Martedì, 04 Ottobre 2016 14:40

L'Aquila, maxi operazione dei carabinieri contro i ladri di rame e i furti agli sportelli bancomat: emesse 18 misure cautelari

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I carabinieri dell'Aquila, insieme a quelli di Chieti, Vasto e Montesilvano, hanno sgominato una banda dedita a furti di rame, truffe ai bancomat (tramite la tecnica del “cash trapping”) e ricettazione.

L'operazione, ribattezzata “Raiders”, ha portato, questa mattina, il gip del Tribunale dell'Aquila Guendalina Buccella a emettere un'ordinanza di misura cautelare nei confronti di 18 persone – 4 obblighi di dimora, 1 carcerazione (ma il destinatario di tale provvedimento risulta ancora latitante) e 13 arresti domiciliari - tutte indagate a vario titolo per associazione a delinquere finalizzata ai furti di rame perpetrati ai danni di aziende e campi fotovoltaici (il quantitativo di rame rubato ammonterebbe a 200 mila euro) e ai furti di denaro contante dagli Atm di banche e uffici postali mediante il cosiddetto “cash trapping” (1900 euro il bottino sottratto dai malviventi agli ignari clienti e agli istituti di credito).

24, in totale, le persone denunciate (5 italiane e 19 di nazionalità straniera). I risultati dell'inchiesta sono stati illustrati in conferenza stampa dal capitano Francesco Nacca (comandante di compagnia dell'Aquila) e dal tenente Maximiliano Papale.

L'organizzazione operava su tutto il territorio regionale ma anche in Molise (Campobasso) e Lazio (Rieti).

Le indagini, condotte dal nucleo operativo e radiomobile dei carabinieri dell'Aquila (diretta dal tenente Maximiliano Papale), sotto la direzione del pm Roberta D'Avolio, sono durate dal novembre 2015 al febbraio 2016. Sono stati accertati 13 furti di rame, 9 furti ai bancomat, 17 episodi di ricettazione e 2 di favoreggiamento.

I ricettatori erano due italiani, Gianni e Pierluigi D'Alessandro, titolari di un'impresa, la Global Fer di Chieti Scalo. Era qui che veniva portato il rame rubato, trafugato dai capannoni delle ditte o da campi fotovoltaici. I furti, invece, venivano compiuti con mezzi rubati, procurati alla banda da altri due italiani, residenti a Ripa Teatina e Francavilla al Mare.

Le indagini

L'attività investigativa è partita in seguito a un furto effettuato all'Aquila nell'ottobre 2015 ai danni della Vivenda, un'azienda che si occupa, tra le altre cose, della gestione delle mense scolastiche del capoluogo.

In quell'occasione venne rubato anche un camion dotato di dispositivo di controllo satellitare. Grazie alla presenza di questo speciale sistema di antifurto, i carabinieri riuscirono a rintracciare il mezzo (a bordo del quale vennero trovati 400 kg di rame) e a fermare l'autore della rapina, Marius Adrian Manghiuc, un cittadino di nazionalità rumena.

Dalle informazioni date dall'arrestato in sede di interrogatorio è poi partita un'attività investigativa condotta ad ampio raggio. Le indagini si sono avvalse anche dell'utilizzo di intercettazioni telefoniche, ambientali e video.

I carabinieri sono riusciti a tracciare i vari movimenti della banda e a scoprirne l'organizzazione piramidale, a capo della quale c'era un altro uomo di origini rumene, Anghel Niculae. Era lui a scegliere gli obiettivi, a comandare le varie “cellule” che poi operavano sul territorio e a occuparsi del riciclaggio e della ricettazione del rame.

Come detto, la refurtiva veniva portata presso un'azienda di Chieti Scalo, la Global Fer, intestata a due fratelli, Gianni e Pierluigi D'Alessandro. Sono 13 i furti di rame documentati dagli inquirenti. A farne le spese sono state alcune aziende come lo stabilimento elettrico “ex Margherita” dell'Aquila, il Consorzio di bonifica sud di Lanciano, la Ray Way di Pescara, più altre ditte operanti nell'edilizia e nel fotovoltaico. I carabinieri stimano che il valore del quantitativo di rame rubato ammonti a circa 200 mila euro.

I furti ai bancomat

La banda non si dedicava solo ai furti di rame ma anche a quelli agli sportelli bancomat di banche e uffici postali compiuti con la tecnica del “cash trapping”, che consiste nel posizionare, nella fessura dalla quale escono i contanti, una limetta di metallo con due uncini alle estremità che trattengono il denaro al momento del prelievo.

Un metodo che induce i clienti a credere che lo sportello sia guasto e che consente poi agli autori della truffa di passare a ritirare i soldi con tutta calma.

Sono 9 i colpi (con relativo danneggiamento degli sportelli) messi a segno dal gruppo in questo modo (erano soprattutto le donne a condurre tali operazioni), per un totale di circa 2 mila euro.  

Ultima modifica il Martedì, 04 Ottobre 2016 15:26

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