Martedì, 22 Ottobre 2013 20:41

Altro che 'New journalism': le origini del cattivo giornalismo

di 

A volte il giornalismo deve smettere per un secondo di guardarsi intorno e puntare i riflettori su se stesso. E allora diventa inevitabile chiedersi: è nato prima il cattivo giornalismo o la mancanza di etica?

Per rispondere a questa domanda siamo partiti da una storia. Una storia vera, raccontata ieri nel Dipartimento di Scienze Umane dell'Univaq da Thomas Simpson, docente di italiano della Northwestern University di Chicago (USA).

Questa storia ruota attorno ad un processo per omicidio che coinvolge una giovane donna (Raffaella Saraceni) accusata di aver mandato l’amante (Pietro Cardinali) ad uccidere il marito, Giovanni Fadda, e di un’altra accusata, Antonietta Carrozza, che funge da messaggera tra i due. Movente del delitto l’impossibilità del marito di dare figli alla moglie. I giornalisti, consapevoli del crescente gusto popolare per la cronaca nera - soprattutto se venata da quella rosa - “battono il tamburo su questo caso”, come sottolinea il professor Simpson, fino a renderlo un vero e proprio caso nazionale: "Da nord a sud non c’è donna che non sappia tutti i dettagli e che non abbia una propria idea sulla colpevolezza o meno della giovane donna”, afferma lo statunitense. Infatti, un giorno e mezzo dopo l’omicidio, Raffaella Saraceni viene arrestata e ad accoglierla a Roma, dove si terrà il processo, c’è già una gran folla di curiosi e cronisti.

Il Corriere della Sera, che segue l’evento da vicino insieme a Il Messaggero, scrive che le donne fanno di tutto per poter assistere al processo ed effettivamente quel giorno il tribunale assume le sembianze di un teatro, con tanto di spettatori. Raffaella viene condannata all’ergastolo e Pietro a trent’anni mentre la povera “messaggera”, riconosciuta come totalmente assoggettata da Cardinali, viene rilasciata dopo un anno di carcere.

Fin qui si potrà pensare che non si è parlato di nulla di nuovo se non di un caso come un altro di spettacolarizzazione mediatica ma il vero, e non trascurabile dettaglio, è che i fatti narrati dal professor Simpson risalgono al 1878 e si parla di quello che è passato alla storia come il "processo Fadda”. Il quotidiano Il Messaggero nacque proprio quell’anno, con l’intento di eseguire un’inversione di rotta rispetto a quello che era stato fino a quel momento un giornalismo di partito o di qualche potente (anche questo non suona nuovo) e diventare una sorta di raccolta dei migliori articoli degli altri quotidiani. Successivamente, però, il giornale prese un’altra strada, ripresa senza indugi da altri telegiornali e periodici: quella dello sfruttamento mediatico delle tragedie. Si era proceduto allora ad inserire nei giornali immagini e descrizioni stereotipate, al tempo rarissime, dei protagonisti della vicenda e addirittura raffigurazioni dei giornalisti che seguivano il caso, come a voler evidenziare che il giornalismo stava “puntando i piedi” in un campo verso cui forse, fino a quel momento, si erano addentrate solo le maldicenze popolari.

amanda knoxE' proprio nel 1879 (l'anno in cui si svolse il processo) che possiamo identificare un primo punto di incontro reale e tangibile tra cattivo giornalismo e mancanza di etica. I parallelismi con casi di cronaca attuale, anche solo quelli dell'ultimo decennio, sono infiniti. Basti pensare al fatto che ad Antonietta Carrozza, di professione circense, tre giorni dopo il rilascio venne offerto un posto nel più grande circo di Roma, dove venne accolta con affetto dal pubblico, in particolare dalle donne. Allo stesso modo, Amanda Knox (foto a sinistra), accusata nel 2007 dell’omicidio di Meredith Kercher e ritenuta successivamente innocente, poco dopo il suo rientro in patria è stata contattata per scrivere un libro, Waiting to be Heard, che le ha fruttato 4 milioni di dollari, senza contare il film del 2011 trasmesso da una tv statunitense e le innumerevoli presenze in trasmissioni televisive.

Del resto, lo spiccato interesse per il “processo Fadda” che tanto scandalizzò persino Giosuè Carducci (a riguardo scrisse la poesia A proposito del processo Fadda) è riscontrabile ancora oggi per eventi simili. La cronaca nera ha la meglio sulla politica nazionale o estera, semplicemente perché più ‘romanzabile’: se così non fosse, non vi sarebbero in trasmissioni televisive o in molti settimanali interi speciali in cui si scava senza alcun pudore nella vita della vittima di turno. A destare l’attenzione degli spettatori e dei lettori sono storie d’amore finite rigorosamente in tragedia, drammi familiari e adulteri e, se le vicende coinvolgono anche gioventù e bellezza, il risultato è garantito.

Se credevamo che con l’urbanizzazione e l’abbandono delle piazze, la curiosità morbosa sulle vite altrui fosse stata sostituita con finte storie di reality, dobbiamo forse ricrederci. La realtà è sempre di gran lunga più interessante. Non dimentichiamo Alfredo Rampi: il bambino che nel 1981, dopo essere caduto in un pozzo, fu seguito da milioni di persone sulla Rai, a rete unificate, per 18 ore no-stop, fino alla sua morte. In quel caso, il Tribunale civile di Roma si pronunciò affinché non uscissero alcune sequenze che raffiguravano tragici momenti. Ci sono poi casi in cui le carenze deontologiche non vengono affatto limitate e per accorgercene non serve andare troppo lontano. Tutta l’Italia ne ha avuta la prova nei giorni successivi al terremoto aquilano del 6 aprile 2009, e ne ha la testimonianza in ogni anniversario, nel quale tornano a fare capolino telecamere per raccontare unicamente l’aspetto tragico dell’evento con pochi e insufficienti cenni ai problemi che oggi la città vive.

Ancora più recente è il cosiddetto “Processo Grandi Rischi”, in cui i media nazionali hanno di fatto distorto l’esito di una sentenza, ribattezzandolo “processo alla scienza” chiamando in causa persino Galileo Galilei. La motivazione di un errore così grossolano potrebbe essere, oltre a voler rendere la notizia più appetibile, il voler delineare una morale. Come nel “processo Fadda” i giornali vollero essere alfieri di una nuova civiltà (poco dopo la nascita dell'Italia unita), allo stesso modo i giornalisti moderni “puntano il dito verso i nuovi mostri”, siano essi giudici o assassini.

Se, come fa notare Simpson, riti di questo tipo sono serviti ad unire i nostri avi intorno a un nemico comune, arriverà mai il giorno in cui gli italiani si stringeranno intorno a cause più nobili? E soprattutto, i giornalisti coglieranno questo cambiamento o continueranno a orientarsi solo verso ciò che 'fa notizia'?

Ultima modifica il Mercoledì, 23 Ottobre 2013 12:53
Chiudi