Lunedì, 26 Marzo 2018 21:28

Di Stefano: "Vendere le case dell'acquisto equivalente". Centrodestra spaccato

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Vendere in blocco gli oltre 500 appartamenti acquisiti dal Comune con la pratica dell’acquisto equivalente.

L’idea è stata espressa dall’assessore al Bilancio Annalisa Di Stefano nel corso della Commissione Garanzia e Controllo, chiamata, ieri, a votare sul Documento unico di programmazione (Dup) e sul Bilancio di previsione 2018-2020 (sono stati approvati entrambi a maggioranza, anche se il parere della commissione non era vincolante).

Per ora è poco più di un’ipotesi, non siamo ancora nel campo delle proposte. Ma, afferma l’assessore, in maggioranza se ne sta parlando. “Si tratta di operazioni complesse, che vanno affrontate tenendo conto di diversi aspetti. Ma dal mio punto di vista non escludo una cosa del genere”.

Ad oggi sono circa 300 gli appartamenti già immessi dal Comune, con tanto di atti notarili, nel proprio patrimonio ma la previsione è che, a ricostruzione ultimata, possano arrivare a 560, se non di più.

Un patrimonio edilizio troppo gravoso da gestire per le già disastrate casse dell’ente, che andrebbe a sommarsi al Moloch del Progetto Case e dei Map.

Gli uffici hanno stimato che, solo di oneri condominiali, queste case verrebbero a costare all’amministrazione oltre 100mila euro l’anno, cifra alla quale andrebbero aggiunte anche le spese di gestione e quelle di manutenzione ordinaria e straordinaria. .

Un piano di alienazione servirebbe, pertanto, a tagliare i costi e a fare cassa.

La domanda centrale a quel punto diventerebbe: a chi vendere? 

La consigliera di Coalizione sociale Carla Cimoroni, nei giorni scorsi, aveva lanciato un allarme sui rischi insiti in un’operazione del genere: “La cessione di tanti immobili di pregio determinerebbe un ulteriore tracollo dei prezzi di vendita, già in picchiata a differenza degli affitti, e, soprattutto, se intervenissero fondi immobiliari, che possono permettersi di investire oggi per trarre profitto magari tra 10 anni, avremmo un patrimonio immobilizzato e quindi dannoso per la città, insomma l'ennesima speculazione”.

L’assessore Di Stefano, però, ribatte: “E’ chiaro che ci sono dei pregiudizi negativi basati su esperienze passate, mi riferisco ad alcuni fondi immobiliari venuti in città in passato. Ma la mia idea è quella. Non è, comunque, una decisione che si può prendere così su due piedi. Faremo uno studio, all’esito del quale faremo una scelta”.

Sul tema, tuttavia, all’interno del centrodestra non c’è una posizione univoca.

Il consigliere dell’Udc Raffaele Daniele, presidente della commissione Territorio, ad esempio puntualizza: “L’unica decisione presa finora è di usare parte di quel patrimonio per le permute nei confronti dei cittadini proprietari di abitazioni che, per progetti strategici, non verranno ricostruite, come ad esempio quelli del civico 207 di via Roma, dove è prevista la realizzazione di Porta Barete. Per il futuro, è ovvio che un progetto di vendita tout court ucciderebbe il mercato immobiliare quindi è difficilmente percorribile”.

Tutto ciò mentre il Comune sta portando avanti le trattative intavolate con l’Università dell’Aquila e il Gran Sasso Science Institute per destinare una parte delle abitazioni – si parla di 200/250 appartamenti, localizzati in centro storico e in prossimità delle varie sedi universitarie, in modo da costituire un campus diffuso – alla residenzialità universitaria e studentesca tramite lo strumento dei collegi di merito.

A gestire tutto sarebbe un nuovo soggetto giuridico, una fondazione composta da Comune (che rimarrebbe comunque propretario), Univaq e GSSI.

L’iter è già in una fase avanzata e il sindaco Pierluigi Biondi, che sta partecipando personalmente al tavolo, ha ribadito alla rettrice Paola Inverardi la volontà dell’amministrazione di andare fino in fondo.

La speranza è quella di chiudere entro la fine dell’anno per avere a disposizione gli alloggi per l’anno accademico 2019/2020.

Ultima modifica il Martedì, 27 Marzo 2018 16:11

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