Martedì, 12 Marzo 2013 23:20

Lo scippo dei fondi destinati alle donne: la denuncia di ActionAid

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“A quasi quattro anni dal terremoto, i fondi previsti per il ripristino delle attività dell’unico centro antiviolenza presente nel cratere prima del sisma non sono ancora stati stanziati. Si tratta di uno scippo perpetrato ai danni di donne che stanno lottando per riprendersi i propri spazi e per ricostruire lo strato sociale di un territorio che ha già subito un dramma enorme. Queste donne non possono né essere prese in giro, né essere abbandonate”.

E' la denuncia di Marco De Ponte, Segretario generale di ActionAid che, in occasione della festa della donna, ha presentato il rapporto "Un euro per i tuoi pensieri. Dove sono finiti i soldi per le donne de L'Aquila?", in cui si ricostruisce la storia dei 3 milioni di euro stanziati con decreto legge n°39 del 2009. Fondi mai erogati. Che fine hanno fatto?

 

La storia di un decreto controverso

Il problema è interpretativo. A leggere il decreto 39 del 2009, era difficile capire a chi fossero destinati i fondi: l’articolo 10, al comma 5, prevedeva infatti che per “favorire la ripresa delle attività dei centri di accoglienza, di ascolto e di aiuto delle donne e delle madri in situazioni di difficoltà, ivi comprese quelle derivanti dagli effetti degli eventi sismici, era autorizzata la spesa di 3 milioni di euro, per l’anno 2009, a sostegno degli oneri di ricostruzione o di restauro di immobili a tale scopo destinati”. Ci si riferiva genericamente a centri di accoglienza, ascolto e aiuto per donne e madri in difficoltà.

L’anno seguente, all’interno del "Piano Nazionale contro la violenza e lo stalking", approvato dal Governo nell’ottobre 2010, la questione viene chiarita: per i “Centri antiviolenza e servizi di assistenza, sostegno, protezione e reinserimento delle vittime”, prevede “il sostegno ai Comuni interessati da eventi sismici per la ripresa delle attività, la ricostruzione e il restauro degli immobili adibiti a fornire aiuto alle donne dell’Abruzzo”.

E’ chiaro che i beneficiari dei fondi siano i centri antiviolenza. Risorse assolutamente sufficienti a permettere di riavviare i servizi operativi prima del terremoto e, dunque, a raggiungere l’obiettivo inserito nel decreto 39, vale a dire quello di ricostruire e assicurare il ripristino delle attività preesistenti al terremoto dei centri antiviolenza. Se solo fossero stati erogati.

 

Vige lo stato di emergenza: i fondi prendono altre strade

L’8 novembre 2011 viene emanata l’ordinanza 3978 del Presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi: l’articolo 10 dirotta metà dei 3 milioni di euro “alla diocesi de L’Aquila e alle altre diocesi abruzzesi” mentre l’altra metà viene affidata alla consigliera di parità della Regione Abruzzo, Letizia Marinelli, che propone la realizzazione di una casa-rifugio per donne vittime di violenza e di un centro poliedrico per “persone che vivono in condizioni di disagio”. Progetti mai realizzati.

L’ordinanza fa riferimento specifico alla destinazione dei fondi per la ripresa delle attività di sostegno alle donne e madri in difficoltà, “con particolare riguardo alle situazioni di oppressione, violenza e discriminazione lesive della condizione femminile e in contrasto con i diritti umani fondamentali". Si esplicita che il Commissario delegato “provvede alla ristrutturazione di edifici colpiti dal sisma già utilizzati quali centri antiviolenza e di lotta all’emarginazione, nonché per la realizzazione di nuove strutture”. Il dossier di ActionAid sottolinea come il decreto 39 non prevedesse affatto la costruzione di nuovi edifici. Inoltre, si legge nel lavoro dell'organizzazione, la lotta all’emarginazione è sicuramente un obiettivo che governo e istituzioni locali devono prefissarsi nel quadro della ricostruzione, mettendo però a disposizione altre risorse, senza sottrarne a quelle destinate ai centri e servizi antiviolenza. 

