Si terranno oggi pomeriggio alle 15.00, nella chiesa di Santa Maria della Tomba, a Sulmona, i funerali del generale della Forestale Guido Conti, suicidatosi con un colpo alla tempia venerdì sera,
La camera ardente è stata aperta ieri mattina nella sala d'udienze del tribunale di Sulmona.
In tanti hanno voluto rendere omaggio alla salma del generale. Tra costoro, il procuratore della Repubblica Giuseppe Bellelli, il presidente del tribunale Giorgio Di Benedetto e i colleghi della forestale con i quali Conti ha condiviso gli anni passati al comando della stazione di Sulmona. Vicino alla bara, la moglie Anna e le figlie Arianna e Federica e la sorella di Conti, Silvia, comandante della sezione della Polstrada di Pescara.
Gli stessi familiari di Conti si sono detti amareggiati per le correlazioni che sono state fatte tra la morte dell'ex generale della Forestale e la ragedia dell'hotel Rigopiano.
“Apprendiamo con immenso dolore come la morte del nostro congiunto sia stata messa in relazione alla tragedia di Rigopiano" ha riferito all’Ansa un familiare. "Stupisce che questa correlazione sia stata da taluno ipotizzata in assenza di qualsiasi collegamento diretto e indiretto tra l’attività svolta da Guido e le vittime di Rigopiano. Tutto ciò aggiunge dolore al dolore”.
In una delle due lettere ai familiari l’ex investigatore protagonista del processo sulla mega discarica di Bussi sul Tirino, aveva infatti scritto che “da quando è accaduta la tragedia di Rigopiano la mia vita è cambiata. Quelle vittime mi pesano come un macigno. Perché tra i tanti atti ci sono anche prescrizioni a mia firma. Non per l’albergo, di cui non so nulla, me per l’edificazione del centro benessere”. L’autorizzazione si riferisce all’ok per la piscina e al rischio frana dell’impianto.
Nella lettera Conti si chiede: “Potevo fare di più? Nel senso potevo scavare e prestare maggiore attenzione in indagini per mettere intoppi o ostacolare quella pratica? Probabilmente no ma avrei potuto creare problemi, fastidi. Vivo con il cruccio”.
“Rigopiano è stato uno dei motivi che mi hanno convinto a lasciare il mio lavoro o a tentare di fare altro o a disinteressarmi di tutto questo. Non vivo, vegeto, facendo finta d’essere vivo” recita un altro passaggio della lettera.