“Il presidente della Regione Abruzzo trasmetta al Ministero dello Sviluppo economico il parere negativo dell’ente regionale sul percorso che dovrà seguire il gasdotto Snam e si costituisca in giudizio, presso la Corte costituzionale, in difesa della legge regionale sulla realizzazione e collocazione delle centrali di compressione a gas in aree sismiche, come quella che si vorrebbe localizzare a Sulmona”.
È quanto chiede l’assessore comunale Alfredo Moroni, che è anche referente del coordinamento anti gasdotto, facendosi portavoce delle istanze emerse nel corso di un incontro che si è tenuto ieri mattina nell’aula consiliare del Comune di Sulmona, su iniziativa del primo cittadino Peppino Ranalli.
“L’assemblea di oggi - ha spiegato Moroni - ha visto la partecipazione di sindaci, amministratori comunali e provinciali, consiglieri regionali, parlamentari, comitati, nonché del sottosegretario Giovanni Legnini. Nel ribadire le ormai note ragioni della contrarietà al progetto, dovute all’elevatissima sismicità dei luoghi e all’insostenibile impatto ambientale, con pesanti ripercussioni sull’intero sistema economico e produttivo, l’assemblea ha chiesto che venga dato seguito, senza ulteriori indugi e ritardi, alla risoluzione approvata dalla Commissione Ambiente della Camera e alle due risoluzioni approvate dal Consiglio regionale, poi fatte proprie dalla Provincia dell’Aquila e da numerosi Consigli comunali, che invocano un percorso alternativo”.
“Chiediamo inoltre - ha proseguito Moroni - che il Governo ritiri il ricorso, pendente presso la Corte Costituzionale, contro la legge regionale che regola la realizzazione e la localizzazione di centrali di compressione a gas in aree sismiche. La Regione deve infatti difendere e ribadire il potere e l’autonomia decisionale che le assegna la legge rispetto a questa materia, fondamentale per la sicurezza e la salute pubblica, senza lasciare che il Governo le imponga scelte non condivise dalla popolazione”.
Una presa di posizione decisa, necessaria vista la decisione della Corte Costituzionale che, con sentenza 182 depositata il 10 luglio scorso, ha chiarito che la Regione Abruzzo non avrebbe dovuto vietare il passaggio del metanodotto Snam con le risoluzioni approvate dal Consiglio. La scelta legislativa, infatti, andava concordata con lo Stato.
La vicenda è nota: la Snam Rete Gas ha in progetto la realizzazione di un tubo di 167.7 km, da Sulmona a Foligno, con centrale a compressione nella città peligna. Con l’articolo 3 della Legge regionale numero 28 del giugno 2012, però, la Regione ha bloccato il progetto, modificando la disciplina in merito alle competenze regionali e alla localizzazione e realizzazione di oleodotti e gasdotti in zone sismiche.
Il governo Italiano ha subito presentato ricorso e la Corte gli ha dato ragione: quando si legifera su produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, la potestà legislativa è concorrente, ossia condivisa con lo Stato, che norma i principi fondamentali.
Non solo: l'esecutivo guidato da Enrico Letta, come ricordato da Moroni, ha presentato opposizione anche alla Legge regionale numero 14 del 7 giugno 2013, che vieta la localizzazione di centrali di compressione a gas. Con le stesse motivazioni. E tutto lascia credere che l’esito del pronunciamento della Corte Costituzionale sarà, ancora una volta, contrario alla norma approvata dalla Regione Abruzzo.
E’ per questo che non convincono affatto le parole del Sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanni Legnini: a margine dell’incontro, ha promesso che “il governo, a settembre, mantenendo fede agli impegni assunti, convocherà un tavolo interistituzionale sul metanodotto, al fine di verificare l’esistenza di potenziali rischi connessi alla realizzazione dell’opera e assumere decisioni conseguenti”.
L'esecutivo, in altre parole, si dice pronto ad aprire un tavolo di concertazione e, nel frattempo, presenta ricorso contro le norme regionali approvate per impedire il passaggio del metanodotto in zone altamente sismiche. Pare, francamente, una contraddizione.
Sarebbe necessaria una presa di posizione forte da parte del Presidente della Regione che, però, a qualche ora dal pronunciamento dei giudici costituzionali, non aveva mancato di ricordare che il metanodotto è un’opera strategica a livello nazionale, che scavalca le competenze degli enti locali. L’ha sempre sostenuto e non ha mai nascosto che le norme approvate dal Consiglio per bloccare il metanodotto erano incostituzionali. Il risultato, a sentire il governatore, delle pressioni ricevute dalle popolazioni e dagli enti locali dei territori interessati.
Le parole di Chiodi hanno scatenato, come prevedibile, le proteste del centrosinistra: "La decisione della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittima per norma costituzionale la legge regionale che imponeva una pausa di riflessione alle operazioni di costruzione del metanodotto e della centrale di compressione nella Valle Peligna e nell'Abruzzo interno, mi sorprende, ma non mi stupisce, e questa è una denuncia forte che mi sento di fare, poiché ancora una volta la Regione Abruzzo, nella persona del presidente, ha deciso di non costituirsi in giudizio a difesa di quanto legiferato dall’Assemblea regionale”, ha dichiarato in una nota Giovanni D'Amico, del Partito Democratico.
Non solo. La senatrice Stefania Pezzopane si è impegnata a presentare "un'interrogazione urgente al Governo, sollecitando anche un confronto per definire le nuove iniziative da intraprendere. Sulla questione pendono la pronuncia d’incostituzionalità di una legge regionale che cercava di sbarrare la strada alla realizzazione del metanodotto e l’assurda presa di posizione del presidente della Regione Chiodi, che afferma paradossalmente che l’incostituzionalità di une legge votata dal Consiglio regionale era nota a tutti. Non è chiaro allora, o forse sì, come mai il presidente della Regione non sia corso immediatamente a ripari, costituendosi a difesa di una legge che tutela il territorio e i cittadini”.
Come promesso, il testo è stato depositato in queste ore: “è una interrogazione per conoscere quali siano i progetti del Governo e se intenda realmente autorizzare la realizzazione di un gasdotto in una zona ad alta sismicità, come l’Abruzzo”, conferma la Senatrice. “Chiediamo, inoltre, se l’esecutivo abbia intenzione di adottare delle misure, e quali, per risolvere il conflitto di attribuzioni, nel rispetto della volontà espressa dal Consiglio regionale e dai comitati cittadini che hanno manifestato la loro contrarietà alla realizzazione dell’opera”.
“La mobilitazione deve proseguire, anche a livello istituzionale”, ha concluso Stefania Pezzopane, “e resto a disposizione per ogni iniziativa che vada nell’interesse della tutela del nostro territorio”.
La protesta, insomma, continua. Anche se non lascia affatto tranquilli l’atteggiamento del governo Letta che pare intenzionato a non tornare indietro, su di una decisione già presa. Non si giustificherebbero, altrimenti, i ricorsi presentati dinanzi alla Corte Costituzionale. Difficile credere, inoltre, che Gianni Chiodi decida di costituirsi in giudizio, in difesa della Legge regionale approvata dal Consiglio. Ha chiarito che, a parer suo, il metanodotto è questione di politica nazionale: significa che non intende difendere il potere e l’autonomia decisionale che la legislazione riconosce alla Regione in materia di sicurezza e salute pubblica. Lasciando, così, che il governo delle larghe intese imponga una scelta scellerata.
A meno che la battaglia dei cittadini e dei comitati non impedisca l’ennesimo stupro del nostro territorio.