Martedì, 13 Gennaio 2015 15:31

Napolitano si è dimesso: finisce la presidenza più lunga della Repubblica

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Come previsto, come atteso.

Giorgio Napolitano ha firmato stamani alle 10:35 le tre lettere istituzionali che, affidate al segretario generale Donato Marra, comunicano il proprio passo indietro a Palazzo Chigi, Camera e Senato e - ora è ufficiale - si è formalmente dimesso da presidente della Repubblica.

Dunque, all'indomani della chiusura del semestre a guida italiana dell'Unione Europea, finisce il mandato presidenziale più lungo della storia della Repubblica. Nove anni intensi e assai tormentati.

Napolitano è stato il primo presidente della Repubblica ad aver svolto due mandati, eletto il 15 maggio 2006 e, in piena crisi politica, economica e istituzionale, il 20 aprile 2013. Il presidente della Repubblica, 89 anni, è il più anziano capo di stato d’Europa e il terzo del mondo, dopo il presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe e re Abdallah dell’Arabia Saudita.

 

Guardie d'onore schierate per il saluto di commiato e bandiera del Quirinale ammainata: ricevuti gli onori militari e lasciata la residenza istituzionale, il capo dello Stato torna a casa, nel rione Monti, assieme alla moglie Clio Bittoni. In un secondo momento, si recherà a Palazzo Giustiniani, dove prenderà possesso del suo nuovo studio da senatore a vita, nel quale da tempo ha già fatto trasferire i suoi libri e il materiale di studio.

Ovviamente, impazza il toto-nomi. Mario Draghi, tra gli altri. Anche se il presidente della Bce, già nei giorni scorsi, si è sfilato. Almeno a parole. Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, nel discorso di fine semestre a Strasburgo, salutando Napolitano dopo aver chiesto un applauso "per un grande europeista convinto", ha promesso che il successore sarà "un arbitro saggio" e "una personalità di grande livello". 

Le insidie, però, non mancano. L'elezione del Presidente della Repubblica, infatti, si intreccia con importanti riforme che "sono convinto - ha assicurato Renzi a Napolitano - riusciremo a fare prima di eleggere il successore". Non sarà facile. La riforma elettorale e quella costituzionale sono ancora in discussione in Parlamento: la prima al Senato, la seconda alla Camera. Ciò nonostante, Napolitano non indugerà oltre. E a Renzi ha chiesto espressamente di fare in modo che le sue dimissioni non blocchino né rallentino il processo.

Dunque, il Governo ha già studiato un cronoprogramma: le riforme dovranno essere approvate tra il 23 e il 26 gennaio. Solo allora, il 29 gennaio, verrà convocato il Parlamento in seduta comune con i grandi elettori, per la prima votazione. L'ipotesi è arrivare al 2 febbraio con il quarto scrutinio, quando servirà la maggioranza assoluta: sarà decisivo, va ripetendo Renzi da giorni. I numeri ci sarebbero, in efetti, le tensioni che dilaniano il Pd e le spaccature dentro Forza Italia, però, non lasciano presagire giornate facili.

Nel frattempo, sarà il Presidente del Senato Pietro Grasso ad eserciterare le funzioni di supplente assieme al segretario generale Donato Marra.

"L'augurio al Paese è che sia unito e sereno", ha detto Napolitano a Rai News 24. "Anche perché viviamo in un mondo molto difficile. Abbiamo visto nei giorni scorsi cosa è successo in un Paese vicino e amico come la Francia. Siamo molto incoraggiati dalla straordinaria manifestazione di Parigi però, insomma, sempre essendo attenti a stare in guardia e a non fare allarmismo, dobbiamo essere molto consapevoli della necessità, pur nella libertà di discussione politica e di dialettica parlamentare, della necessità di un Paese che sappia ritrovare, di fronte alle questioni decisive e nei momenti più critici, la sua fondamentale unità".

 

Come sarà eletto il successore?

Il presidente della Repubblica viene eletto dal parlamento in seduta comune, cioè da Camera e Senato riuniti. All’elezione partecipano inoltre i 58 delegati eletti dai consigli regionali (tre per ogni regione, a eccezione della Valle d’Aosta che ne ha uno solo).

Secondo la costituzione, i delegati regionali devono essere scelti in modo da assicurare la rappresentanza delle minoranze. È consuetudine quindi che i consigli regionali scelgano uno dei tre delegati tra le file dell’opposizione, mentre gli altri due sono scelti tra le cariche principali degli organi regionali: presidente della regione, vicepresidente della giunta, presidente del consiglio regionale o capogruppo del partito di maggioranza.

Se al completo, l’assemblea che elegge il presidente sarà composta da 1.008 persone: 630 deputati, 320 senatori (315 più i cinque senatori a vita Elena Cattaneo, Carlo Azeglio Ciampi, Mario Monti, Renzo Piano e Carlo Rubbia) e i 58 delegati regionali.

L’elezione avviene a scrutinio segreto: votano prima i senatori, poi i deputati e, per ultimi, i delegati regionali. Lo spoglio delle schede lo fa il presidente della camera, che legge ad alta voce i nomi dei candidati.

Per esseri eletti, nei primi tre scrutini serve la maggioranza dei due terzi (672 voti), mentre dalla quarta votazione in poi basta la maggioranza assoluta, cioè il 50% più uno (505 voti).

 

Ultima modifica il Mercoledì, 14 Gennaio 2015 12:31

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