"Sono passati 9 mesi dall'incidente dell'8/9 maggio quando, a seguito dell'ennesimo incidente, fu vietato il consumo di acqua in gran parte della provincia di Teramo. E ci sono voluti ben 53 giorni per ottenere una risposta dalla regione Abruzzo alla richiesta dell'Osservatorio Indipendente sull'Acqua del Gran Sasso in merito all'esistenza di un progetto per la messa in sicurezza dell'acquifero".
A dirlo è l'Osservatorio Indipendente sull'Acqua del Gran Sasso -promosso dalle associazioni WWF, Legambiente, Mountain Wilderness, ARCI, ProNatura, Cittadinanzattiva, Guardie Ambientali d'Italia, FIAB, CAI, Italia Nostra e FAI- che, in una nota, torna a chiedere trasparenza e la definizione di un progetto di messa in sicurezza.
"Il 15 dicembre 2017, l'Osservatorio aveva prodotto un accesso civico per conoscere gli aspetti progettuali riguardanti la messa in sicurezza dell'acquifero del Gran Sasso. La risposta è arrivata solo l'8 febbraio 2018 e segnala che "ad oggi non vi è ancora alcun elaborato progettuale inerente le attività di messa in sicurezza". È chiaro quindi che la commissione tecnica per la gestione del rischio nel sistema idrico del Gran Sasso nei nove mesi trascorsi dall'incidente del maggio 2017 non ha ancora prodotto un progetto di messa in sicurezza".
"Non si può poi non rilevare una situazione alquanto confusa. Se l'8 febbraio 2018 per la regione Abruzzo non vi è ancora alcun progetto, attraverso il verbale pubblicato sul sito della regione, risulta che nel corso della riunione della commissione del 3 novembre 2017 il professor Guercio abbia illustrato un'idea progettuale che prevede il rifacimento delle captazioni, mediante perforazioni rivestite, ortogonali all'asse della galleria, con sviluppi longitudinali non inferiori a 200 m, a partire dalle nicchie SOS esistenti. Le nuove captazioni, dotate di apparecchiature di sezionamento e controllo quali-quantitativo, recapiterebbero le portate drenate dall'acquifero ad un nuovo sistema di tubazioni in acciaio inox, da posare in banchina delle gallerie autostradali. Esigenze di natura statica del rivestimento esistente delle gallerie autostradali non consentono la rimozione dell'attuale sistema di drenaggio, che continuerà a svolgere la propria funzione, anche se con portate presumibilmente ridotte, in quanto compensate dalle nuove captazioni. La soluzione comporta la necessità di continuare ad utilizzare la portata drenata dalle condotte poste sotto la pavimentazione stradale al fine di assicurare il medesimo volume complessivo di risorsa idrica destinata al consumo umano. Parte di tali risorse dovranno peraltro essere caratterizzate come acque superficiali, in quanto non captate in pressione all'interno dell'acquifero, e conseguentemente sottoposte ad un adeguato trattamento di potabilizzazione".
"In una conferenza stampa del 9 febbraio scorso - continua la nota- il vicepresidente Giovanni Lolli ha poi parlato di una nuova ipotesi di progetto che prevedrebbe la sostituzione del pvc dei tubi con materiale inox flessibile, l'impermeabilizzazione con nuove tecnologie del manto autostradale e di tutte le strutture a contatto e un nuovo intervento di impermeabilizzazione dei Laboratori.
"Ad oggi la situazione che emerge sembra essere la seguente. Non c'è nessun progetto reale per la messa in sicurezza dell'acquifero; dovrebbero esserci delle ipotesi di lavoro (non si capisce suffragate da quali studi); la situazione dei Laboratori dell'INFN e delle gallerie è talmente grave e complessa da richiedere interventi che dovrebbero modificare totalmente il sistema di captazione esistente con necessità di potabilizzazione di parte dell'acqua del Gran Sasso che verrebbe "declassata" ad acqua di superficie. Questo nonostante i lavori svolti durante la gestione commissariale Balducci siano costati oltre 82 milioni di euro. Non vi è, infine, alcuna ipotesi di allontanare le migliaia di tonnellate di sostanze pericolose (nafta pesante, trimetilbenzene, ecc.) stoccate all'interno dei Laboratori".
"Sulla trasparenza permane l'inspiegabile opposizione da parte della Regione alla partecipazione di rappresentanti delle associazioni, come richiesto dall'Osservatorio, alla commissione tecnica per la gestione del rischio nel sistema idrico del Gran Sasso. Inoltre è ancora impossibile per un cittadino conoscere tempestivamente i dati sulla qualità dell'acqua che arriva al rubinetto, non essendo stato messo a punto un sito che raggruppi tutti i dati delle analisi effettuate dai vari enti e organismi di controllo".
"A questo punto - conclude la nota- visto che il vicepresidente Lolli ha affermato durante la richiamata conferenza stampa che è disponibile a confrontarsi pubblicamente su questi temi anche per illustrare quanto si sta facendo, l'Osservatorio chiederà al vicepresidente di partecipare ad un incontro pubblico da organizzarsi al più presto a Teramo".