Non solo. L'ordinanza stabilisce che “agli oneri derivanti dall’attuazione del presente articolo, pari a 3 milioni di euro, si provvede a valere sulle risorse di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 39 del 2009, che verranno trasferite sulla contabilità speciale del Commissario delegato”, da cui si deduce che le risorse non sono ancora state trasferite dal Governo al Commissario delegato per la ricostruzione. In effetti, al mese di marzo 2012, i fondi non risultavano ancora trasferiti dal Governo al Commissario delegato per la ricostruzione, il presidente della Regione Abruzzo Gianni Chiodi.

 

L’intervento del Commissario

Qualche mese dopo, il 14 agosto 2012, il presidente della Regione, nel rispetto dell’ordinanza governativa, emana il decreto n. 134 per versare i fondi all’Arcidiocesi de L’Aquila: in ballo c'è il progetto Samaria per la realizzazione di un centro antiviolenza e di aggregazione. L’azione del Presidente della Regione Abruzzo risponde a un’ordinanza governativa, in ragione della carica di Commissario delegato: un esempio evidente, sostiene a ragione ActionAid, della opacità delle responsabilità nelle determinazioni relative alla ricostruzione, in presenza di un Commissario che attua provvedimenti di carattere specifico emessi dal Governo.

La Corte dei conti, il 17 settembre 2012, blocca l’assegnazione dei fondi all’Arcidiocesi poiché il progetto Samaria prevede l’acquisto di un immobile situato a L’Aquila e il completamento di un immobile a Pescara - quindi fuori cratere - di proprietà della fondazione Abruzzo-Pescara. La spesa prevista per l’acquisto e il completamento di immobili è di circa 956mila euro, su un totale di 1,5 milioni di euro stanziati. Secondo la Corte dei Conti non solo questi costi ridurrebbero drasticamente le risorse destinate all’erogazione dei servizi, ma “l’acquisizione di un immobile di proprietà, ovvero la realizzazione di consistenti interventi di ristrutturazione, non può ritenersi coerente con la ratio sottesa al finanziamento pubblico”. Il decreto viene bocciato. Sei mesi dopo, i finanziamenti sono ancora in attesa di essere allocati.

 

Le reazioni dei movimenti e del mondo politico

Oltre alle osservazioni della Corte dei Conti, vi sono state altre reazioni all’ordinanza 3978/2011 e, di conseguenza, al decreto regionale 134/2012, sollevate da associazioni e movimenti di donne aquilane e dal mondo politico. Sono state numerose, in effetti, le richieste di chiarezza portate avanti a livello locale e nazionale: dalla mobilitazione del Comitato Terre-Mutate, movimento fondato da donne aquilane e promosso da diverse realtà attive sul territorio, incluso il Centro antiviolenza de L’Aquila, ai comunicati stampa dell’Assessora alla cultura e alle politiche sociali del Comune de L’Aquila, Stefania Pezzopane, dall’interrogazione in parlamento dell’On. Vittoria D’Incecco, alle richieste pubbliche avanzate dalla CGIL de L’Aquila. Istanze che non hanno fatto chiarezza sul destino dei fondi destinati alle donne: il Governo non ha ancora risposto all’interrogazione parlamentare. 

centriantiviolenzaabruzzoLa cartina mostra i servizi e i centri antiviolenza presenti in Abruzzo, secondo le informazioni disponibili sul portale "Rete nazionale contro la violenza e servizio 1522": è abbastanza chiaro che esiste un solo centro antiviolenza nel cratere aquilano, il Centro Antiviolenza Biblioteca delle Donne Melusine de L’Aquila. Allo stato attuale, quindi, non sono previsti stanziamenti a favore dell’unico referente dell’area del cratere per il numero di emergenza 1522, servizio governativo di ascolto e supporto alle donne che subiscono violenza.

 

 

I centri antiviolenza

I centri antiviolenza, nati in seno al movimento femminista degli anni '70, sono luoghi di protezione ma anche di costruzione di nuove vite: la possibilità per le donne di sottrarsi alla violenza domestica e vivere in luoghi gestiti da sole donne è di per sé un atto politico a favore dell’autodeterminazione femminile e crea spazi che si sottraggono a squilibri di potere nelle relazioni tra donne e uomini.

