Ieri mercoledì 28 settembre, nella giornata internazionale dell’aborto, anche a L’Aquila, come in tutta Italia con Non una di Meno, attiviste sono scese in piazza per rivendicare un diritto all’aborto libero, sicuro e gratuito.
“In questo scenario politico il nostro corpo rappresenta ancora un campo di battaglia” afferma il collettivo FuoriGenere.
“In tutto il globo- continua il collettivo transfemminista- ogni anno vengono ancora eseguiti oltre 25 milioni di aborti non sicuri, il che fa dell'aborto una delle prime cause di morte materna nel mondo e finché sarà proibito, continuerà ad essere praticato illegalmente, mettendo a rischio la vita della donna. Ad oggi l’aborto è ancora vietato in quasi 20 Paesi. In Europa, un divieto totale rimane un’eccezione ma le cose stanno peggiorando rapidamente: a Malta, le donne che abortiscono rischiano una pena che va da 18 mesi a tre anni di reclusione e in Polonia, nell’ottobre 2020 la Corte costituzionale ha reso l’aborto praticamente illegale eliminando la possibilità di ricorrervi in caso di anomalie fetali.”
“In Italia la Legge 194 che disciplina l’interruzione volontaria di gravidanza è sotto attacco da anni, svuotata per colpa dell’obiezione di coscienza e del mancato controllo sul suo implementamento effettivo e, oggi, sempre più a rischio per la vittoria di Giorgia Meloni e del suo partito che già da tempo, a livello locale, ha fatto dell’appoggio e del finanziamento ai movimenti per la vita e di iniziative come la sepoltura obbligatoria dei feti, un marchio distintivo del suo operato. L’intento di svuotare e rendere totalmente inapplicata la L.194 attraverso, anche, la colpevolizzazione delle donne è chiaro da tempo.”
Le rivendicazioni portate in piazza sono molteplici, dai fondi per il sostegno a centri anti-violenza e case rifugio, asili nido e servizi per la prima infanzia, potenziamento dei consultori gratuiti, laici e accessibili a tuttə; il potenziamento dei reparti di ginecologia ed ostetricia, ma anche il supporto e il sostegno alla salute riproduttiva della donna e delle soggettività con utero, alla maternità e alla genitorialità.
Ma il collettivo FuoriGnere chiede “anche l’apertura dei dati sulla L.194, che vogliamo vengano aggiornati, disaggregati, disponibili: “solo in questo modo possiamo sapere oggi cosa succede negli ospedali e se la legge è ben applicata. Solo in questo modo possiamo scegliere. E solo in questo modo possiamo individuare responsabilità e difetti nei servizi, e quindi rimediare. Altrimenti è come avere una vecchia mappa dove ci sono ancora Stati che non esistono più e confini che sono stati spostati.” (Da maidati.it - Perchè i dati sono nostri e ci servono per scegliere Chiara Lalli e Sonia Montegiove)“
Riguardo questo aspetta le attiviste portano in piazza anche una richiesta specifica alla Asl dell’Aquila che alle due ricercatrici di cui sopra non ha mai risposto (così come a giornaliste e associazioni di donne locali che hanno rivolto le stesse domande negli anni) ovvero la pubblicazione dei dati sull’obiezione di coscienza, ossia “il totale dei medici e il numero degli obiettori per le tre categorie professionali( ginecologi, anestesisti, professioni sanitarie non mediche)” (“Mai Dati” di Chiara Lalli e Sonia Montegiove, Fandango Libri, pg.16).
“Finchè non avremo risposta alle nostre richieste non ci fermeremo! L'aborto è un diritto e ci vogliamo liberə di scegliere sui nostri corpi e sulle nostre vite.” è questo il grido portato in piazza dal collettivo transfemminista FuoriGenere.