Estorsione, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, con l'aggravante della continuazione, nell'ambito della ricostruzione post-terremoto dell'Aquila.
Sono i reati di cui devono rispondere nove imprenditori, e quattro tra di loro sono finiti agli arresti domiciliari, nell'ambito dell'operazione "Caronte" condotta dai carabinieri del Reparto operativo del capoluogo abruzzese e coordinata dalla Direzione distrettuale Antimafia dell'Aquila.
A finire per prime nel mirino degli investigatori sono state due ditte operanti nella provincia di Caserta, (una delle quali tuttavia ha, già da qualche tempo, trasferito la propria sede in provincia di L’Aquila). Proprio nel contesto ambientale d’origine, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, i responsabili delle ditte, Salvatore Tessitore, classe 1979, Vincenzo Tessitore, classe 1976, Raffaella Testa, classe 1979, Luigi Lama, classe 1980, tutti sottoposti agli arresti domiciliari, sfruttando lo stato di necessità, indigenza ed estrema difficoltà economica in cui versavano gli operai, nei rispettivi comuni di residenza, avrebbero reclutato manodopera “a basso costo” (mantenuta in una condizione di sudditanza fisica e psicologica sotto minaccia di licenziamento), da impiegare nei lavori edili connessi alla ricostruzione post sisma 2009.
Proprio per mantenere questo controllo sui lavoratori (che venivano subito allontanati in caso di proteste o rimostranze) al momento dell’assunzione, veniva fatta sottoscrivere una lettera di dimissioni priva di data che veniva trattenuta dai datori di lavoro.
Secondo la ricostruzione effettuata nell’indagine, coordinata dai Pubblici Ministeri David Mancini e Roberta D’Avolio, i dipendenti venivano costretti a subire accettando costanti violazioni della normativa relativa all’orario di lavoro, al riposo settimanale e alle ferie, nonché violazioni della normativa in materia di sicurezza sul lavoro, in particolare, alterando attestati relativi a corsi di formazione che i dipendenti avrebbero dovuto frequentare per le specifiche lavorazioni alle quali venivano adibiti. Proprio con riguardo agli emolumenti, è stata documentata la mancata corresponsione delle competenze accessorie, quali straordinario, accantonamento alla Cassa Edile e assegni familiari.
Per aggirare la normativa sul tracciamento dei flussi di denaro, ai dipendenti era stato imposto di attivare carte di credito/debito prepagate, che rimanevano nella esclusiva disponibilità del datore di lavoro (unitamente ai relativi codici PIN), il quale ritirava le somme presso uno sportello bancomat, decidendo poi di fatto quale esiguo importo versare realmente al dipendente.
Proprio in ragione dell’ipotizzato impossessamento economico conseguito in ragione della minaccia di licenziamento, alcuni dei soggetti tratti in arresto dovranno rispondere anche del reato di estorsione aggravata. Le vessazioni sui lavoratori erano tanto più efficaci in quanto sono state riscontrate contiguità di alcuni degli imprenditori con esponenti di rilievo della criminalità organizzata di matrice casalese.
Elemento ulteriore emerso nell’indagine, in analogia con altre importanti indagini già svolte dalla Procura distrettuale antimafia di L’Aquila, è il fatto che le ditte individuate e monitorate operassero nella posizione, meno evidente, del subappalto per conto di altre società. Anche in questo caso gli investigatori hanno approfondito ruoli e condotte, giungendo a ritenere che le ditte di riferimento, tutte operanti nel settore della ricostruzione anche con ruoli di una certa importanza, non solo fossero pienamente a conoscenza dell’operato degli imprenditori campani, ma che ne abbiano tratto immediato e diretto profitto, fino ad assumere formalmente, in alcuni casi, personale della ditta subappaltatrice che, di fatto, ne manteneva il diretto controllo.
Per tale motivo oltre alle misure restrittive già citate, sono state emesse dal G.I.P. del Tribunale di L’Aquila, dott. Giuseppe Romano Gargarella, per il medesimo reato di “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, con l’aggravante della continuazione”, anche 5 misure cautelari interdittive di “divieto temporaneo di esercitare attività professionali o imprenditoriali”, ai sensi dell’art.290 c.p.p., per la durata di mesi 6, nei confronti di altrettanti imprenditori titolari di quattro ditte, due collocate nella provincia dell’Aquila (Carlo Taddei classe 1953, Danilo Taddei classe 1976 e Antonio Marandino classe 1984), una in provincia di Chieti (Giovanni De Laurentiis classe 1966) ed una in provincia di Ascoli Piceno (Giovanni Di Pasquantonio classe 1962). Ai titolari delle ditte viene contestata, per il periodo dal 2013 al 2016, anche l’emissione di fatture per diverse centinaia di migliaia di euro relative ad operazioni inesistenti, in relazione al fittizio noleggio di mezzi e attrezzature, nonché all’effettuazione di lavori.
