La notizia è comparsa oggi sul quotidiano Il Centro. La Corte di giustizia europea, con una sentenza emanata lo scorso 20 giugno, ha giudicato illegittimi gli incarichi diretti che i comuni del Cratere hanno affidato ad alcune università italiane per la redazione dei piani di ricostruzione.
Il caso era stato sollevato davanti alla Corte Europea lo scorso anno dal Tar Abruzzo. Il consiglio nazionale degli ingegneri, infatti, aveva presentato ricorso al tribunale amministrativo regionale contro la decisione presa da due comuni del Cratere - nella fattispecie Castelvecchio Subequo e Barisciano - di assegnare l’incarico direttamente alle università di Pescara e di Camerino.
Era stato un decreto del Commissario delegato per la ricostruzione, il numero 3 del marzo 2010, a stabilire che i comuni danneggiati dal terremoto dovessero obbligatoriamente dotarsi di tale piano, finalizzato non solo a garantire la ricostruzione materiale degli edifici ma anche la riqualificazione urbanistica e la ripresa socioeconomica dell’abitato.
Una norma subito contestata da ingegneri e architetti ma anche da qualche comune, in primis quello dell’Aquila, che, su questo punto, ingaggiò con l’allora commissario Gianni Chiodi uno scontro al calor bianco. Secondo gli ordini dei progettisti, il decreto autorizzava, di fatto, una forma di concorrenza sleale a danno degli studi professionali. In ballo, del resto, venti milioni di euro di fondi pubblici stanziati per la redazione di tutti i piani.
In seguito all’emanazione del decreto del Commissario, date le complessità connesse alla progettazione di un piano di ricostruzione, molti piccoli comuni sprovvisti di personale e strutture adeguate ad assolvere a tale compito, avevano deciso di stipulare accordi e convenzioni con alcuni atenei, senza indire gare d’appalto. Una possibilità prevista, a determinate condizioni, dall’ordinamento italiano, secondo il quale un’amministrazione può stipulare accordi, anche a titolo oneroso, con altre amministrazioni pubbliche senza lo svolgimento di una procedura a evidenza pubblica.
Il Tar, tuttavia, aveva deciso di sospendere ogni decisione e aveva chiesto alla Corte di giustizia europea di verificare che la normativa italiana non cozzasse con le direttive europee, in particolare con la direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004 relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi. Con la sentenza del 20 giugno, la Corte ha ravvisato che anche se l’ordinamento italiano prevede che due enti pubblici, quali sono un Comune e un’università, possono sottoscrivere forme di cooperazione come quelle stipulate per i piani di ricostruzione, la normativa europea lo impedisce.
La sentenza è destinata, molto probabilmente, a mettere in discussione la programmazione degli interventi di ricostruzione dei borghi e dei paesi minori. Il Tar, infatti, non potrà non tener conto del pronunciamento della Corte e la lista dei comuni che, per i piani di ricostruzione, hanno deciso di affidarsi alle università è piuttosto lunga. I progettisti hanno il dente avvelenato. L’ordine degli ingegneri di Teramo ha già fatto partire una diffida indirizzata, tra gli altri, al presidente Chiodi e al titolare dell’ufficio speciale per la ricostruzione dei comuni del cratere Paolo Esposito, affinché vigilino per far rispettare la sentenza.