo in segreteria, però, è stato l'assessore regionale Donato Di Matteo che ha inteso sfidare D'Alfonso, e di riflesso D'Alessandro e Paolucci: se davvero Renzi ha chiesto che siano i portatori di voto a scendere in campo - il senso dell'intervento - ebbene che i 'campioni di preferenze' si candidino all'uninominale, nelle sfide secche, corpo a corpo. Così fosse - ha assicurato l'assessore - "sarei in prima fila a sostenere le vostre candidature".
A Di Matteo ha risposto Paolucci: il governatore - ha spiegato - non può che correre sull'unico seggio regionale, trainando il simbolo su tutti i territori. Un assunto che non ha convinto affatto Di Matteo, e così gli altri 'eretici' del partito.
Ma i malumori si stanno manifestando, in particolare, in provincia dell'Aquila.
Tensione in provincia dell'Aquila Stamane, il presidente del Consiglio regionale Giuseppe Di Pangrazio ha chiarito che "se il Partito dovesse riconoscere il ruolo di mediazione istituzionale svolto in questi anni, proponendomi un seggio in Parlamento, sarebbe difficile tirarsi indietro; sono a disposizione - ha ribadito - sono un uomo di squadra". In realtà, avrebbe già declinato l'offerta a candidarsi sul collegio uninominale alla Camera. Di Pangrazio aspira al posto di capolista sul proporzionale alla Camera.
Tra le anime 'critiche' c'è anche il braccio destro del ministro Andrea Orlando, Michele Fina. Ospite di Polis su laQtv, Fina - ricordando il "divorzio" col gruppo dirigente locale ai tempi della vicenda Lusi, "e credo di non aver sbagliato" - ha messo in guardia dal rischio di commettere, di nuovo, errore di 'provincialismo' "se non saremo in grado di pensarci come classe dirigente territoriale e nazionale"; ha poi aggiunto di non sentirsi "esattamente in linea" con le scelte assunte dalla segreteria regionale, di essere in sintonia - piuttosto - "con la segreteria provinciale che abbiamo appena eletto, con la nuova leva che sta crescendo, i trentenni e quarantenni che si stanno misurando con la politica in provincia dell'Aquila. Da Roma, credo di poter dare una mano - ho provato a farlo, in questi anni - per legittimare e rafforzare questa classe dirigente: detto questo, bene se le candidature saranno i territori a selezionarle, male invece se dovessero essere calate dall'alto; la legge elettorale - ha proseguito Fina - pone la vera sfida sui collegi unonimali, e bisogna scegliere candidati che siano realmente espressione del territorio. In questo senso, la Provincia dell'Aquila non ha indicato alcuna rosa di nomi, a differenza di quanto affermato dal segretario regionale in una recente intervista. Piuttosto, ci siamo riuniti più volte per definire le linee sulle quali procedere e dentro le quali scrivere i nomi, consapevoli che se non dovessero rappresentare la sintesi di una comunità, di un 'noi', non ci sarebbero speranze di vincere la competizione elettorale; per questo, spero non ci vi sia alcuna volontà d'imposizione, che si possano rispettare le diverse esigenze dei territori", l'avvertimento. "E se dovesse capitare a me di essere candidato, sarebbe un onore".
Sulla stessa 'linea' di pensiero Americo Di Benedetto che, su Facebook, si è lasciato andare ad una riflessione piuttosto amara. "Equità - nella scelta delle candidature e in economia pubblica - questa illustre sconosciuta; ma il livello decisionale 'democratico' è quello che è", ha scritto. "Da questo momento, mi svesto degli abiti della moderazione che mi hanno sempre contraddistinto e affilo le armi", le sue parole.
Ai microfoni di NewsTown, Di Benedetto ha poi chiarito che "si stanno perseguendo percorsi fuori da una logica di considerazione della comunità che dovrebbe mobilitarsi"; in sostanza, dovrebbero essere i territori a esprimersi, "per consentire poi la dovuta sintesi ai livelli centrali": e invece, "si sta facendo il contrario, si sta procedendo dall'alto verso il basso. Va cambiata radicalmente impostazione", ha ribadito: "vanno chiarite le regole che debbono definire i percorsi, lungo i quali far maturare la scelta dei nomi che dovranno rappresentare le istanze del territorio". Altrimenti, "la sensazione è che ognuno giochi la sua partita personale, che non conti affatto l'aspettativa della comunità, piuttosto i singoli interessi personali".
A domanda, Di Benedetto ha tenuto a chiarire che la presa di posizione "non viene da una volontà di candidatura", sebbene si senta "tra coloro che potrebbero legittimamente aspirare ad una discesa in campo"; e ha aggiunto, poi, che sta aspettando il ritorno del segretario provinciale Francesco Piacente [in viaggio di nozze, ndr] "con cui avevamo avviato un bel lavoro di definizione puntuale delle istanze del territorio".
Non è un mistero che l'ex presidente della Gran Sasso Acqua sia stato tra i primissimi a sostenere Piacente. E proprio intorno al segretario provinciale si giocheranno le diverse aspettative degli esponenti dem della provincia. Piacente sta provando a 'forzare' la mano, chiedendo una maggiore 'attenzione' per le aree interne d'Abruzzo: in sostanza, ha proposto la candidatura di Stefania Pezzopane sul seggio unico proporzionale per il Senato, sperando, così, di liberare il posto da capolista alla Camera per un altro esponente politico della provincia; con Di Pangrazio sul proporzionale, per dire, Fina e Di Benedetto potrebbero giocarsi l'uninominale e i maligni non hanno mancato di sussurrare come potrebbe esserci persino un accordo tra il Presidente del Consiglio regionale e il già candidato sindaco a L'Aquila.
Stante la candidatura di D'Alfonso in Senato, però, e considerato che difficilmente Pezzopane rinuncerà al seggio blindato da capolista alla Camera, resterebbe l'uninominale che, di logica, dovrebbe andare ad un esponente politico della Marsica, con L'Aquila che avrebbe la sua deputata: ecco spiegato il nervosismo di Di Benedetto, che alla candidatura pensa eccome, ed ecco che la 'carta' Fina - tra l'altro 'orlandiano', con una suddivisione tra correnti che sarebbe equa con la renziana Pezzopane - potrebbe prendere davvero quota, se il braccio destro di Orlando dovesse accettare la sfida dell'uninominale, ovviamente. Resterebbe fuori dai giochi Di Pangrazio, tuttavia, e sarebbe davvero un bel problema per la tenuta del Pd provinciale; soprattutto se il fratello Giovanni, ex sindaco di Avezzano, dovesse davvero accettare di candidarsi con 'Noi con l'Italia', la formazione politica con lo scudo crociato che sarà la quarta gamba del centrodestra.