La Carta delle aree di salvaguardia per l'acqua potabile e per la ricarica delle falde, attesa dal 2006, esiste e, se adottata senza ulteriori ritardi dalla Regione con i relativi vincoli d'uso del territorio, dalle cave alle industrie insalubri, dalle attività del Laboratorio di Fisica del Gran Sasso alla megacava in progetto a Popoli a pochissima distanza dalle Sorgenti del Pescara, segnerà un punto di svolta per la tutela delle aree strategiche per questo bene fondamentale per la vita. Il tutto in un territorio in cui già oggi il 50% dei corpi idrici sotterranei, secondo la più recente classificazione dell'ARTA, non rispetta gli standard comunitari per la qualità a causa dell'inquinamento.
La denuncia è del Forum abruzzese per l'acqua e della Stazione ornitologica abruzzese che stamane, in conferenza stampa, hanno svelato la Carta, attesa da 12 anni.
"Sono state individuate vaste aree della regione - è stato spiegato - a conferma della strategicità dell'Abruzzo per la salvaguardia dell'acqua in Italia".
Il concetto alla base della legge e dello studio conseguente è semplice: non bisogna insediare sopra queste aree strategiche centri di pericolo che possono inquinare direttamente la falda, delocalizzando (o mettendo in sicurezza a seconda delle categorie di attività) quelli esistenti. Infatti, il Testo Unico dell'Ambiente impose alle regioni di perimetrare le aree fondamentali per salvaguardare l'acqua sia in termini qualitativi che quantitativi definendo Zone di Rispetto e Zone di Protezione per, rispettivamente, i punti di captazione per l'idropotabile e la ricarica delle falde. In attesa di questa perimetrazione sito-specifica che tenga conto delle peculiarità di ogni acquifero, vige, per le Zone di Rispetto, il limite generico di 200 metri da centri di pericolo.
La legge prevede che siano gli Enti d'Ambito (in Abruzzo l'ERSI) a fornire la proposta che poi deve essere approvata dalla Regione.
"L'Abruzzo è inadempiente da ben 12 anni", l'affondo degli ambientalisti. "L'ERSI ha attivato la redazione dello studio solo a dicembre 2014 affidandola a BetaStudio, una società di Padova. Da quanto risulta dalle testate degli elaborati, la documentazione era pronta già ad ottobre 2016. L'ERSI ha però approvato lo studio solo a 25 luglio 2017 impiegando poi quasi tre mesi - il 16 ottobre - per trasmettere le carte alla Regione. Viene da chiedersi se questi enti usino la Pec e gli strumenti informatici. Oppure deve venire il sospetto, visti i ritardi nella procedura, che esiste il timore di dover dire 'no' a qualche progetto e svelare la reale condizione di vulnerabilità?".
L'esistenza della cartografia e dei relativi studi presso la regione d'altro lato è emersa solo grazie ad un accesso agli atti avviato a novembre dalla SOA nel contesto dell'operazione trasparenza lanciata per le vertenze per la tutela dell'acquifero del Gran Sasso e delle Sorgenti del Pescara, posti a rischio, rispettivamente, da alcuni esperimenti dei Laboratori (LVD e Borexino) e da un progetto di megacava di ben 20 ettari che dovrebbe operare fino al 2042 a soli 800 metri a monte di queste sorgenti da cui sgorgano ben 7.000 litri al secondo di acqua purissima.
Secondo i dati 2010 riportati nello studio, il consumo idrico complessivo in Abruzzo è di circa 247 milioni di Mc all'anno, cioè una portata media di 7.845 l/s. Durante la stagione estiva si registra un aumento di popolazione per cui è necessaria una portata maggiore per rifornire gli acquedotti che è pari a 12.452 l/s, con un incremento rispetto ai valori medi annui del 61%.
