Regione Abruzzo, amministrazioni comunali coinvolte, Wwf, Legambiente e il comitato spontaneo "Gestione partecipata territorio" hanno sottoscritto congiuntamente una richiesta formale - inviata ai ministeri dell'Ambiente e dello Sviluppo economico - per chiedere il blocco definitivo del progetto di sfruttamento del giacimento di gas del Lago di Bomba, in Val di Sangro.
Il documento è stato firmato questa mattina a Pescara e fa seguito alla ripresentazione del permesso di coltivazione da parte della società Cmi, dopo che il Consiglio di Stato aveva già bocciato analoga istanza di un'altra compagnia, in virtù del principio di precauzione, a causa dei rischi idrogeologici rilevati nell'area.
Nella lettera siglata oggi, si chiede ai ministeri non solo di fermare l'iter autorizzativo, ma anche di dichiarare l'impossibilità di sfruttamento del giacimento di gas naturale di Bomba, così da scongiurare in futuro il deposito di altre istanze. La Regione ha già posto in essere una serie di atti per contrastare il progetto della Cmi: dalla segnalazione delle presunte irregolarità nella composizione del comitato Via nazionale, fino al diniego della proroga per l'assegnazione delle aree industriali su cui andrebbe a insistere l'impianto.
"La determinazione di questo fronte ambientale e territoriale - ha sottolineato il governatore Luciano D'Alfonso - è irrisolvibile per quanto riguarda coloro che hanno in mente di realizzare un investimento che rovina quella parte di Abruzzo e la sua dignità ambientale. Basta con questo atteggiamento da 'safari' rispetto ai beni comuni di valore ambientale della nostra regione".
Oggi, "abbiamo messo in evidenza altre debolezze che faremo valere dal punto di vista nazionale. Innanzitutto, manca l'abruzzese nel comitato Via nazionale, cioè l'Arta che ha diritto a sedere lì; è viziata la condotta del Ministero, per la quale ho rappresentato il tutto alle Prefetture competenti, all'autorità giudiziaria e al ministro dell'Ambiente", ha aggiunto il governatore che ha poi chiarito come "abbiamo tolto di mezzo anche il suolo in corrispondenza del quale si faceva parte importante dell'investimento: Arap ha ritenuto concluso il tempo contrattuale e non ci sarà alcun rinnovo. Se nascerà un contenzioso civilistico siamo pronti a reggerlo e anche a prevalere".
Le firme dei rappresentanti della Regione Abruzzo, dei Sindaci dei Comuni interessati, del Presidente della Provincia di Chieti, delle associazioni ambientaliste, dei rappresentanti dei Comitati spontanei dei cittadini, in calce ai documenti che verranno inviati al Ministero dell'Ambiente e dello Sviluppo Economico, "esprimono la più che motivata contrarietà sia all'ipotesi di estrazione gas dal giacimento sotto il Lago di Bomba sia alla costruzione di una raffineria a Paglieta, e stanno a dimostrare l'unita d'intenti di un fronte vastissimo che continuerà a battersi, come ha fatto in passato, per scongiurare la realizzazione di tale progetto", le parole del Sottosegretario Mario Mazzocca.
"Oltre a ricostruire la storia più che ventennale dei tentativi abortiti di sfruttamento del giacimento - ha aggiunto Mazzocca - i documenti esplicitano con chiarezza le ragioni per le quali bisogna abbandonare questa idea, a cominciare dalla sentenza del Consiglio di Stato che ha dato ragione al comitato VIA della Regione che aveva respinto il progetto invocando il principio di precauzione riguardo al rischio di cedimento degli argini del Lago di Bomba, per finire con l'illogicità dell'atteggiamento del Mise che riapre, senza alcun nuovo motivo, l'istruttoria su un procedimento già chiuso. Tuttavia, la Regione Abruzzo insieme alle altre istituzioni e associazioni si farà sentire con le proprie osservazioni anche nel procedimento di VIA nazionale".
È in corso di approvazione, a tale proposito, una delibera di Giunta Regionale che fa proprio il parere contrario già espresso dal Comitato Regionale VIA e chiede di aprire il procedimento di "inchiesta pubblica" previsto dalla legge 152/2006.
In un altro documento, vengono segnalate altresì al Ministro dell'Ambiente e ai dirigenti del Comitato VIA nazionale, organo tecnico che deve pronunciarsi sulla compatibilità del progetto, alcune presunte irregolarità. Dallo studio delle carte emerge, infatti, che tra il Comitato VIA del Ministero dell'Ambiente e la CMI Energia c'è stato uno scambio ufficioso di documenti finalizzato a concordare un modo 'accettabile' per provare a scavalcare il principale motivo di opposizione al progetto ribadito dalla Sentenza del Consiglio di Stato, ossia la correttezza dell'applicazione del principio di precauzione. Le suddette presunte irregolarità sono state oggetto anche di un esposto alla Procura della Repubblica di Roma presentato alcuni giorni fa da Massimo Colonna, in qualità di Presidente del Comitato di cittadini "Gestione Partecipata Territorio".
La lunga vicenda del giacimento di gas naturale denominato "Colle Santo" sito nel territorio dei Comuni di Bomba, Archi, Roccascalegna, Torricella Peligna, Pennadomo, Villa Santa Maria, Atessa e Colledimezzo, in provincia di Chieti, è decisamente paradossale. Un primo progetto venne accantonato nel 1992 da AGIP per serie problematiche ambientali. Nel 2004 subentrò invece la società Forest CMI S.p.A. che il 20 febbraio 2009 presentò all'UNMIG l'istanza, denominata «Colle Santo», volta ad ottenere la concessione di coltivazione del giacimento. Una ipotesi subito contrastata dalla popolazione locale, che si costituì in Comitato, dai sindaci del territorio, dalla Provincia, dalla Regione. Il progetto venne respinto per ben due volte dal Comitato V.I.A. della regione Abruzzo (Giudizi 1929/2012 e 2315/2013) e poi definitivamente bocciato dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale con la Sentenza 02495 depositata il 18 maggio 2015. Ebbene quel progetto è stato ripresentato sostanzialmente identico da CMI Energia S.r.l. il 20 maggio 2016. Una scelta che WWF, Legambiente e Comitato "Gestione Partecipata Territorio" definirono, presentando nell'estate 2016 le loro osservazioni in opposizione, come "una offesa ai cittadini e allo Stato".
La bocciatura definitiva è, secondo le autorità politiche locali e i cittadini, del tutto inevitabile alla luce anche di una serie di fattori:
- il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, insieme al Comitato di cittadini "Gestione Partecipata Territorio" di Bomba (CH) e al WWF, sono stati tra i ricorrenti al Consiglio di Stato;
- il territorio con tutte le sue rappresentanze politiche, dalla Regione ai Comuni, si è opposto in ogni sede al progetto;
- le condizioni ambientali che rendono il giacimento non sfruttabile non muteranno nei prossimi decenni e anzi la situazione delle frane attive e quiescenti che circondano il bacino idroelettrico del lago di Bomba può solo peggiorare;
- la nuova istanza della CMI Energia S.r.l., è da ritenersi illegittima, in quanto chiede di sottoporre a giudizio di compatibilità ambientale un progetto identico a quello bocciato poco più di un anno prima da una sentenza del Consiglio di Stato e che un fondamentale principio del diritto romano afferma che "Ne bis in idem", ossia alla lettera "non due volte per la medesima cosa".
Si tratta ora di proclamarla in forma definitiva per consentire ai cittadini e ai loro rappresentanti pro-tempore di esercitare il sacrosanto diritto di decidere del futuro del loro territorio in base ai veri interessi della collettività.