Il consiglio regionale ha respinto con 15 no della maggioranza di centrosinistra, 10 sì e un astenuto, la mozione di sfiducia nei confronti del presidente della Regione e senatore del Partito democratico Luciano D'Alfonso, presentata dalle opposizioni di centrodestra e Movimento cinque stelle.
L'istanza è stata consegnata all'indomani in cui il Consiglio regionale, l'8 maggio scorso, non ha riconosciuto, con un voto di misura (16 no e 15 sì) l'incompatibilità tra i due ruoli elettivi, sottolineando che senza la convalida da parte della giunta per il regolamento del senato, non è una condizione antigiuridica.
Erano assenti in aula i consiglieri regionali Chiodi, Di Matteo, Olivieri e Gerosolimo.
Gli ultimi tre avevano annunciato che non avrebbero partecipato al voto, ritenendo la mozione "un esercizio muscolare, retorico e utile solo a riconfermare posizioni già espresse ma non a ottenere un risultato compiuto".
Messo all'angolo il vice presidente Giovanni Lolli che pure aveva tentato di stringere un patto di fine legislatura con le forze di centrosinistra, puntellata la Giunta con la nomina Giorgio D'Ignazio, eletto col Nuovo Centro Destra e passato a Civica Popolare con la sottosegretaria Federica Chiavaroli, Luciano D'Alfonso ha portato nell'esecutivo Lorenzo Berardinetti chiudendo il cerchio con la delega all'Ufficio speciale per la ricostruzione del cratere 2016 a Mario Mazzocca di Articolo 1. Così, si è garantito la tenuta della maggioranza sebbene sia opinione comune, e piuttosto diffusa, che il mantenimento della doppia poltrona stia logorando il centrosinistra - o quel che ne rimane - che corre il rischio di presentarsi alle prossime elezioni condannato alla irrilevanza.
Con la conseguenza che Giovanni Legnini, il leader indicato dalle forze progressiste per ridare vita ad una coalizione politicamente credibile, potrebbe fare un deciso passo indietro.
In questo senso, non può passare inosservato il terremoto in seno ad Articolo 1, col coordinatore regionale Fabio Ranieri che ha preso decisamente le distanze dalla decisione di Mario Mazzocca di accettare l'incarico alla ricostruzione 'offerto' da D'Alfonso. "Chi ritiene che con le ultime nomine in Regione siano risolti i problemi del centrosinistra credo non abbia compreso ciò che è successo il 4 marzo, a livello nazionale ed in maniera persino più accentuata in Abruzzo", ha sottolineato Ranieri. "Gli elettori hanno punito pesantemente le forze del centrosinistra sulla base di un giudizio netto sulle azioni di governo, sulla visione e la lettura del Paese e della Regione che le hanno determinate, su una cultura di governo spesso costruita sulla sufficienza e, a volte, sull'arroganza, verso chiunque dissentisse, fossero essi esponenti politici, sindacati, associazioni e anche semplici cittadini. Il dato elettorale è stato impietoso soprattutto tra gli elettori a cui dovremmo naturalmente rivolgerci, tra i più deboli ed i più fragili, le persone, i ceti sociali e i territori più in difficoltà e in sofferenza. Il rischio concreto che oggi si vada consolidando un nuovo bipolarismo, o peggio un asse, tra Movimento 5 Stelle e Lega - l'affondo del coordinatore regionale di Articolo 1 - non lo si combatte facendo finta che nulla sia accaduto, chiudendosi in un fortino insieme ai propri fedelissimi, rivendicando acriticamente tutto ciò che è stato fatto e pensando che siano gli elettori a non aver capito e ad aver sbagliato. A sbagliare è piuttosto chi nel centrosinistra spera, in Italia, nello sfascio per ricostruirsi una propria verginità politica e in Abruzzo chi crede nella possibilità di superare la 'nottata' continuando esattamente come prima, con qualche operazione basata su riconoscimenti individuali, a questo o quell'esponente politico, che finisce per dividere e frazionare ulteriormente lo scenario politico".
Chiaro il riferimento all'incarico assegnato a Mazzocca che, a quanto si apprende, non avrebbe condiviso la decisione col movimento di cui è espressione. Anzi, starebbe giocando una partita 'altra' con Gianni Melilla. "La 'nottata' si supera soltanto se di decide di guardare in faccia la realtà, insieme", ha aggiunto Ranieri; "l'alternativa, a prescindere dal fatto che le elezioni siano tra 4 o 8 mesi, sarà altrimenti la catastrofe, come dimostrano i risultati in Molise, Friuli o Val d'Aosta. Questo avevamo provato a dire come Articolo 1 dopo le elezioni politiche, confrontandoci con le altre forze di maggioranza e con il Pd in particolare: per ricostruire una sintonia con gli abruzzesi senza negare quel che di buono era stato fatto, avevamo chiesto di dimostrare insieme di aver capito il segnale arrivato dalle urne; avevamo chiesto una maggiore attenzione sui temi fondamentali della sanità, del lavoro, dei servizi; avevamo chiesto una discontinuità nei metodi e nella comunicazione, per costruire una nuova collegialità da assumere come valore, in una fase cosi complessa. Come Movimento sapevamo che sarebbe stata un'operazione difficile, che ci avrebbe procurato una buona dose di critiche per non aver staccato la spina ad un governo in evidente difficoltà, ma eravamo tuttavia convinti che la ricostruzione di un nuovo largo campo progressista non si potesse fare sulle macerie ma su una profonda e visibile discontinuità".
