Martedì, 29 Agosto 2017 02:32

Università, iniziato lo sciopero dei professori. All'Aquila aderiscono in 50

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E’ iniziato ieri lo sciopero dei professori e dei ricercatori universitari contro il blocco degli scatti salariali.

A incrociare le braccia, in 79 università italiane, non presentandosi al primo appello della sessione d’esame di autunno, saranno circa 5.444 docenti (circa il 10% del totale), quelli che hanno firmato la lettera di proclamazione dello sciopero, convalidato a fine luglio dalla Commissione di garanzia come "legittimo".

Si tratta di una protesta inedita, che sta facendo molto discutere - il blocco degli esami non si vedeva nelle università italiane dagli anni ‘70 - e che molti rettori giudicano, seppur legittima, sbagliata, perché a essere danneggiati saranno soprattutto gli studenti. Anche se coloro che dovranno laurearsi in autunno potranno comunque usufruire di un appello straordinario.

Le ragioni dello sciopero

Perché i professori hanno deciso di scioperare?

Alla base di tutto c’è il blocco degli scatti salariali per i dipendenti pubblici (tranne i magistrati) deciso dal governo Berlusconi dal 2011 al 2014. Cinque anni in cui le buste paga di coloro che lavorano nel pubblico impiego sono rimaste invariate, senza adeguamenti e modifiche.

Da gennaio 2015 il riconoscimento degli scatti è stato sbloccato in tutto il pubblico impiego con la sola eccezione degli universitari, che se li sono visti riconoscere solo a partire dal 2016. In più è mancato il riconoscimento ai fini giuridici, con conseguenti effetti sulla pensione, del quadriennio 2011-2014.

L'adesione allo sciopero

Le adesioni più alte, finora, si sono registrate a Pisa (264 firmatari) Bologna (258), nelle università milanesi (382 firmatari all'appello tra Statale, Politecnico e Bicocca) e a Bari (162).

In Abruzzo le adesioni sono in linea con il dato nazionale. All’Aquila, i professori firmatari della lettera di proclamazione dello sciopero sono 50 su 500. A Pescara-Chieti 58, mentre a Teramo 28.

Parliamo dei docenti che hanno sottoscritto il documento. E' molto probabile che le adesioni siano più massicce perché potranno scioperare tutti, anche chi non ha firmato la lettera. Per avere i dati ufficiali sui veri tassi di adesione bisognerà aspettare.

La voce dei professori

“Io ho 63 anni e in vita mia non ho mai scioperato, nemmeno nel 1968, quando non farlo voleva dire essere emarginato” spiega Angelo Luongo, professore di Scienza delle costruzioni al Dipartimento di Ingegneria civile, edile-architettura e ambientale dell’Università dell’Aquila “Questa è la mia prima volta e lo faccio perché credo nella dignità della figura del professore universitario, nei confronti della quale è in atto, ormai da anni, da parte di governi di ogni colore, una vera e propria discriminazione. Nell’opinione pubblica c’è una visione dell’università tale per cui i professori universitari sono visti come dei nullafacenti, rami secchi dell’attività produttiva, come fossero una tratta ferroviaria non redditizia. Per questo vengono colpiti in maniera discriminatoria rispetto a tutte le altre professioni. Qui non si tratta del blocco degli scatti ma di aver cancellato l’attività svolta per tutto il resto della vita. Solo per i professori si è deciso, infatti, che i cinque anni del blocco non conteranno nella ricostruzione della carriera a fini pensionistici”.

Secondo Luongo i disagi per gli studenti ci saranno (“Sono inevitabili perché insiti in ogni sciopero”) ma saranno molto contenuti, perché, a conti fatti, salterà solo uno degli otto appelli annuali, peraltro il primo della sessione autunnale, tradizionalmente il meno frequentato dagli studenti reduci dalle vacanze estive. In più, come detto, chi deve laurearsi in autunno potrà comunque recuperare con un appello straordinario.

Non la pensa così, però, la rettrice Paola Inverardi: “Le ripercussioni in realtà ci saranno, anche se noi cercheremo di minimizzarle. Sia chiaro, la libertà di sciopero è inviolabile e il problema degli scatti c’è. Ma forse questo non era il modo migliore per portarlo avanti, anche perché la questione molto più complessa e riguarda anche il fondo di finanziamento ordinario degli atenei. Io come rettrice non posso essere d’accordo con questa forma di protesta perché rappresento tutta la comunità universitaria, anche gli studenti. E a rimetterci saranno loro”.

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