Domenica, 19 Maggio 2013 04:53

Le premesse di una retrocessione. L'Aquila Rugby e le sue scelte estive

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La retrocessione in serie A1 de L’Aquila Rugby 1936 pone diversi interrogativi a tutti gli appassionati, aquilani e non, della palla ovale. La ristrutturazione societaria messa in atto nella stagione 2012/2013 ha modificato sensibilmente gli equilibri interni della società sportiva che più ha rappresentato l’orgoglio aquilano nel post sisma. Nelle lacrime degli ex neroverdi campioni d’Italia presenti a Prato tutta l’amarezza di una città che non riesce a elaborare una retrocessione dal massimo campionato italiano di rugby.

Diverse sono le voci, tanto speranzose quanto irreali, che parlano di un eventuale ripescaggio in Eccellenza. La condizione per una fattispecie del genere sarebbe la cancellazione di chi, sul campo, è riuscito a guadagnare il diritto di disputare la stagione 2013/2014 nella massima serie della palla ovale. Per capirci, si vocifera di un’eventuale fusione tra Crociati (società in crisi ma con un parco giocatori di prospettiva) e Rugby Reggio, oppure di una debacle de I Cavalieri di Prato, che in caso di mancata vittoria di campionato dovrebbe implodere per mancanza di fondi. Tutte supposizioni, fantasticare è gratuito.

La realtà è che L’Aquila Rugby è retrocessa sul campo, contrariamente a quanto accaduto qualche anno fa con l’empasse Bocchini quando ai neroverdi vennero inflitti quattro punti di penalizzazione per aver schierato uno straniero di troppo. Sul campo, fino a prova contraria, vanno i giocatori, guidati da uno staff tecnico e messi sotto contratto dalla società. In questi giorni si sta consumando una vera e propria caccia grossa per individuare chi sono i colpevoli della Caporetto nero verde. Un’analisi decisamente limitata: se la stagione aquilana è stata disastrosa non è possibile assolversi additando un capro espiatorio, il fenomeno è complesso e riguarda tutto l’ambiente rugbyistico aquilano.  

Certo le premesse contano qualcosa, e per premesse si intendono l’individuazione dello staff tecnico, la composizione del collettivo/squadra e la selezione degli impianti da allenamento e da gioco. Partiamo proprio da questi ultimi. L’Aquila del post sisma (sì, ancora il sisma) non ha offerto e non offre attualmente un impianto sportivo adeguato alla categoria. L’Aquila Rugby 1936 si è allenata sul campo di Paganica, fino ad oggi unica vera risorsa del rugby aquilano: vera manna dal cielo per le società dilettantistiche del cratere e soluzione di estremo ripiego per i professionisti. Un prato verde speranza donato dalla Provincia di Trento che nel corso delle ultime tre stagioni è stato utilizzato da chiunque ne avesse bisogno. Disponibilità che rende onore ai paganichesi ma che contestualmente ha distrutto l’unica risorsa del rugby aquilano.

Lo staff tecnico è stato confermato dalla stagione precedente con l’eccezione di Akurangi, vera novità dell’ambiente a inizio stagione. Una novità di cui Umberto Lorenzetti avrebbe volentieri fatto a meno. L’ossatura della squadra era quella della stagione precedente, culminata con l’ennesima salvezza rimediata in extremis. Il bilancio a disposizione lo stesso dell’anno precedente, circa quattrocentomila euro: “il Presidente Marinelli mi disse che potevo spendere un po’ di più – dichiara il DG Placidi – ma ho deciso autonomamente di mantenermi su di un budget simile al precedente spendendo di meno, lasciando spazio alla nuova società per eventuali acquisti. Avevamo dunque circa quattrocentomila euro per comporre la rosa, più della metà dei quali sono stati frutto del lavoro di Molina”. Questo il fondo a disposizione di Lorenzetti, che dichiara: “ho scelto i giocatori in base alla documentazione fornita dalla società. Per gli italiani non c’era nessun problema, ma per la selezione degli stranieri avevo bisogno della documentazione video che la società mi forniva. Sono scelte che rifarei: Cocagi è stato ingaggiato da una delle più importanti società francesi, Turner farà parte di una selezione australiana per dei test match. Robinson effettivamente avrebbe potuto dare di più, ma resta il nostro miglior realizzatore”.

Il tecnico aquilano ricorda con lucidità quei momenti e spiega le scelte fatte in fase di campagna acquisti: “avevamo bisogno di un ulteriore giocatore, una seconda/terza linea che fungesse da ball carrier. Sono convinto tuttora che il collettivo fosse da media classifica, ma i numerosi infortuni in prima fascia e la gestione frenetica di alcune partite hanno fortemente penalizzato l’andamento del campionato”. Il posto vagante lasciato per il ball carrier voluto dal Lorenzetti non è stato riempito a gennaio: “sono stato Direttore Tecnico della squadra fino alla partita con le Fiamme Oro, poi è subentrato Kay e io mi sono messo a disposizione serenamente e onestamente per il rispetto dei ragazzi. Non ho idea del perché non sia stato comprato un giocatore con le caratteristiche indicate”.

