Il Pd aquilano - con il segretario Stefano Albano, il capogruppo in consiglio comunale Maurizio Capri, il capo di gabinetto Mauro Marchetti, la senatrice Stefania Pezzopane e il vice presidente e assessore della giunta regionale Giovanni Lolli - fa quadrato attorno a Massimo Cialente e agli altri assessori e dirigenti comunali citati dalla procura della Corte dei Conti per un presunto danno erariale di quasi 12 milioni di euro derivante dal mancato sfratto dagli appartamenti del Progetto Case delle famiglie morose e insolventi.
“Ancora una volta” ha detto lo stato maggiore del partito in una conferenza stampa “siamo costretti a difendere la dignità e l'onorabilità dell'Aquila, che, a causa di questa vicenda, rischia di passare di nuovo, agli occhi dell'Italia intera, come una città stracciona e spendacciona. Esprimiamo tutta la nostra solidarietà e il nostro sostegno al sindaco e appoggiamo in pieno la sua scelta di non dare esecuzione agli sfratti delle famiglie morose”.
Il più indignato è Giovanni Lolli, che ha ricordato come questa grana, l'ennesima, sia una zavorra che il Comune si è ritrovato sul groppone per colpe e volontà altrui: “Con un cinismo inaudito il governo Berlusconi decise di prendere il Progetto case e passarlo al Comune, scaricando su di esso tutti i costi di manutenzione. Ma dato che i soldi per quest'ultima non c'erano, era inteso che il Comune avrebbe dovuto far pagare un canone ai cittadini”.
Facendo i conti della serva, Lolli ha precisato che la percentuale dei morosi sul totale di coloro che pagano i cosiddetti canoni di compartecipazione (che spettano solo a chi prima del terremoto, viveva in affitto), è molto bassa: “Le famiglie che pagano i canoni – calcolati in base al reddito - sono 1883. Quelle morose sono 326. Di queste, sono 115 quelle che non sono in grado di pagare essendo in condizioni di grave disagio sociale, mentre le restanti 200 hanno già detto che pagheranno, avendo accettato una proposta di rateizzazione. Ora, 326 famiglie morose su 1883 vuol dire che c'è un tasso di morosità del 15%. Un valore che si abbassa al 6% se si calcolano solo le 115 in una situazione di morosità totale. Sono tassi molto più bassi della media regionale e nazionale. Sapete quanti sono i morosi delle case Ater abruzzesi? Il 20%. Come mai a nessuno è venuto in mente di sfrattare loro? Eppure anche lì c'è un danno erariale. Perché un povero disperato terremotato deve essere trattato diversamente da un moroso delle case popolari? Per quale motivo lo Stato usa due pesi e due misure?”.
Il danno erariale di cui parla la Corte dei Conti sarebbe originato dalla mancata applicazione di due delibere comunali, la 171 e la 172 del 2011.
Si legge, infatti, nella citazione inviata a Cialente: “Occorre innanzitutto ribadire che l’ipotesi di danni qui prospettata non si riferisce alla mancata riscossione, da parte del comune dell’Aquila, di canoni di compartecipazione e di canoni d’utenza vari dovuti dagli occupanti degli immobili. Il danno è invece quello del tutto attuale, della mancata esecuzione delle delibere consiliari (171 e 172 del 2011) in base alle quali l’insolvenza protratta per il termine ivi stabilito avrebbe provocato la perdita del diritto di occupazione: conseguentemente gli immobili resisi liberi a seguito della perdita del diritto da parte degli insolventi (molti), avrebbero potuto essere assegnati ai percettori del contributo di autonoma sistemazione (Cas) derivandone il risparmio”.
Il Comune, secondo la Corte dei Conti, dinanzi a prolungate situazioni di morosità, avrebbe dovuto cacciare dagli alloggi Case le famiglie inadempienti – distinguendo i furbi e i finti poveri dai casi di autentico disagio - e sostituirle, man mano che gli appartamenti si rendevano disponibili a fronte degli sfratti, con i percettori del Cas, il contributo di autonoma sistemazione.
Secondo il sostituto procuratore della Corte dei Conti, Roberto Leoni, sussiste il danno erariale in quanto «il Comune avrebbe potuto distinguere (ma non l’ha fatto, avendo omesso di verificare in concreto le singole posizioni per lasciare che il pagamento dei canoni e delle utenze fosse rimesso al senso di responsabilità e al civismo individuali), i pochi morosi di necessità, legati a particolari condizioni di bisogno materiale, dai molti morosi di comodo” .
“La perdita del beneficio dell’alloggio in Case o Map – spiega sempre Leoni – si sarebbe risolta, per questi ultimi, nella perdita di ogni altro diritto all’assistenza abitativa a cura della pubblica autorità, causato da un riprovevole e dolosa evasione dall’obbligo di contribuire e condizioni meno onerose di quelle sopportate per la locazione ante sisma, obbligandoli a loro carico a provvedersi di un alloggio, sostenendone le spese relative. Il Comune sul piano teorico e programmatico, ha ben agito nel porre i limiti contenuti nelle delibere consiliari e sarebbe stato obbligo dei responsabili dell’attuazione darvi il necessario seguito concreto".
Sempre secondo il pm "solamente più di un anno dopo (gennaio 2013) l’assessore Moroni si è espresso circa una morosità, così da indurre il Comune a stipulare (febbraio 2013) con la Guardia di finanza una convenzione finalizzata anche a rilevare profili di illegittimità nella gestione dell’assistenza alla popolazione terremotata. A seguito dell’inerzia dei convenuti nell’esecuzione di un insieme di regole disciplinari, la fruizione degli alloggi temporanei, da parte di una frazione della popolazione colpita dal sisma, ha sofferto un danno derivante dalla mancata applicazione delle sanzioni nei confronti degli evasori”.
