Sabato, 04 Febbraio 2023 18:20

Legge 194: tanti i problemi ancora aperti. Di Pasquale (PD): “Gravi difficoltà applicazione"

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Potrebbe essere ragionevole proporre subito un'analisi dettagliata di quale siano le problematiche e i risultati più evidenti dopo 40 anni di applicazione della legge 194, la legge che ha legalizzato il ricorso all’interruzione volontaria della gravidanza. Un primo elemento che salta subito agli occhi è che chi decide di ricorrere all’aborto non lo fa per scelta di elezione ma diventa un’ultima ratio e che presenta l’urgenza di una discussione, profonda e sincera, sulla procreazione responsabile.

Una testa pensante, anche ai minimi regimi, propone l’idea da attuare con un’offerta di corsi di educazione sessuale nelle scuole, nell’ambito del percorso di nascita e, quanto meno, in occasione dell’offerta del pap test per le donne in età feconda “Proponiamo l’istituzione di un Osservatorio per la legge 194 in Abruzzo, o almeno la costituzione di un tavolo di confronto tra politica, associazioni, ordini professionali, Commissioni Pari Opportunità del territorio, così da recepire istanze, richieste, proposte operative per fare sì che un diritto sancito per legge sia realmente garantito nel nostro territorio. Ci impegniamo in questo senso”. Questa è la proposta, per conto del Partito Democratico regionale, della presidente Manola Di Pasquale, dopo l’allarme evidente dei dati che palesano come la legge sull’interruzione di gravidanza incontri in Abruzzo fortissime difficoltà di applicazione.

“L’Abruzzo”, ricorda la Di Pasquale, “risulta essere infatti una delle regioni con tassi record riguardo il numero dei medici obiettori: l’84% dei ginecologi non effettua Interruzione di gravidanza e sono solo 5 sono i Presidi in cui la si pratica. Solo in tre strutture si somministra la pillola abortiva, e sono esclusi i consultori”.

E allora perché, ci domandiamo, non viene applicato un sistema di sorveglianza? Facendo riferimento, ad esempio, al modello D12. Il modello D12 è, di certo, uno strumento molto valido per un sistema di sorveglianza che dovrebbe essere applicato. Ed è stato aggiornato nel tempo per inserire la data di rilascio del documento o della certificazione, la cittadinanza e l’uso dell’aborto medico.

I Consultori Familiari hanno un ruolo strategico perché mettono in moto il sistema delle attività per la tutela della salute sessuale e riproduttiva con programmi strategici che, tra l’altro, sono previsti dal Piano Sanitario Nazionale e riguardano il percorso di nascita, la prevenzione dei tumori femminili e la promozione della salute tra gli adolescenti.

I Consultori, secondo la Di Pasquale, devono essere maggiormente coinvolti, occorre aumentare i fondi e il personale qualificato a loro disposizione così che siano messi nelle condizioni di offrire servizi qualificati di assistenza alle famiglie, ai giovani e alle donne che devono affrontare gravidanze non desiderate. Occorre insomma, in una regione laica, che le donne e le giovani possano vedere attuato il loro diritto alla interruzione della gravidanza consapevole come previsto dalla legge.

Ma, paradossalmente, nonostante le ripetute sollecitazioni al loro potenziamento i consultori familiari hanno dovuto sopportare livelli di emarginazione sempre più alti anche se il loro contributo alla diffusione della cultura della procreazione responsabile sia piuttosto evidente e nonostante il livello di gradimento maggiore dell’azione consultoriale nell’impegno, purtroppo modesto, nel percorso di nascita e i migliori esiti di salute.

Per l’aborto medico la soluzione migliore è il consultorio familiare, almeno uno per distretto, con una seduta settimanale. Gli interventi in anestesia locale potrebbero essere fatti in due o più volte, in ambulatorio o in day hospital, sempre distribuite in maniera opportuna, per faree gli interventi in sedute settimanali, gli altri interventi, invece, in anestesia generale e quelli dopo i novanta giorni potrebbero essere fatti in un solo ospedale.

Non mi sembra che questa proposta sia particolarmente difficile da organizzare per garantire così l’applicazione della legge 194. Nota a margine, ma poi non tanto. Se si riducono gli interventi in anestesia generale, diciamo intorno al 15%, quello che risparmiamo potrebbe essere investito per il potenziamento dei consultori

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