Mercoledì, 24 Agosto 2016 18:28

Il terremoto di Amatrice e le altre, visto dagli occhi di un aquilano

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Purtroppo vedere con i propri occhi Amatrice è peggio che guardare le immagini sul web o in Tv.

Arrivandoci, la prima cosa che pensi è che quelle parole del sindaco, "Il Paese non c'è più", non sono un'esagerazione.
Dal punto di vista di un aquilano, viene in mente la frazione distrutta di Onna, emblema del terremoto del 2009.

Quando per la scossa alle 3:36 mi sono risvegliato, come quasi tutti qui a L'Aquila, in testa mi è passato il film del terremoto delle 3:32: in un attimo mi hanno risfiorato tutte le paure, la sensazione totale di vulnerabilità, l'incertezza del futuro e la totale precarietà del presente. "Dove sarà l'epicentro questa volta?", la prima domanda razionale che sono riuscito a pormi dopo qualche minuto, la più importante.

L'epicentro sono state le aree interne di montagna, due comuni una volta provincia dell'Aquila, ora di Rieti - Amatrice e Accumuli - e poi quelle in provincia di Ascoli piceno: Arquata del Tronto e le sue frazioni.

Zone che in questa Italia sono già fisiologicamente depresse a livello socio economico e a cui, ora, va ad aggiungersi un sisma devastante. Arrivato per giunta nella stagione estiva, quella in cui maggiormente le attività riescono a lavorare grazie al turismo e ai turisti presenti.
Cosa si farà adesso, dopo aver estratto l'ultima vittima e col paese distrutto?

Per certi aspetti, ai miei occhi di aquilano che ha già vissuto un terremoto, quella di Amatrice e le altre, sembra una situazione ancora più difficile.

L'Aquila nel 2009 era una città, un organismo complesso che il terremoto ha colpito sferrandole un colpo che ha mandato in tilt un sistema. Ma l'organismo era complesso, appunto, e tra mille difficoltà, doveva avere la forza di rigenerarsi.

Ci sta riuscendo? Chissà, ma dopo tanti anni qualcosa si muove.

Ovviamente l'augurio è che anche Amatrice, Accumuli ed Arquata possano riprendersi, sopratutto grazie alla solidarietà che l'Italia sa dare. Ma non sarà facile: il connubio area interno e terremoto, in questa Italia, in questa Europa dell'Austerità, non è semplice da affrontare.

In questo quadro la mia città - che già conosce così bene il terremoto e la vita che ne consegue - potrebbe costruire un magnete importante e un serbatoio di esperienze per dar forza e contribuire a tenere in vita Amatrice e i territori limitrofi. C'è un legame storico tra L'Aquila ed Amatrice che non si è mai del tutto spezzato. E stamattina, ad Amatrice, si è riversato spontaneamente un gran numero di aquilani accorsi per aiutare. Perché siamo vicini fisicamente, perché sappiamo cosa vuol dire.

Chiaro che il vero tema è quello della la sicurezza. Non è possibile che in Italia si continui a costruire senza le dovute misure anti sismiche. E' una questione culturale prima di tutto, e poi di politiche e risorse.

In molti is meravigliano che sia crollato anche un pezzo di Ospedale ad Amatrice. Quello stesso ospedale per cui il sindaco ha lottato affinché non venisse ulteriormente ridimensionato, come sta accadendo in molti territori in Italia. Certo sicurezza antisismica e ridimensionamento delle funzioni sanitarie non sono la stessa cosa, ma anche da quest'ultimo fattore si può facilmente capire quali siano le reali risorse che vengono impiegate dai Governi e dalle Regioni sui territori di montagna come questi, in cui spesso i sindaci si trovano a combattere battaglie contro i mulini a vento. Fino al momento del colpo più forte, quello che fa notizia ma da cui non si può più tornar indietro.

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