D'altra parte, il problema era, ed è, la presa di coscienza che una stagione sia finita e che quindi sia necessario, con umiltà, aprirne una nuova. "Il risultato dopo due mesi è invece il contrario di ciò per cui abbiamo lavorato: la chiusura senza alcun confronto di una nuova giunta regionale, anche con l'ingresso di altre forze politiche, per reggere una maggioranza sempre più risicata, la rottura con le esperienze civiche nel Consiglio, nessun programma di fine legislatura, nessuna idea di come costruire per le prossime elezioni un'ipotesi nuova e larga che permetta una scelta su un Presidente di qualità e realmente competitivo", la durissima presa di posizione.
"Sono stati due mesi in cui ha brillato il silenzio assordante del Pd e di qualsiasi suo esponente ad ogni livello in questa regione, benché anche al suo interno molti pensino che così si stia andando contro un muro. Ma evidentemente la loro silenziosa presenza non basta per provare ad aprire una nuova prospettiva alla luce del sole, insieme, senza abiure e senza personalismi. Prevale con tutta evidenza altro, e nessuna parola e nessun atto politico è arrivato, se non un tentativo di lavorare come coalizione almeno su alcune priorità di merito; tentativo che grazie alla nostra spinta qualche risultato anche importante lo sta producendo su sanità, trasporto pubblico, sociale e politiche attive sul lavoro. Bene per gli abruzzesi, che ne vedranno presto i risultati. Complessivamente però l'idea che nulla debba cambiare, e che anzi in prospettiva anche la prossima proposta elettorale dovrà essere in assoluta continuità con il presente è purtroppo oggi l'unica idea realmente in campo".
Anche in Art 1 sono emerse diverse sensibilità e approcci, Ranieri lo riconosce. Lunedì scorso - quinta direzione regionale sul tema - "si è però deciso, tutti, di continuare a porre la necessità di recuperare il senso di un'azione di governo, di fare un patto di fine legislatura condiviso, di mostrare agli abruzzesi di aver capito il significato del voto; lo dovremo ribadire anche nelle dichiarazioni di voto sulla mozione di sfiducia presentata in Consiglio Regionale dalle opposizioni. Ma in queste ore, come già detto, si è provato invece a chiudere, in tutta fretta, il quadro politico pensando evidentemente che vada tutto bene e che i problemi siano risolti". A dire dello sconquasso che ha generato in seno al movimento la scelta di Mario Mazzocca.
D'altra parte, il movimento vive una ulteriore difficoltà: staccare la spina, spingere l'assessora Marinella Sclocco alle dimissioni - che pure sarebbe disposta a mettere sul tavolo, a quanto si apprende - significherebbe buttare fuori dalla Giunta il vice presidente Lolli, l'unico garante di un radicamento a sinistra della coalizione se potrà governare la fase di passaggio tra le dimissioni del governatore e le elezioni, essendo l'unico nominato e dovendo D'Alfonso, Sclocco facesse un passo indietro, nominare necessariamente una donna: a quel punto, il governatore potrebbe affidare la vice presidenza a Federica Chiavaroli.
Ranieri teme che all'esterno possa apparire "ingiustamente e ingenerosamente" , all'opinione pubblica, "che ci si stia dividendo gli ultimi bicchieri di champagne a bordo del Titanic che affonda. Lo dico senza davvero voler mancare di rispetto a nessuno ma convinto che questa sia una strada senza uscita. Per questo credo che Art.1 debba aprire una nuova fase".
Ora occorre più politica e più decisioni chiare. "Nella prossima assemblea regionale apriremo con Tommaso Di Febbo la nostra fase congressuale per provare a costruire un pezzo di quel nuovo campo progressista, di centrosinistra, di cui sono convinto necessiti l'Italia e la nostra regione. Qui in particolare il congresso servirà anche per provare a dare al nostro progetto più forza, meno ambiguità sul presente e soprattutto sul suo futuro, un raccordo reale con gli eletti, più radicalità e coerenza. E sarà l'occasione per incontrare in Abruzzo chi nel centrosinistra, nell'associazionismo, nei movimenti o tra gli amministratori, abbia voglia di costruire una larga esperienza civico-progressista che cerchi di vincere le prossime elezioni, insieme, e non invece di perderle perché in fondo per alcuni è più importante mantenere una propria leadership, anche sulle macerie, che il risultato finale".