Martedì, 27 Settembre 2022 15:55

Centri antiviolenza, Frezza: "fondi sbandierati dalla Regione in realtà sono gli stessi dal 2006"

di  Antonia Melaragni

Circa 700mila euro di fondi “con l'obiettivo di rafforzare l'azione dei centri anti violenza e delle case rifugio presenti in Abruzzo”.

L’annuncio è arrivato da parte dell’Assessore alle politiche sociali della Regione Abruzzo Pietro Quaresimale lo scorso 20 settembre.

Proprio in merito all’erogazione di questi fondi, abbiamo ascoltato la presidente dell’Associazione Donatella Tellini-Centro anti-violenza dell’Aquila, Silvia Frezza, che è scesa nel merito dell’erogazione di tali fondi.

Gli unici finanziamenti ai quali si può fare affidamento sono quelli stabiliti dalla legge 31 che è in vigore dal 2006, quindi è solo attraverso questa legge che i centri antiviolenza ricevono un finanziamento. Dal 2006, tra il 20 e il 30 di settembre, si fa questa domanda di accesso al finanziamento. Chiaramente purtroppo sappiamo che questi fondi negli anni, così come accaduto per la scuola, per la sanità e per tanti altri settori, sono andati sempre più asciugandosi ed inoltre non si conosce mai l’entità precisa. Quindi, i centri anti violenza, non possono pensare ad una progettualità ben precisa perché i fondi possono variare di anno in anno.”

“Lo Stato – prosegue la Frezza - manda i fondi alle Regioni e quest’ultime li attribuiscono ai centri antiviolenza della propria regione, ma a L'Aquila che tra l’altro è il capoluogo di regione, non ha una certezza per quanto riguarda questi finanziamenti che ad oggi vengono sbandierati in questo modo solo perché siamo stati in campagna elettorale ma altrimenti sono regolari tutti gli anni ed è l'unico finanziamento che ci arriva.” aggiunge la presidente del Centro antiviolenza.

Infatti, racconta Silvia Frezza, il Comune dell'Aquila non predispone finanziamenti al centro antiviolenza dal 2017.

E aggiunge: “Il centro antiviolenza svolge un ruolo che secondo la convenzione di Istanbul dovrebbero svolgere le istituzioni e lo fa sempre appoggiandosi sul volontariato, perché le persone lavorano in modo volontario.”

Le spese che un centro antiviolenza deve affrontare sono diverse e riguardano innanzitutto le bollette, i computer, carta, stampante, gli affitti, ma anche le spese della Casa Rifugio, che comprendono vitto e alloggio per le donne che ci abitano e quando queste donne hanno anche dei bambini che devono andare a scuola, alle spese già previste vengono aggiunti materiali scolastici, mensa, trasporto.

Uno spiraglio in fondo al tunnel forse per il centro antiviolenza dell’Aquila è rappresentato da Simona Giannangeli che siede in consiglio comunale e che potrebbe essere una rappresentante del Centro Antiviolenza anche in seno all’assise civica.

Sono infatti due le consigliere di maggioranza che sotto sollecitazione della Giannangeli hanno espresso la volontà di costituire un tavolo di lavoro per dare risposte alle esigenze del centro antiviolenza.

“Se mai sarà aperto questo tavolo di lavoro – ha detto la Frezza - quello che chiederemo è sicuramente un’altra casa rifugio perché le richieste sono aumentate in modo esponenziale purtroppo e quindi abbiamo la necessità di accogliere molte donne, riceviamo delle richieste così come noi le facciamo gli altri centri perché le donne spesso possono rimanere sui territori e altrettanto spesso devono essere allontanate. É di ieri pomeriggio l'accoglienza di una donna da fuori regione, così come lo scorso mese abbiamo fatto accogliere in una regione confinante una nostra accorta. Quindi assolutamente un'altra casa rifugio già l'avevamo chiesta però siamo state costrette a declinare l'offerta perché ce l'avevano data ad Assergi, precisamente al progetto case di Assergi, deserto e lontano.” racconta Silvia Frezza

Per le volontarie del centro poi “anche un finanziamento strutturare è necessario e infine anche una considerazione a livello culturale e politico. Oltre che offrire sostegno, vicinanza e accompagnamento noi facciamo anche un percorso politico e vorremmo essere anche affiancate dall'amministrazione comunale con l’aiuto di assistenti sociali, di promozione culturale, insomma che si prendesse in considerazione veramente un qualche punto della convenzione di Istanbul.”

L’attacco alla legge 194 e ai diritti conquistati negli ultimi trent’anni è sempre più forte, non solo da parte della politica più conservatrice del Paese ma anche da parte di associazioni e gruppi per la vita, che vorrebbero mettere mano alla legge sul diritto all’aborto.

Da qualche tempo se si cerca su internet “Cav” L’Aquila (acronimo di Centro Antiviolenza) si trova piuttosto il riferimento del Centro Aiuto alla Vita, per questo abbiamo chiesto a Silvia Frezza il danno che una svista del genere comporta.

“E’ l’ennesimo attacco ai diritti, oltre al cimitero dei feti, oltre al numero esorbitante di obiettori nelle strutture ospedaliere, il definanziamento dell'AIED e dei centri antiviolenza, anche questo. E intanto si tratta di un modo per confondere quindi proprio un uso strumentale e provocatorio e ignobile. Tra l’altro - prosegue la Frezza - noi temiamo che vogliano proprio entrare in questo modo all’interno delle strutture di tutela ma senz’altro si tratta di un contesto sociale politico culturale che non gli appartiene per niente. Aggiungerei che già i centri antiviolenza sostengono la vita, anzi la proteggono.”

Insomma oltre ad annunciare l’esistenza di fondi che già vengono normalmente messi a disposizione dallo Stato, le volontarie del Centro antiviolenza del capoluogo cercano anche risposte e tutele, per poter svolgere il proprio lavoro di sostegno, soprattutto al netto dei dati sulla violenza di genere che continuano a salire.

Ultima modifica il Martedì, 27 Settembre 2022 16:24
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