Due percorsi fotografici, per differenti motivi, mi sono rimasti negli occhi dai giorni trascorsi all’insegna dell’anniversario dei cinque anni dal 6 aprile 2009. Quello di Paolo Porto “Pressoché Ignuda” e quello allestito su iniziativa del Comitato 3e32 “L’Aquila [sur]reale, precarietà e spopolamento dietro i riflettori” con gli scatti di Danilo Balducci, Daniela Bacchetta, Luca Benedetti, Rino Bianchi, Luca Bucci, Simonetta Caruso, Sara Ciambotti, Marco D'Antonio, Francesco Giacchini, Andrea Mancini, Giovanni Max Mangione, Daniele Masciovecchio, Dario Orlandi e Claudia Pajewski.
Entrambi i progetti raccontano la città dell’Aquila. Il lavoro di Porto [a sinistra uno degli scatti: Melissa Lohman, Piazza San Pietro] è un corpus organico di un unico autore che ha deciso di trasfigurare alcuni luoghi colpiti dalla distruzione del terremoto associandoli a figure umane nude o “abbigliate” con brandelli di cellophane, reti, carte da parati. Corpi che non riescono a staccarsi dalle strutture di palazzi, strade e cortili, avvinghiati, impigliati, accovacciati, ritorti tra edifici in rovina. Esseri umani la cui plasticità fisica ha a che fare con gli Dèi, degli Dèi però ormai precipitati giù dal loro Olimpo, come se Dafne, Apollo, Zeus fossero stati costretti ad assumere pose goffe o grottesche da un evento che ha sconquassato le loro vite. Ma le tracce della loro “deità” restano in quei corpi che ancora non si rassegnano al disfacimento che procede più lentamente su di loro rispetto alla città che li circonda.
Ed è qui che si può trovare un punto di congiunzione con “L’Aquila [sur]reale, precarietà e spopolamento dietro i riflettori”, proprio in questo fissare lo sgretolamento di un tessuto urbano che sfibra gradualmente, impercettibilmente, anche quello umano. I soggetti rappresentati e la forma in cui questi sono stati offerti al pubblico nella mostra “L’Aquila [sur]reale” fa sì che ci troviamo di fronte a delle fotografie “aggrappate” ai muri di cantiere e alle vetrine dell’Aquila, con lo scotch e con la passione. In questo caso non sono i corpi, fotografati di Paolo Porto, a cercare di penetrare tra le mura della città, ma immagini “significanti” che cercano uno spazio tra le tante “insignificanti” che hanno raccontato L’Aquila, facendo emergere visioni desolanti, disturbanti talvolta o struggenti, rappresentazioni di quei mostri nel cuore e nella mente che spesso si preferisce non mostrare.
Entrambi i percorsi cercano con pervicacia di re-impadronirsi di qualcosa di inafferrabile e, paradossalmente, lo fanno con lo strumento effimero della fotografia, soprattutto se pensiamo che la mostra “L’Aquila [sur]reale” sarà presto consumata dagli eventi atmosferici e “Pressoché Ignuda” cerca un modo per essere allestita dal vero e non solo on line.
*Il titolo dell'articolo rende omaggio ad un altro progetto artistico nato nella città dell'Aquila a cura di Licia Galizia: "Polvere negli occhi, nel cuore sogni"