In Abruzzo sono state considerate nello studio 671 sorgenti; per 493 sono disponibili dati di portata (73%). Poi ci sono 154 pozzi (per l'idropotabile; pozzi per altri scopi sono decine di migliaia). "Avere disponibilità di risorse di qualità è vitale - aggiungono Forum H20 e SOA - per questo riteniamo folle, ad esempio, mettere a rischio le Sorgenti del Pescara che da sole, con 7.000 litri/secondo, potrebbero potenzialmente dissetare tutto l'Abruzzo. Portiamo alcuni esempi citati circa la presenza di centri di pericolo; al momento dello studio (2015-2016) nelle aree di salvaguardia individuate sono stati censiti: 25 discariche con segnali di contaminazione (superamento Concentrazioni Soglia di Contaminazione), 5 discariche ancora da monitorare, altre 67 discariche, 3 siti contaminati di altro genere, 6 siti industriali attivi, 2 stabilimenti a rischio di incidente rilevante (tra cui i Laboratori del Gran Sasso). Come anticipato la realizzazione di nuove attività estrattive, impianti per rifiuti, stoccaggi di sostanze pericolose dovrà essere vietata in queste aree, con altre limitazioni d'uso che riguardano i settori più disparati per quanto riguarda le iniziative che possono danneggiare la risorsa idrica. Situazioni già esistenti o dovranno essere delocalizzate o messe in sicurezza, a seconda delle categorie di attività. D'altro lato non ci si può sempre lamentare della siccità o della qualità dell'acqua pessima se poi si continua ad insediare nelle aree più preziose e vulnerabili centri di potenziale dispersione di sostanze inquinanti. Ricordiamo che ormai i corpi idrici sotterranei di tutti i fondovalle e delle conche intermontane abruzzesi sono contaminati".
L'Abruzzo, una regione ricca d'acqua, ha due esempi tra i più eclatanti in Europa dell'impatto concreto sulla vita dei cittadini di questa gestione dissennata dei territori che "producono acqua": quello dell'acqua di Bussi inquinata da solventi cancerogeni distribuita a centinaia di migliaia di cittadini per 25 anni fino al 2007 e quello del Gran Sasso dove la falda si è abbassata di 600 metri e dove l'acquifero è a rischio per alcuni esperimenti dei Laboratori di Fisica e per la presenza dei tunnel autostradali. "Giusto per dare un'idea della rilevanza dello studio per le politiche abruzzesi, la zona di rispetto attorno alla captazione localizzata presso i laboratori del Gran Sasso invece degli ormai famigerati 200 metri dovrebbe essere, secondo gli elaborati di chilometri, come d'altro lato, inascoltati, avevamo largamente previsto. Per arrivare a quella conclusione bastava tener conto della dimensione strategica di questo patrimonio che disseta 700.000 persone, della elevata vulnerabilità a causa del contesto geologico e, infine, dalla presenza di centri di pericolo".
Pertanto i divieti di stoccaggio di sostanze pericolose devono valere su aree molto più vaste se si vuole risolvere veramente il problema della sicurezza di questo acquifero. "Lo avevamo detto al vicepresidente Lolli da subito ma si è preferito continuare a citare i 200 metri stabiliti in via generica a livello nazionale continuando a far finta che non esistessero queste conoscenze a livello locale e gli obblighi di perimetrazione sito-specifica da parte delle regioni".
I rappresentanti del Forum H2O e della SOA chiedono ora che vi sia l'immediata adozione di provvedimenti di tutela come norme di salvaguardia transitorie in attesa dell'approvazione definitiva degli elaborati a seguito di un percorso pubblico che deve essere rapido. "Al massimo 3-4 mesi, visto il mostruoso ritardo accumulato e considerato che i cambiamenti climatici in atto richiedono scelte chiare e forti per la salvaguardia dell'acqua. Si parta allontanando le 2.300 tonnellate di sostanze pericolose ai Laboratori di Fisica Nucleare e bocciando la megacava alle Sorgenti del Pescara attualmente in V.I.A. Non possiamo giocarci a causa di questi ritardi le ultime riserve idriche abruzzesi, tra le più importanti d'Europa".