Martedì, 16 Aprile 2019 14:19

Decennale, Bertolaso: "Pronto a incontrare familiari vittime". Chiodi: "Fu un errore porre fine a stato di emergenza"

di  Nello Avellani e Roberto Ciuffini

Stamane, in apertura della seduta del Consiglio regionale, su proposta del presidente Lorenzo Sospiri sono stati consegnati dei riconoscimenti ufficiali, in occasione del decennale del sisma che ha colpito L'Aquila il 6 aprile 2009, a Gianni Letta e Franco Gabrielli, che non si sono presentati per impegni improrogabili, Guido Bertolaso, Gianni Chiodi e Massimo Cialente, "figure - è stato spiegato - che si sono distinte per l'impegno profuso e il ruolo ricoperto in quel drammatico frangente". All'epoca dei fatti, lo ricorderete, Letta era sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Bertolaso a Capo della Protezione civile, Gabrielli era Prefetto dell'Aquila, Chiodi presidente della Giunta regionale e Cialente sindaco dell'Aquila.

Un'occasione che è servita a Bertolaso, in particolare, per rivendicare i risultati ottenuti a L'Aquila. 

Parlando a margine dell'evento, e ricordando la terribile tragedia di Parigi, con la Cattedrale di Notre Dame divorata dalle fiamme, l'allora capo della Protezione civile ha voluto sottolineato come "nelle emergenze ci sia sempre qualcuno pronto a criticare: pensavo si trattasse di una abitudine tutta italiana - le sue parole - evidentemente mi sbagliavo; ci sono personaggi in giro per il mondo che pensano di essere dei tuttologi. Nonostante lo straordinario lavoro dei Vigili del Fuoco di Parigi che sono riusciti a contenere una situazione che, a mio parere, rischiava di far perdere completamente la Cattedrale, c'è chi si è messo a dare suggerimenti chiedendo di fare presto, come se gli uomini al lavoro non stessero lavorando per salvare un patrimonio dell'umanità".

Chiaro il riferimento alle critiche ricevute dall'allora capo della Protezione civile all'epoca del terremoto dell'Aquila. "Rifarei tutto ciò che ho fatto, riproporrei il sistema di risposta all'emergenza messo in campo qui, assolutamente sbalorditivo. I paragoni sono antipatici, ma le chiacchiere stanno a zero", l'affondo di Bertolaso: "dopo il terremoto di Messina e Reggio Calabria del 1908, l'unico terremoto che ha interessato un capoluogo di Regione, città d'arte, con un centro storico tra i più estesi d'Italia è quello del 2009. Paragoni con altre situazioni, che hanno interessato territori più vasti ma poco popolati e, comunque, con realtà urbanistiche e architettoniche diverse non stanno in piedi. Intervenire a L'Aquila è stato difficilissimo, sia nella fase d'emergenza che nella fase di ripristino di condizioni normali per avviare la ricostruzione". 

Bertolaso ha inteso ribadire come "25mila persone si siano date da fare con abnegazione e straordinaria professionalità: nei giorni scorsi - ha aggiunto l'ex capo della Protezione civile - in occasione della cerimonia in ricordo del padre della Protezione civile, Giuseppe Zamberletti, sono stato fermato da decine di volontari che erano stati a L'Aquila e che mi ribadivano come, qui, tutti sapessero esattamente cosa fare. E' l'unica risposta possibile innanzi ad una tragedia". 

bertolaso"Sono un medico - ha proseguito Bertolaso - e certo di essere estremamente pratico, vado al sodo: ai sintomi, alla terapia e agli effetti della stessa. Di nuovo, le chiacchiere stanno a zero: abbiamo dato un tetto decente e confortevole a decine di migliaia di persone, abbiamo rimandato a scuola 16 mila studenti pochi mesi dopo il terremoto. Ancora oggi, mi scrivono famiglie mandandomi magari le foto dei figli, dicendomi che sono rimasti a L'Aquila credendo nel lavoro che abbiamo fatto. Certo, c'è chi la pensa diversamente, chi dice che abbiamo speso un sacco di soldi: personalmente, replico che avrei speso il doppio visto il bisogno di dare un alloggio confortevole agli sfollati. Le critiche ci stanno, le accetto: sarebbe stato meglio, però, evitare certe calunnie, certe bugie che sono state dette sapendo di mentire". 