La decisione del Governo e della Regione di attribuire fondi all’Arcidiocesi, di fatto, ha privato i centri antiviolenza già presenti sul territorio delle risorse necessarie per la ricostruzione e il riavvio delle attività così come previsto dal decreto 39/2009. L’ordinanza del Governo e il decreto regionale non tengono in alcun conto le strutture esistenti nell’area del cratere, riconosciute all’interno del suo stesso database come centri e servizi antiviolenza. Scelte che non fanno altro che peggiorare una situazione già difficile, con i violenti tagli ai servizi sociali decisi dal governo dei tecnici, come ha raccontato Alessandro Tettamanti nel pezzo pubblicato ieri su NewsTown. Sono sempre di più le strutture a rischio chiusura, come ha dichiarato l’Associazione DI.RE., Donne in rete contro la violenza, che raggruppa circa 60 centri antiviolenza in tutt’Italia.

ilpercorsodeifondiI fondi per la ricostruzione previsti dal decreto 39/2009, se in principio dovevano dunque servire alla ripresa di attività in essere, di fatto per i ritardi nell’erogazione e impropri tentativi di attribuzione, rischiano di essere un ulteriore ostacolo alla ripresa e sostenibilità di servizi a favore della collettività.

Il centro antiviolenza de L’Aquila esiste dal 2007 ed è parte della rete DI.RE. Il prezioso lavoro di ActionAid dimostra che le operatrici del centro, nel contesto del post-terremoto, hanno dovuto affrontare nuove sfide legate, in primo luogo, all’assenza di strutture transitorie o residenziali per donne vittime di violenza che avevano esigenza di allontanarsi dal proprio domicilio. Le operatrici hanno, inoltre, dovuto sostenere con fondi propri le spese per l’affitto di alloggi temporanei per le donne che si sono rivolte al centro. Per il riavvio delle attività nella fase immediatamente successiva al terremoto, e nella fase seguente per il potenziamento delle attività, hanno potuto contare solo su fondi messi a disposizione da associazioni e donazioni private; anche nel 2012 il centro ha continuato ad operare senza risorse, contando sul lavoro volontario delle operatrici. E dei tre milioni di euro stanziati nel 2009 non c’è traccia.

 

L’Aquila: un tessuto sociale debole

L’Aquila è una città dal tessuto sociale profondamente debole. Non è un caso che ci sia stato un aumento dei casi di violenza sulle donne tra il 2009 e il 2010, come raccontano nel dossier le operatrici del centro antiviolenza. Che non devono affrontare solo difficoltà economiche: ricorderete le minacce, vigliacche, all’avvocata Simona Giannangeli, parte civile nel processo al militare Francesco Tuccia, condannato a 8 anni di reclusione per violenza sessuale. Minacce arrivate per il suo ruolo di legale del centro antiviolenza, per il suo impegno nella difesa dei diritti delle donne, che hanno avuto un ruolo politico di rilievo nel post-terremoto.  Un patrimonio importante per tutta la città. 

 

Le richieste delle donne aquilane

Il progetto di una Casa delle Donne, a L’Aquila, nato già prima del terremoto, ha oggi maggiori ragioni di esistere e di essere attuato. Loretta Del Papa, membro del Comitato Terre-Mutate e segretaria generale dello Spi CGIL provinciale L’Aquila, ne spiega il perché in un numero di Leggendaria, pubblicato nel marzo 2012: “Siamo ostinatamente convinte della necessità a L’Aquila di un Casa delle Donne che sia uno spazio sociale e culturale in cui accogliere le donne vittime di violenza e luogo d’incontro per ritessere relazioni, di ricerca, di servizio aperto alle donne di ogni provenienza, appartenenza religiosa, politica, sociale. Ostinatamente convinte che deve essere nel centro storico perché esso potrà vivere di nuovo solo se si tornerà a progettarlo ad abitarlo ridisegnandolo anche a misura di donna”. Un luogo politico che raccolga l’esigenza di restituire un centro antiviolenza alla città e che porti con sé la rivendicazione dei finanziamenti previsti dal decreto 39/2009.

L’obiettivo è quindi quello di dare spazio alle donne e al valore aggiunto che possono apportare alla ricostruzione, nella convinzione che questo abbia ricadute positive su tutto il territorio e, in termini di accountability, anche sull’azione istituzionale.

 

Fonte: ActionAid. Se volete leggere il report completo, potete scaricarlo cliccando qui.

Ultima modifica il Mercoledì, 13 Marzo 2013 12:12

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