Venerdì, 11 Dicembre 2020 21:30

A 50 anni dalla morte di Saverio Saltarelli. 12 dicembre 1970: una giornata cupa a Milano / 1

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E’ una giornata cupa il 12 dicembre 1970 a Milano. E’ una giornata di mobilitazioni.

Il Questore Ferruccio Allitto Bonanno ha autorizzato la manifestazione del Comitato permanente per la difesa antifascista dell’ordine repubblicano, di cui fanno parte il Pci, il Partito Socialista, la Democrazia cristiana, il Psiup, i Giovani repubblicani, il Movimento giovanile democristiano, associazioni partigiane e sindacati: il corteo muoverà da via Conservatorio verso piazza Duomo, dove si terrà il comizio finale per denunciare le condanne a morte di alcuni militanti baschi decise dal regime franchista al termine del “grande processo contro l’Eta” svoltosi pochi giorni prima a Burgos, il così detto “sumarisimo”.

Sono passati esattamente dodici mesi dalla strage di Piazza Fontana.

Sebbene non autorizzati per questioni di ordine pubblico, gli anarchici – appoggiati dal gruppo dei comunisti internazionalisti – decidono di scendere in piazza per affermare l’innocenza di Pietro Valpreda, rinchiuso in carcere con l’accusa di aver piazzato la bomba nell’androne della Banca nazionale dell’Agricoltura, e ricordare la tragica morte del ferroviere Giuseppe Pinelli, volato già da una finestra della Questura di Milano.

Non è autorizzata neanche l’adunata organizzata in piazza San Carlo dall’Associazione ‘Giuliani e Dalmati’, cui aderiscono gruppi di estrema destra legati al Msi, per commemorare i 17 morti della Banca dell’Agricoltura. Ma i fascisti manifesteranno comunque. Per questo, il movimento studentesco della Statale si organizza per presidiare Piazza Fontana così da evitare “scorribande nere”: il Questore vieta agli studenti di raggiungere il luogo della strage - inutile a suo dire, non avendo autorizzato l’adunata dell’estrema destra - ma il movimento decide di stanziare agli imbocchi delle strade che portano alla Statale.

Ricorderà anni dopo Mario Capanna, leader degli studenti, di aver affermato rivolto a Bonanno: “Prendiamo atto della sua parola, ma non vi crediamo. Sappiamo per esperienza che la Polizia non è mai neutrale, quindi ci mobilitiamo lo stesso. Gli studenti si attesteranno agli imbocchi delle vie che immettono alla Statale, per sorvegliare che lei e le sue forze manteniate l’impegno preso. Non vogliamo che l’assassinio dell’anno scorso sia commemorato con una provocazione (1)”.

Il Questore era stato chiaro: i cortei non autorizzati sarebbero stati caricati dalla polizia. Così andò.

Sono passate da poco le 17.

Gli anarchici, circa un migliaio, tentano di formare un corteo per dirigersi verso via Torino; in quei minuti, la folla che ha partecipato alla manifestazione del Comitato permanente per la difesa antifascista dell’ordine repubblicano va disperdendosi, a conclusione del comizio in Piazza Duomo. E’ un attimo: gli anarchici vengono caricati alle spalle dai reparti della ‘celere’ agli ordini del vice questore Vittoria, che tentano di disperdere i manifestanti verso piazza Missori.

Sono momenti concitati.

Con la carica, la Polizia finisce per ‘spingere’ gli anarchici verso il presidio degli studenti della Statale, all’altezza di via Larga; racconta ancora Capanna: “i nostri cordoni si aprirono e si richiusero dopo il loro passaggio” (2). Il clima è tesissimo: da piazza San Babila, un gruppo di fascisti decide di muovere proprio verso via Larga, cercando lo scontro con gli studenti; verranno dispersi in via Laghetto, a poche decine di metri dall’Università.

Tra via Larga, via Bergamini e via Sant’Antonio si consuma uno scontro durissimo tra il servizio d’ordine del Movimento studentesco, reparti di Polizia ed un centinaio di militari dell’Arma dei Carabinieri agli ordini del capitano Antonio Chirivì che diventerà, anni dopo, comandante dei Vigli urbani di Milano.

Una prima carica viene respinta: vengono lanciati lacrimogeni e le forze di polizia sparano alcuni colpi di pistola ferendo in modo non grave uno studente e il giornalista Giuseppe Carpi.

Segue una seconda carica, all’angolo tra via Bergamini e via Larga, che lascia a terra il corpo esanime di Saverio Saltarelli, 23 anni, studente al terzo anno di Legge originario di Pescasseroli, piccolo borgo montano della provincia dell’Aquila, in piazza con i Gruppi comunisti internazionalisti (3).

Il giovane viene trasportato nell’infermeria dell’Università, dove un medico tenta invano di rianimarlo con un massaggio cardiaco; portato infine in Ospedale, morirà poco dopo.

Alle 17, Saverio era in biblioteca a studiare; un’ora e mezza dopo, è morto.

Nelle ore successive, verranno formulate svariate ipotesi – alcune piuttosto fantasiose – per spiegare la morte dello studente; inizialmente i telegiornali della Rai, citando le forze dell’ordine, parleranno di collasso per schiacciamento da folla, una versione smentita nel corso del dibattito parlamentare che seguì ai fatti del 12 dicembre.

D'altra parte, l’inchiesta sulla morte di Saverio Saltarelli sarà caratterizzata dall’”ostruzionismo continuo e il sottile bizantinismo fondato su manipolazioni procedurali” da parte di organi giudiziari e di polizia – si legge nell’ordinanza istruttoria – ma grazie all’impegno dei suoi compagni, di avvocati e giornalisti democratici, verrà fatta piena luce sull’accaduto. 

Le perizie tecnico balistiche e medico legali non lasciarono dubbi: Saltarelli era morto per “una lesione al cuore prodotta da un violento colpo alla regione sternale, provocato da un candelotto lacrimogeno rivestito di plastica scagliato da una distanza variabile tra i 40 e i 50 metri. A dimostrarlo, la macchia biancastra trovata sul maglione del giovane studente che “conservava traccia di politene, la materia plastica con cui era fabbricata l’ogiva dell’ordigno (4)”, lanciato ad altezza uomo e non verso l’alto, come prescrivevano i regolamenti.

Sei anni dopo, il comandante di pubblica sicurezza Alberto Antonetto, a capo del reparto da cui partì il candelotto mortale, verrà condannato per omicidio colposo a 9 mesi con la concessione delle attenuanti generiche, la sospensione condizionale e la non menzione; il capitano dei Carabinieri Antonio Chirivì e un sottufficiale, invece, furono indiziati di reato per il ferimento del giornalista Carpi.

Saverio Saltarelli è stata un’altra vittima, la diciannovesima, di Piazza Fontana.

 

1, 2: Capanna Mario, Formidabili quegli anni, p. 120

3: Guerriglia a Milano in Panorama, 24 dicembre 1970

4: Camilla Cederna, Sparare a vista, p. 60

Ultima modifica il Venerdì, 11 Dicembre 2020 21:58

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