"Ricostruire L'Aquila - ha poi ribadito l'ex capo della Protezione civile - non è come ricostruire una strada in Giappone, un ponte in Cina o una scuola in Cile: stiamo parlando di una città storica, che ha radici nel medioevo e anche prima, uno dei centri d'arte più importanti d'Italia: che cosa avremmo dovuto fare, radere al suolo tutto e costruire dei grattacieli laddove c'erano Cattedrali? Per ricostruire bene, la fretta è cattiva consigliera: chi è venuto qui facendo promesse su tempi diversi rispetto a quelli che onestamente avevo indicato subito dopo la tragedia, sapeva che non stava esattamente dicendo la verità". E ancora: "provo la soddisfazione di vedere una città che sta rinascendo. Ci vorrà un poco più di tempo? Pazienza: l'importante è raggiungere l'obiettivo".

Dunque, un ultimo accenno ai familiari delle vittime del terremoto, alle ferite ancora aperte nella carne viva dell'Aquila: "Hanno il mio indirizzo mail, il mio numero di cellulare: sono pronto a incontrarli, sono pronto ad incontrare chiunque. L'ho fatto in quei giorni, l'ho fatto dopo. Ho scritto lettere, ho detto ciò che pensavo quando mi sono ritrovato dinanzi ai giudici. Sono assolutamente aperto a qualsiasi confronto, nel pieno rispetto della loro quotidiana sofferenza ma anche del mio comportamento, del mio lavoro, della mia attenzione. Sanno tutti dove trovarmi". 

In Consiglio regionale, come prevedibile, sono prevalsi toni concilianti, istituzionali; nei mesi che seguirono il terremoto, però, ci furono scontri violenti, aspri, in particolare tra l'allora presidente della Regione Gianni Chiodi e il sindaco dell'Aquila Massimo Cialente che rivendica ancora, a distanza di 10 anni, di essere riuscito a sventare lo scippo degli uffici e delle funzioni pubbliche che era stato deciso dal Governo ad un mese dal terremoto, col benestare della Regione. "Se non avete ancora capito Cialente, non lo capirete certo per ciò che potrei dirvi io: non è andata affatto come racconta. Ci fu una sola vicenda sulla quale ci mobilitammo tutti, per impedirla: riguardava il trasferimento della Corte d'Appello, una decisione che nasceva da altre Istituzioni che non avevano a che fare con i decisori politici. Cialente ha fatto il massimo che poteva: il suo atteggiamento è cambiato allorquando decise di dimettersi da vice commissario. Secondo voi, perché lo chiese? Mi disse: Gianni non reggo più il partito, dobbiamo criticarvi, dobbiamo opporci al governo. Da allora, è completamente cambiato". 

chiodiAnche Chiodi rivendica le scelte assunte all'epoca, e in particolare la decisione di realizzare il progetto Case: "era l'unica possibilità realistica da realizzarsi nel breve volgere del tempo necessario affinché L'Aquila non morisse. Era l'unica. L'errore è stato di Cialente nel pretendere di assumere a patrimonio comunale il progetto Case; gli dissi di non farlo, gli spiegai che sarebbe stata una iattura: all'epoca era un potere, poteva allocare le persone come meglio credeva, ma sul lungo periodo sarebbe stata un fardello per le casse comunali. Così è andata. Si fosse agito diversamente, oggi il progetto Case sarebbe ancora patrimonio della Protezione civile che avrebbe dovuto curarne la manutenzione negli anni e, in futuro, assumere gli oneri di abbatterli, se necessario".

Per Chiodi, il peccato capitale fu chiudere l'emergenza nel 2012: "ciò ha determinato l'allungamento dei tempi della ricostruzione; penso al comparto pubblico, si sarebbe potuti andare molto più spediti: l'allora sottosegretario Fabrizio Barca e il sindaco Cialente decisero diversamente, volendo riacquisire logiche di potere promettendo una maggiore efficacia; al contrario, si rinunciò a procedure derogatorie che avrebbero consentito di snellire i processi. A mio avviso, L'Aquila sarebbe dovuta restare ancora 3 o 4 anni in regime emergenziale". Dunque, l'ex presidente della Regione torna sulla vicenda, spinosa, della restituzione delle tasse sospesa a seguito del sisma: "l'ultimo atto del governo Berlusconi fu la riduzione del 60% del carico fiscale; poi, il governo cadde. C'erano i tempi per la notifica all'UE: avrebbe dovuta essere istruita dagli uffici del Ministero, sotto il governo Monti. Per il resto, si tratta di chiacchiere. E comunque, parliamo di un vulnus formale: si può ancora mettere in campo una interlocuzione politica seria che risolva il problema. Ma non mi sembra che i Governi che si sono succeduti, fino a quello gialloverde, abbiamo mostrato particolare attenzione alla vicenda. D'altra parte, la classe politica aquilana le proteste le organizza a L'Aquila: mostra ai cittadini di impegnarsi, ma non incide laddove conta. Dovrebbero protestare a Bruxelles: non ho visto parlamentari europei interessarsi alla vicenda", la stoccata.

Ultima modifica il Martedì, 16 Aprile 2019 21:50

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