I dibattiti intorno al potere della musica e all’effetto che quest’arte ha sull’animo umano hanno avuto nei secoli lo stesso interesse che veniva rivolto all’aspetto teorico.
L’aspetto emotivo era già presente nella riflessione della teoria musicale greca trasmessa al medioevo soprattutto attraverso Boezio, il quale aveva sviluppato un articolato pensiero sugli effetti emozionali della musica che verrà in seguito codificato con la teoria degli affetti. Questa teoria era presente già nel pensiero del pitagorico Damone di Atene nel V secolo a.C., e venne sistematizzata da Platone e da Aristotele. «La teoria musicale degli affetti […] funse da base per le teorie etiche musicali», tanto che nel 1558 Giovanni Zarlino, nel suo trattato Istituzioni armoniche, indicherà esplicitamente che lo scopo della musica è «commuovere» l’anima.
Francesco Petrarca si inserisce in questo discorso sia attraverso i suoi interessi e le sue amicizie musicali sia perché la sua opera avrebbe ridato vita alla cultura classica; infatti, ponendo la sua attenzione alle opere di Cicerone quali modello di retorica, pose le basi per lo sviluppo del pensiero umanistico in Italia da cui si sviluppò l’intento di coniugare le regole della retorica con la musica di Josquin Desprès (1450 – 1521 ca.) e Heinrich Isaac (1450 – 1571).
Gli studi condotti hanno infatti approfonditamente analizzato i suoi epistolari che testimoniano la sua frequentazione con musicisti, e hanno inoltre diffusamente valutato le cronache e le biografie trecentesche che ci tramandano come Francesco Petrarca fosse dotato di una bella voce e di una appropriata preparazione musicale. Boccaccio testimonia nel De vita et moribus domini Francisci Petrarchae de Florentia la perizia del poeta nel cantare “…In ambito musicale poi, cioè quanto a suonatori e canti, e non solo di uomini ma anche di uccelli, si diletta a tal punto che egli stesso si distingue e si è distinto in ambedue…”.
Nelle Familiaris Petrarca si sofferma sugli effetti prodotti dalla musica sull’animo umano e scrive: canti e flauti e armonia di strumenti a corda, da cui son solito esser rapito fuor di me stesso, dove sono? Inoltre nell’opera De remediis utriusque fortunae Petrarca, nei capitoli XXIII e XIV, esamina ancora con più attenzione gli esiti che l’ascolto e la pratica musicale possono suscitare. Il De remediis è un trattato morale in due libri al quale iniziò a lavorare tra il 1353 e il 1361, mentre era ospite presso il castello di Pavia costruito da Galeazzo II (1320 ca. – 1378); il primo consta di 122 capitoli mentre il secondo di 132 e ciascuno è introdotto da una prefazione.
Ogni capitolo consiste in un dialogo fra la Ragione da una parte, la Gioia e la Speranza (nel libro I) o il Dolore e il Timore (nel libro II) dall'altra e tratta un aspetto specifico della vita quotidiana. L'andamento di ogni dialogo è fisso: la Ragione interviene a equilibrare con i suoi argomenti gli eccessi ottimistici o pessimistici ai quali l'anima è spinta dalle quattro passioni (codificate dal pensiero stoico), che ripetono ostinatamente un unico concetto dall'inizio alla fine. Attraverso il XXIII ed il XXIV dialogo, che si svolgono tra Gaudium e Ratio, Petrarca mette in evidenza aspetti pratici e i risvolti psicologici che l’attività musicale produce. Nel XXIII dialogo il Gaudium infatti rispondendo alla Ratio afferma che: Sono dilettato dal canto e dalla lira …Sono accarezzato dai canti e dai suoni,…Sono sedotto dalla soavità della musica,…Godo e mi esalto con il canto, …Canto dolcemente…Mi diletto con il canto e con il flauto, …Mi commuovo con il canto…Mi piace cantare…Sono trattenuto con diletto dai soavi modi delle voci.
Queste sentenze esprimono soprattutto il piacere che l’ascolto della musica, che può essere vocale, ma anche strumentale, produce su chi ascolta, ma evidenziano anche il piacere di essere i protagonisti in prima persona della produzione musicale. Infatti il canto può essere accompagnato da strumenti a corde ma anche a fiato, può essere polifonico ma più di tutto suscita commozione. Nel XXIV dialogo emergono soprattutto le qualità e gli effetti della musica che sono prodotti maggiormente nell’animo di chi è il soggetto della pratica coreutica al suono della musica. Le sentenze dichiarate dal Gaudium esprimono questa partecipazione: Godo con le danze corali,…Partecipo bramosamente alle danze corali, …Colgo una certa dolcezza dalle danze corali, …Mi diletto con le danze corali, …Dilettevoli sono le danze corali…Mi esercito volentieri ad un decoroso tripudio. La Ragione però in conclusione, dopo aver distinto tra i vari effetti che la musica può suscitare nell’animo umano, dichiara quale musica migliore quella che conduce alla vita «divota e santa».