A Marco Molina, responsabile marketing e comunicazione, è stato affidato da Placidi il compito di fare da raccordo tra Umberto Lorenzetti, la società e i procuratori per la firma dei contratti. Lo stesso DG in quel periodo aveva altri impegni societari: ”i bilanci sono stati ripianati il 24 luglio e c’era la possibilità di reperire nuovi soci. Ero impegnato e non potevo contattare i procuratori, ho chiesto a Marco di farlo. Il meccanismo era il seguente, Umberto chiedeva giocatori con determinate caratteristiche e noi contattavamo i procuratori, che ci fornivano i filmati da far visionare a Umberto, che li sceglieva”. L’eccezione a questo meccanismo è rappresentata da Palmisano e Cecchetti, che Placidi afferma di aver voluto personalmente in rosa. Il meccanismo si è interrotto il giorno dopo le dimissioni di Lorenzetti, rispedite poi al mittente. Il nuovo cda da metà novembre ha sollevato Placidi e Molina, stando a quanto afferma il DG, dall’incombenza della campagna di gennaio: “Andy Kay (subentrato a Lorenzetti, ndr) si interfacciava con Cavallo e Mascioletti, io non ho idea di chi si occupasse della situazione”. Anche nella finestra di gennaio c’è un eccezione allo schema indicato da Placidi, che ha deciso di bypassare i soci acquistando Bordonaro e Cafaro: “mi chiamò il procuratore proponendomeli, Andy e Umberto mi dissero che mancavano i piloni, quindi li ho presi”. Tutto questo mentre sfumava l’arrivo di Staibano in nero verde. I nuovi soci e consiglieri hanno individuato in Marco Molina il responsabile dell’andamento negativo della società. Nel periodo di gennaio, in particolare, Molina comunica alla società di essere disposto a farsi da parte, ma il suo appello cade nel vuoto.

 

Molina perché tutti ce l’hanno con lei?

“Non è vero che tutti ce l’hanno con me. C’è qualcuno che si è risentito perché non è salito su di un palco, qualcuno che si è arrabbiato perché non ha fatto una presentazione. Altri evidentemente non hanno gradito delle scelte che sono state fatte. Scelte fatte per L’Aquila e mai contro le persone, dato che sono in grado di distinguere il lavoro dai rapporti personali”.

La scorsa estate Marco Molina è stato anche direttore tecnico?

“Non sono mai stato direttore tecnico, il mio ruolo era quello di coordinare il lavoro dello staff tecnico con quello del DG Placidi. Mi spiego. Placidi era impegnato nella gestione societaria e mi ha chiesto di poter fare da tramite tra i procuratori e Lorenzetti per poter agevolare il lavoro di quest’ultimo. Ai procuratori venivano richiesti dei giocatori in base ai profili individuati e tutto il materiale video era girato a Umberto. Non solo. Arrivavano di continuo richieste di procuratori e giocatori che volevano venire a L’Aquila. Raccogliere queste informazioni e fornirle a Lorenzetti era il mio compito. Un altro mio compito era quello di supportare lo staff per tutte le esigenze del caso per facilitare il loro lavoro. Da qui a dire che sono stato il DT ce ne passa”.

Chi ha costituito la squadra?

“L’ossatura era quella della scorsa stagione, alla quale si sono aggiunte delle posizioni individuate dallo staff tecnico, ricercate nel mercato italiano ed estero. Le trattative per i giocatori richiesti sono andate quasi tutte a buon fine, con l’eccezione della seconda linea Grimaldi, dell’apertura Wakarua e del mediano di mischia Daupi”. 

Lorenzetti avrebbe dichiarato che non aveva gradito la scelta di Akurangi.

“Corrisponde assolutamente alla realtà. Akurangi è arrivato a L’Aquila perché suggerito da persone competenti. Umberto avrebbe preferito un allenatore non disponibile a tempo pieno, tuttavia ha cercato immediatamente la collaborazione col neozelandese, dimostrando apertura mentale”.

Questa la ricostruzione dell’allestimento della rosa per la stagione appena terminata, secondo le testimonianze degli intervistati. Secondo Lorenzetti si tratta di una rosa competitiva, da media classifica, ma i risultati sono stati ben altri. L’elevato numero di infortuni ha certamente condizionato l’andamento del campionato, ma gli infortuni non sono sempre frutto di casualità. Spesso sono la causa di un impianto inadeguato o di un lavoro di reparto eccessivo. Certo è che nei ruoli chiave questa rosa è stata deficitaria, e solo il sacrificio di chi è sceso in campo ha messo in discussione la retrocessione fino all’ultimo minuto. L’ambiente durante la stagione non è stato tenero con la squadra, e le pressioni sui giocatori e sullo staff tecnico sono state fin troppo pesanti rispetto al valore del campionato e all’afflusso di gente al Tommaso Fattori. Probabilmente il tessuto economico aquilano non riesce a mantenere una società di rugby nel professionismo e si potrebbero fare ben altre scelte per mantenere una squadra nell’alto livello.

Ultima modifica il Domenica, 19 Maggio 2013 14:16

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