Per due delle ditte coinvolte è scattata inoltre la “misura interdittiva Antimafia”, adottata dalla Prefettura di L’Aquila, alcuni mesi fa, in sede di accertamenti istruttori espletati per le iscrizioni nelle c.d. “white list” della ricostruzione post terremoto, proprio in virtù dei citati collegamenti con personaggi legati alla criminalità organizzata dell’area casalese. Appare importante evidenziare con fiducia che a dare il via alle indagini, permettendo di fare luce sulle diverse condotte illecite che hanno portato al deferimento complessivo di 18 persone (in un’indagine avviata nel 2014 e protratta fino al 2016), sia stata anche la denuncia di alcuni lavoratori esasperati, che hanno trovato il coraggio di squarciare il muro dell’omertà a cui erano costretti.
I nomi degli indagati, ci sono anche Carlo e Danilo Taddei
I nomi delle 4 persone finite ai domiciliari sono Salvatore Tessitore, 38 anni, e Vincenzo Tessitore, 41, dell'omonima ditta, che ha l'interdittiva antimafia della prefettura; Raffaella Testa, 38, moglie di uno dei due; Luigi Lama, 37, sempre della ditta Tessitore.
Le misure cautelari di divieto temporaneo di esercitare attività professionali o imprenditoriali per 6 mesi, invece, riguardano cinque imprenditori ma non le loro ditte, tranne l'unica colpita da interdittiva antimafia. In provincia dell'Aquila, gli imprenditori sono Carlo Taddei, 64, patron del Gruppo Edimo, e il figlio Danilo Taddei, 41, amministratore della Taddei Spa. Sempre in provincia dell'Aquila, Antonio Marandino, 33 anni, della Edilgap, ditta di Castel di Sangro e originaria di Caserta, oggetto di interdittiva antimafia.
In provincia di Chieti Giovanni De Laurentiis, 51, titolare della Edilrocca. In provincia di Ascoli Piceno, Giovanni Di Pasquantonio, 55, amministratore delegato della Edil Stella.
Per le ditte destinatarie di interdittiva, i contratti di ricostruzione post-terremoto sono sospesi. Per le imprese i cui amministratori sono stati sospesi potranno continuare a lavorare, in quanto le misure cautelari sono a livello personale.
Il comunicato della Taddei Spa
"Sono sconvolto, ma fiducioso che tutto si chiarirà presto: quando si hanno più di 300 subappaltatori, come nel caso della Taddei Spa, il rischio di incidenti di percorso è molto elevato, ma la nostra è una società che lavora in modo serio, dando lavoro a centinaia di famiglie, non è coinvolta direttamente nell’indagine della procura aquilana e continuerà a operare normalmente attraverso amministratori muniti di appositi poteri”.
Lo afferma Danilo Taddei, amministratore della Taddei Spa, società di punta del Gruppo Edimo dell’Aquila, specializzata nelle grandi realizzazioni edilizie, chiarendo la sua posizione personale nell’ambito dell’indagine coordinata dalla direzione distrettuale antimafia aquilana e svolta dai Carabinieri del capoluogo su fenomeni di caporalato nella ricostruzione post-terremoto 2009.
“I nostri operai sono un valore aggiunto del Gruppo e delle sue società: alcuni lavorano con noi da più di vent’anni, ce li abbiamo e ce li teniamo - chiarisce - Il caporalato è una pratica estranea ai valori di fondo della storia di Edimo, che dura dal 1969, e alle nostre logiche organizzative”.
“Uno dei circa 300 subappaltatori che fin qui hanno lavorato con il gruppo Edimo, la ditta Tessitore, ha ricevuto un’interdittiva della prefettura e sta affrontando un procedimento per caporalato - rimarca Taddei - Un istante dopo aver saputo che quell’impresa era stata oggetto del provvedimento, la Taddei Spa ha risolto tutte le posizioni contrattuali in essere con questo subappaltatore”.
“Il Gruppo Edimo oggi occupa oltre 300 dipendenti in Italia, a cui si aggiungono 100 assunti nelle controllate all’estero, dove l’impresa sta portando avanti importanti iniziative, in particolare Romania, Moldova, Serbia e Libia”, conclude Danilo Taddei.