A un anno dalla chiusura dell'istruttoria, è duro il parere dell'Autorità nazionale anticorruzione (Anac) sull'operato di Maria Giulia Picchione.
La dirigente ministeriale, originaria di Pizzoli (L'Aquila) e dal marzo 2015 Soprintendente alle Belle arti e al paesaggio, non si sarebbe curata delle buone norme e della correttezza delle procedure in materia di appalti e trasparenza amministrativa. Il giudizio scaturisce dalla delibera n. 286 dello scorso 9 marzo [leggi la delibera completa], firmata dal presidente dell'Anac Raffaele Cantone.
La vicenda risale al periodo, tra il 2012 e il 2014, in cui Picchione era Soprintendente ai Beni architettonici e paesaggistici del Friuli Venezia Giulia. Furono affidati, nel biennio 2012-2013, alcuni lavori di restauro, senza gara e con il criterio della "somma urgenza" motivata dal pericolo "per l'incolumità", all'impresa romana Lespa Srl, riguardanti quattro interventi: due sulle famose splendide cinte murarie di Palmanova (Udine), uno per la manutenzione straordinaria della stessa sede della Soprintendenza, nel Palazzo Clabassi di Udine, e uno - sempre di manutenzione straordinaria - su Casa Bertoli, ad Aquileia (Udine). Lavori per un importo complessivo di circa un milione di euro.
Secondo l'Anac, Maria Giulia Picchione, con le sue decisioni, avrebbe prospettato una fretta - giustificativa della "somma urgenza" e quindi dell'affidamento diretto - poi smentita dalle tempistiche d'intervento, non altrettanto rapide. In altre parole, si sarebbe atteso troppo per la realizzazione di lavori considerati urgenti perché necessari alla tutela dei beni architettonici e all'incolumità delle persone.
"La circostanza - si legge nella delibera - che i lavori sono stati realizzati spesso con tempi molto posticipati rispetto alla dichiarazione di somma urgenza porta a ritenere che non ricorreva l'eccezionale situazione di pregiudizio per la pubblica incolumità e, pertanto, la Soprintendenza sarebbe potuta intervenire solo per opere provvisionali o comunque indispensabili al momento, rinviando a una fase successiva l'affidamento urgente mediante confronto concorrenziale". Per la struttura presieduta da Cantone, dunque, "sono stati violati, nei casi in esame, i principi della libera concorrenza, parità di trattamento e rotazione".
La pratica arrivò all'Anac nel luglio 2014, in seguito a una segnalazione dell'Associazione nazionale costruttori edili (Ance) del Friuli Venezia Giulia. Dopo un anno di istruttoria da parte dell'Ufficio vigilanza dell'Autorità anticorruzione - periodo durante il quale la Soprintendenza ha presentato controdeduzioni - è stato deciso di confermare quanto inizialmente formulato: l'attuale Soprintendente alle Belle arti d'Abruzzo avrebbe "illegittimamente" affidato quei lavori. L'Anac ha per questo deliberato di trasmettere la relazione "censoria" alla Procura generale della Corte dei Conti.
Nel periodo di Picchione in Friuli è stato duro - con tanto di processi per diffamazione a mezzo stampa - il rapporto della dirigente ministeriale con l'associazione dei costruttori, che l'accusava un'estrema rigidità nel concedere permessi a costruire.
Sempre nei tre anni di permanenza a capo della Soprintendenza friuliana, l'attività di Picchione aveva suscitato anche l'interesse della Procura della Repubblica, che attraverso la Guardia di Finanza aveva svolto indagini ipotizzando il reato di truffa in relazione a numerose trasferte della dirigente da Trieste a Udine e Roma.