Secondo Giovanni Lolli, tuttavia, qualora il Comune avesse cacciato gli insolventi, avrebbe dovuto comunque trovare loro sistemazioni alternative – in caserme, alberghi e altre strutture ricettive – che, a conti fatti, sarebbero state molto più costose rispetto ai 600 euro mensili previsti dal Cas. Non ci sarebbe stato, insomma, nessun risparmio ma, al contrario, un aggravio di spesa.
“Due volte sfollati no” ha fatto eco a Lolli il segretario del Pd dell'Aquila Stefano Albano. “Si trattava di sfrattare dei terremotati che non ce la fanno a sostenere i costi che la gestione del Progetto Case richiede. Una gestione che il governo Berlusconi ha imposto al Comune senza fornire gli strumenti per farvi fronte”.
Anche Stefania Pezzopane ha ricordato lo scontro che si consumò, all'epoca, tra il Comune da una parte e il Governo, con la Protezione civile, dall'altra, sull'assegnazione della gestione dei nuovi alloggi antisismici: “Sono stata assessore alle politiche sociali e all'assistenza alla popolazione” ha affermato la Pezzopane “ed ero assolutamente contraria a far pagare annche i canoni di compartecipazione. Dovemmo trovare una mediazione perché ci fu, da parte della Pc e del Governo, una pressione pesantissima”.
“Queste famiglie” ha poi aggiunto la senatrice “sono quasi tutte famiglie che hanno chiesto, da anni, un alloggio Ater, senza poterlo avere, visto che nel frattempo le case popolari non sono state ricostruite a causa dei mostruosi ritardi accumulati dalla stessa Ater. Ho predisposto un'interpellanza al ministero dell'Interno perché è chiaro che se il sindaco dovesse ottemperare alla richiesta della Corte dei Conti questo diventerebbe un problema di ordine pubblico”.
Massimo Cialente: "Tra i morosi molte madri sole. Vengano Mef e Ministero Interno a sfrattarle"
Cialente, nel frattempo, ha fatto sapere, tramite una nota affidata all'ufficio stampa del Comune, di aver scritto una nuova lettera alle istituzioni con tutti i nomi e i cognomi dei morosi.
Ecco la nota completa firmata dal primo cittadino:
“In data odierna ho trasmesso a tutte le Istituzioni coinvolte i nomi di 115 morosi totali alloggiati nei quartieri Case, nei villaggi Map e negli alloggi del Fondo immobiliare”.
“Come prevedevo – scrive Cialente - si tratta soprattutto di donne sole con figli a carico, in gran parte di nazionalità italiana. Secondo l'atto di citazione della Corte dei Conti tra questi nuclei familiari, non sfrattati dal Comune dell'Aquila per "mero calcolo di tornaconto politico", lo sgombero non provocherà alcun problema di ordine pubblico, questione che sarebbe stata da me pretestuosamente sollevata”.
“Poiché credo, e a questo ho improntato tutta la mia vita, che lo Stato è sacro ed è anche unico, mi aspetto che le autorità competenti - a questo punto, credo, in particolare il Ministero delle Finanze e il Ministero dell'Interno - procedano a sfrattare queste famiglie. Se ciò avverrà senza nessun problema di ordine pubblico e senza costi aggiuntivi ben superiori ai possibili benefici a carico dello Stato, mi assumerò personalmente, anche per conto dei colleghi di Giunta e dei dirigenti, tutte le responsabilità di giustizia contabile, oltre che politiche ed eventualmente penali”.
“In molti mi stanno consigliando di mantenere toni bassi, di difendermi individualmente, senza sollevare polemiche con il Governo o con altre articolazioni istituzionali del Paese, anche in autotutela. Come piccolo cittadino italiano – ha dichiarato ancora il sindaco - che crede nel Paese e nello Stato democratico, invito invece lo Stato, che è uno, ad assumersi le sue responsabilità, rispetto alle quali, in questi cinque anni, ci ha spesso lasciati soli”.
“Comunico inoltre che, nel caso in cui il Ministro degli Interni e il Prefetto dovessero convocare, ai fini di procedere agli sfratti, un Comitato per la sicurezza e l'ordine pubblico, il Comune dell'Aquila, membro di diritto, non parteciperà, poiché tutte le preoccupazioni, l'intera ed oggettiva rappresentazione della situazione e le condizioni economiche furono espresse dal Comune in data 14 febbraio 2012. Stesse considerazioni riportate nell'audizione presso la Corte dei Conti”.
“Alla luce dell'atto di citazione, pervenuto a me e ai miei collaboratori il 14 luglio, l'Amministrazione comunale dell'Aquila attende una risposta da parte dello Stato. L'elenco delle famiglie da sfrattare, terremotate e disperate, - ha concluso Cialente - viene trasmesso, otre che al Governo, anche alla Presidenza della Repubblica. La città dell'Aquila, da cinque anni martoriata ed abbandonata, chiede allo Stato di battere un colpo. L'Italia vive una difficile crisi, morale e di articolazione delle sue Istituzioni”.
“Il dovere di ciascun cittadino, anche se molto piccolo, è quello di richiamare le Istituzioni Costituzionali a svolgere ciascuna il proprio ruolo con coraggio, sino in fondo. È facile, sarebbe facile, tenendo a mente la Costituzione”.