Con 29 voti Roberto Fico del Movimento 5 Stelle è stato eletto presidente della commissione di Vigilanza Rai. Le schede bianche sono state 5: un voto è stato dato a Augusto Minzolini, uno a Mariastella Gelmini e uno alla Pd Paola De Micheli. Giorgio Lainati deputato del Pdl e Salvatore Margiotta senatore del Pd sono stati eletti, rispettivamente con 15 e 13 voti, vicepresidenti. Poco prima, il senatore leghista Giacomo Stucchi era stato eletto presidente del Copasir, alla conclusione della prima seduta del Comitato. Stucchi ha ottenuto sei voti. Vice presidente è il senatore Giuseppe Esposito (Pdl), mentre segretario è Felice Casson (Pd).
A completare il quadro è arrivata poi, nel primo pomeriggio, la nomina del senatore di Sel Dario Stefano a presidente della Giunta delle elezioni e delle immunità del Senato con Stefania Pezzopane vice presidente. "Ho il compito coordinare i lavori di questa Giunta, chiamata a decidere su tanti argomenti. Il presidente della Giunta non gioca a un videogame in cui preme un tasto e ne decide il funzionamento", ha spiegato Stefano rispondendo a chi gli chiedeva se verrà calendarizzata a breve la mozione sulla ineleggibilità di Silvio Berlusconi, annunciata dal Movimento Cinque Stelle che ha subito incalzato il neopresidente: "adesso vedremo se Stefano calendarizzerà l'ineleggibilità".
Dipende dalla presidenza calendarizzare i provvedimenti, non si inventino scuse”. Dunque, anche della senatrice Pezzopane.
Non è una questione irrilevante, anzi. I cittadini del M5S sanno benissimo che sulla questione si gioca il futuro del governo Letta. Non c’è dubbio, infatti, che se Berlusconi venisse giudicato ineleggibile il governo cadrebbe qualche minuto dopo. E non c’è dubbio che il voto contrario del Partito Democratico sarebbe difficile da giustificare agli occhi di elettori già traditi dal patto con il Popolo delle Libertà.
La richiesta dei “cittadini” si basa sui principi sanciti dalla legge numero 361 del 1957, sistematicamente violata dalla Giunta delle elezioni della Camera dei deputati negli ultimi vent'anni. Nel 1994 con la maggioranza di centro-destra e nel 1996 con quella di centro-sinistra. La legge dichiara, all’articolo 10 comma 1, che non sono eleggibili “coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere e di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economiche”. L’inciso “in proprio”, questo il parere della Giunta nel ’94 e nel ’96 con il voto congiunto dei due schieramenti, doveva intendersi “in nome proprio”, e non era quindi applicabile a Berlusconi, “atteso che questi non era titolare di concessioni televisive in nome proprio”.
Una interpretazione piuttosto bizzarra, se è vero quanto scritto dal presidente emerito della Corte Costituzionale, Ettore Gallo: “ciò che conta è la concreta effettiva presenza dell’interesse privato e personale nei rapporti con lo Stato”. In effetti, la Legge Mammì dell’agosto 1990 sulla disciplina del sistema radiotelevisivo, precisava che “qualora i concessionari privati siano costituiti in forma di società per azioni, la maggioranza delle azioni aventi diritto di voto e delle quote devono essere intestate a persone fisiche, o a società purché siano comunque individuabili le persone fisiche che detengono o controllano le azioni aventi diritto al voto”. Piuttosto chiaro, insomma.
Stavolta, a esprimersi è chiamata la Giunta del Senato e, a fare due conti, Silvio Berlusconi rischia davvero grosso. Il Pd, infatti, ha 8 membri: Felice Casson, Giuseppe Cucca, Isabella De Monte, Rosanna Filippin, Claudio Moscardelli, Doris Lo Moro, Giorgio Pagliari e la senatrice Stefania Pezzopane. Il Pdl ha 6 membri: Maria Alberti Casellati, Andrea Augello, Giacomo Caliendo, Nico D’Ascola, Carlo Giovanardi e Lucio Malan. Ci sono poi i quattro senatori del M5S, Maurizio Buccarella, Vito Crimi, Serenella Fucksia e Mario Giarrusso. Infine Dario Stefano di Sel, come detto presidente della Giunta, Raffaele Volpi della Lega Nord, Benedetto Della Vedova di Scelta Civica, Francesco Palermo del Gruppo per le Autonomie e Mario Ferrara di Grandi Autonomie e Libertà.
La scelta della presidenza della Giunta qualcosa l’ha detta. Come noto, spettava alle opposizioni. Se la sono giocata Dario Stefano, poi eletto, e il maroniano Volpi. La scelta del leghista avrebbe significato insabbiare la richiesta di ineleggibilità. Ora resta da capire se la presidenza Sel-Pd calendarizzerà il voto. Difficile da credersi. Il Pd, in questo momento, non ha alcun interesse a far cadere il governo. Sarebbe complicato, poi, spiegare i motivi di una scelta che il partito in passato non ha voluto compiere.
Sono in molti ad essere contrari: non solo gli uomini più vicini a Letta, anche Renzi e Civati non vorrebbero un voto contro l'ex premier. Il refrain è quello che sentiamo da anni: Berlusconi bisogna batterlo politicamente. E poi, tra qualche mese arriverà il giudizio in Cassazione del processo Mediaset che dovrebbe confermare l’interdizione per 5 anni dai pubblici uffici. Perché affrettare i tempi, con il rischio di un ribaltone di Governo?
Staremo a vedere. Una maggioranza contro Berlusconi ci sarebbe: otto senatori del Pd, quattro del M5S e uno di Sel. Tredici voti contro dieci (sei del Pdl, più i senatori di Lega, Scelta Civica, Gal e Autonomie). Scacco matto. Ci sarebbe, il condizionale è d’obbligo. Un ruolo determinante lo giocherà la senatrice Stefania Pezzopane. Cosa deciderà di fare?