Ombrina, l'attesa controffensiva dei 'petrolieri' è arrivata.
La società inglese Rockhopper Italia, infatti, titolare del permesso di ricerca nell’area di mare di 271.25 km quadrati al largo della costa abruzzese, ha presentato il 30 dicembre scorso un ricorso al Tar del Lazio avverso il Ministero dello Sviluppo economico per non aver ancora rilasciato la concessione di coltivazione del giacimento Ombrina mare, "in violazione di tutti i termini di legge per il procedimento di conferimento della concessione di coltivazione di idrocarburi", si legge nel ricorso, e per essere "in contrasto con il fondamentale principio del buon andamento della l’azione amministrativa".
In altre parole, la società inglese accusa il Ministero di perdere tempo, "nonostante abbia tutti gli elementi necessari per concludere il procedimento". Per la Rockhopper, il motivo di questa "condotta omissiva, può forse spiegarsi - ma non certo giustificarsi - alla luce del noto dibattito in corso presso l’opinione pubblica" in materia di trivelle a mare, "nonché di varie iniziative legislative suscettibili di incidere profondamente sulle attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi in mare".
Un comportamento doppiamente inspiegabile - incalza la società petrolifera - perché "il dibattito in corso e la mutevolezza del quadro normativo dovrebbero semmai indurre la pubblica amministrazione ad accelerare piuttosto che ritardare la conclusione del procedimento". Il Mise - stando ai legali del colosso inglese - "avrebbe dovuto (e tutt’ora deve senza ulteriore indugio) emettere il decreto di conferimento della concessione di coltivazione alla società" prima dell'approvazione della Legge di stabilità che, di fatto, vieta le trivellazioni a meno di 12 miglia marine dalle coste. Per questo, la società chiede, nel ricorso presentato a fine dicembre, che, "in caso di ulteriore inerzia", venga nominato un commissario ad acta.
Una mossa attesa dal Coordinamento No Ombrina che, anzi, sottolinea come la decisione della società inglese, "ampiamente prevista", confermi come "la nuova norma entrata in vigore il primo gennaio 2016 sia un ostacolo insormontabile al progetto. Il Ministero - si legge nella nota del Coordinamento - a questo punto dovrà esprimere un parere negativo all’istanza, in base alla nuova legge entrata in vigore il primo gennaio. A quel punto Rockhopper impugnerà il diniego e davanti al TAR solleverà una o più questioni di costituzionalità della nuova norma. Con questa mossa, Rockhopper cercherà anche di vedersi riconosciuti almeno i danni al Ministero per non aver rispettato i termini istruttori dell’istanza, non aver dato, cioè, parere positivo prima dell’entrata in vigore della nuova legge. Fondamentali potranno rivelarsi a quel punto tutta una serie di ostacoli che avevamo frapposto rallentando l’iter, ad esempio il Parco Marino, visto che lo stesso ministero in conferenza dei servizi lo scorso 9 novembre mise nero su bianco che non aveva avuto il tempo di esaminare il provvedimento in quanto emanato pochi giorni prima. E’ vero che lo Stato ha proposto ricorso alla Corte Costituzionale su questa legge (e lì si vedrà se la norma era o meno compatibile con la nostra costituzione) ma a quell’epoca era vigente e lo è tuttora e quindi andava rispettata dal Ministero".
Il Coordinamento spiega che Rockhopper potrebbe anche cercare di evidenziare davanti al TAR un ipotetico contrasto tra norme italiane e quelle comunitarie chiedendo di disapplicare direttamente la norma. "Crediamo sia un’ipotesi piuttosto remota", scrivono però gli attivisti. "Il TAR potrebbe rigettare la richiesta oppure mandare tutto alla Corte Costituzionale oppure chiedere un parere direttamente alla Corte di Giustizia sulla congruenza della legge italiana rispetto al Diritto comunitario. In ogni caso è evidente che la nuova norma abbia bloccato il progetto e che abbia ribaltato i ruoli così come appare chiaro come non sia centrale la questione della sospensione del decorso temporale del Permesso di Ricerca (che comunque sarebbe scaduto tra anni anche senza la sospensione). Eravamo noi prima a dover fare ricorso al TAR. Ora sono loro, in un sentiero molto stretto".
Dunque, il Coordinamento annuncia che intende intervenire ad opponendum "per contrastare tutte le istanze dell’azienda ed è fondamentale che anche tutti gli enti si presentino davanti al TAR, anche per evitare qualche 'scherzo' da parte del Ministero".