“Per la realizzazione delle misure previste dal Piano antincendio boschivo si richiedono ingenti disponibilità finanziarie non previste nel bilancio economico dell’Ente Parco, soprattutto in previsione di ulteriori riduzioni operate dallo Stato. Si auspica di sopperire ed integrare eventuali risorse disponibili con diverse fonti di finanziamento che potrebbero scaturire da protocolli ed accordi con altre amministrazioni interessate o da progetti specifici realizzati con contributi statali ed europei”.
E’ un passaggio della relazione di aggiornamento annuale del piano antincendio boschivo 2013-2017 del Parco nazionale Gran Sasso e Monti della Laga. Un elaborato di 9 pagine (scaricabile QUI) nel quale è scritto nero su bianco che il parco, per l’anno in corso, ha a disposizione, per la prevenzione e la lotta agli incendi boschivi, zero euro.
E’ un documento interessante da leggere all’indomani del disastro di Fonte Vetica, perché spiega con poche, semplici ma crude parole come nulla succeda a caso: se vengono tolti i fondi per fare prevenzione e controllo non è pensabile poi garantire la sicurezza delle aree boschive.
La mancanza di fondi per la prevenzione è una situazione comune a tutti gli i parchi nazionali italiani. Sono gli effetti perversi dei tagli lineari imposti dalla politica, che in pochi anni ha deliberatamente chiuso i rubinetti della prevenzione antincendio portandola da 10 milioni a zero in 15 anni, dando così un contributo essenziale all’emergenza - l’ennesima - che stiamo vivendo in queste settimane, complici anche il caldo record e la siccità che hanno caratterizzato l’estate.
Qualche giorno fa lo aveva denunciato anche il capo dipartimento della Protezione civile, Fabrizio Curcio, in un’audizione in Commissione Territorio e Ambiente al Senato: “La legge quadro 353 sugli incendi boschivi del 2000 era innovativa. Prevedeva che ci fosse un finanziamento da parte dello Stato per le attività di prevenzione. Quel finanziamento si è negli anni assottigliato fino a essere nullo. Credo che un segnale, se possibile, sarebbe positivo: la prevenzione è collegata alle risorse, alla pulizia del sottobosco e di altre aree, all’organizzazione di attività di vigilanza”.
Quanto ha tagliato la politica?
La legge del 2000 per le attività di prevenzione e lotta agli incendi boschivi finanziava le regioni con 20 miliardi di vecchie lire l’anno per il triennio successivo, ovvero l’equivalente di 10,3 milioni di euro l’anno, e stabiliva poi che a decorrere dal 2003 si sarebbe proceduto con “stanziamento determinato dalla legge finanziaria”. Ma è proprio qui che si è abbattuta la scure dei tagli e delle riorganizzazioni funzionali – su tutte quella della Forestale inglobata in altri corpi di polizia dal governo Renzi – che ora presentano il conto: “Dal primo gennaio – ha riferito Curcio – abbiamo dovuto affrontare 955 richieste di intervento della flotta nazionale per lo spegnimento di incendi. Un record assoluto degli ultimi 10 anni”.
Nel 2008, per la prevenzione degli incendi boschivi, erano stati stanziati 8 milioni di euro, scesi a 5 nel 2011 per poi essere quasi azzerati del tutto in sede di conferenza permanente Stato-Regioni. Nel 2015 il fondo è stato ridotto a 1,2 milioni. “Si può dire che lo Stato insieme alle Regioni hanno chiuso i rubinetti alla prevenzione”, dice la Protezione Civile. Gli effetti sono davanti agli occhi di tutti.
Il report del Parco del Gran Sasso, curato dal referente del piano antincendi boschivi dell’ente, Daniele Di Santo, risale al marzo scorso, e, preso atto dell’assenza di fondi, coem si legge nell'estratto riportato in apertua d'articolo, rivolge un auspicio affinché possan essere trovate “diverse fonti di finanziamento”, magari attraverso accordi e protocolli d’intesa da firmare con altre amministrazioni.
Da allora tempo per intervenire ce ne sarebbe stato ma non è accaduto nulla.
E dire che non parliamo di chissà quali stanziamenti. Nella relazione c’è una tabella in cui viene quantificata la cifra necessaria a coprire il fabbisogno per il 2017. Sono 670 mila euro, ripartiti tra varie voci: previsione (70 mila euro); prevenzione, diretta e indiretta (487 mila euro da destinare alla sistemazione della viabilità e della segnaletica del parco, alla realizzazione di campagne informative, a interventi selvicolturali, alla formazione annuale del personale ecc.); lotta attiva (113 mila euro per l’acquisto delle attrezzature, le varie opere di manutenzione ecc.).
670 mila euro per salvare i boschi possono sembrare tanti in tempi di ristrettezze finanziarie ma non sono nulla se paragonati alle decine di milioni di euro che poi lo Stato, nelle sue varie articolazioni territoriali, deve rifondere a copertura dei danni causati da disastri come l’incendio di Fonte Vetica. E sono poca cosa anche rispetto ai tanti, troppi soldi sperperati in opere pubbliche faraoniche, inutili o sovradimensionate.
L’assenza di dotazioni finanziarie denunciata dal Parco del Gran Sasso non è relativa solo al 2017. Già nel piano Aib 2013-2017, si legge, “era stata messa in evidenza l’indisponibilità dell’Ente di fondi necessari per l’attuazione di misure di prevenzione e lotta agli incendi boschivi”. Tant’è che, nel 2016, “le attività AIB del Parco sono state limitate alle operazioni di sorveglianza, allertamento e primo intervento nei pochi incendi avvenuti”.
Nel 2016, per fortuna, era andata bene: di incendi ce n’erano stati solo due, peraltro di piccole dimensioni, nell’area di Campotosto-Capitignano.
Ma senza soldi da investire nella prevenzione, non rimane che questo: affidarsi alla buona sorte.