Mercoledì, 09 Maggio 2018 21:24

Aldo Moro, Mieli: "Non credo in una verità storica diversa da quella processuale". Martelli: "Con trattativa avremmo avuto più tempo per cercarlo"

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"La scomparsa di Moro segnla la fine di un'epoca, è una data spartiacque. Anche se non direi, come fanno molti, che quel giorno finì la Prima Repubblica, come se quello che accadde dopo non contasse nulla. Tra la morte di Moro e la fine della Prima Repubblica, ossia il 1992-93, passarono quindici anni e furono anni molto articolati e ricchi. Il 9 maggio 1978 è certamente una data importante ma la Prima Repubblica sopravvisse alla morte di Moro".

A dirlo è stato Paolo Mieli a margine del convegno su Aldo Moro organizzato dalla Fondazione Carispaq tenutosi nel giorno del 40° anniversario della morte dell'ex presidente della Dc all'auditorium Bper-Sericchi. Aldo Moro. Il pensiero, la politica, la storia: questo il titolo scelto per il simposio, al quale hanno preso parte anche l'ex ministro Claudio Martelli e i professori di Diritto dell'Università dell'Aquila Fabrizio Politi e Fabrizio Marinelli.

In quarant'anni sono cambiate molte cose, la politica italiana di oggi non è paragonabile a quella dell'epoca del rapimento Moro. Eppure, secondo Mieli, non mancano le assonanze: "Anche allora ci fu un momento di smarrimento della Repubblica, proprio come quello che stiamo vivendo in questi giorni. Allora era come se i partiti non ritrovassero più la loro ragion d'essere e per un periodo si persero. Forse Moro morì anche per questo, perché non ci fu una capacità di regia nel trovare una trama, un percorso che avrebbe potuto portarlo a salvarsi. Paradossalmente fu lui a provare a farlo, spiegando, nelle sue lettere, come si sarebbe potuto liberarlo. Ma i partiti si persero".

Mieli, da giornalista e storico, ritiene che, pur essendosi ancora alcune zone d'ombra, sull'affaire Moro, come lo definì Sciascia, non ci sia una verità storica diversa dalla verità processuale. "Io mi fido dei processi" ha detto Mieli "Cinque sentenze passate in giudicato, alle quali bisogna aggiungere quattro commissioni parlamentari, stanno a significare che tutto quello che si poteva legittimamente sapere lo si è saputo. Certo, rimangono dei misteri ma un conto è dire che ci sono ancora alcune zone d'ombra, altra cosa è affermare che dietro c'è un regista occulto. Questo non lo credo".

Mieli, nel suo intervento, ha parlato soprattutto dei rapporti tra Moro e il Partito Comunista. Quel Pci che lo statista aveva provato a coinvolgere, per la prima volta nella storia della Repubblica, in un accordo di governo con la Democrazia cristiana e che fu il sostenitore più intransigente della linea della fermezza nei giorni del rapimento. Tanto che, ha ricordato Mieli, l'ex presidente della Dc scrisse, in una lettera, "che il Pci lo ripagava uccidendolo".

A favore della trattativa, invece, fu il Psi di Craxi e Martelli. Moro si sarebbe salvato se fosse prevalsa la linea dei Socialisti? "E' una certezza che non abbiamo" ha detto l'ex ministro "anzi sarebbe abusivo pretenderla. Sono certo, però, che saremmo riusciti a prolungare la vita di Moro e quindi a dare, alle forze dell'ordine e agli investigatori, più tempo per scovare il covo e liberarlo".

A favore della trattativa, invece, fu il Psi di Craxi e Martelli. Moro si sarebbe salvato se fosse prevalsa la linea dei Socialisti? "E' una certezza che non abbiamo" ha detto l'ex ministro "anzi sarebbe abusivo pretenderla. Sono certo, però, che saremmo riusciti a prolungare la vita di Moro e quindi a dare, alle forze dell'ordine e agli investigatori, più tempo per scovare il covo dove era rinchiuso e liberarlo".

"L'eredità di Moro" ha dichiarato Martelli "è l'eredità stessa della politica democratica di questo Paese. Non perché non vi siano altre figure importanti ma la sua è quella più eminente. Questa eredità consiste nella coerenza con i propri ideali e i propri valori e nella capacità di rispettare quelli altrui, mediando i contrasti, le punte più acute. Oggi questa capacità sembra perduta. Non per difetto di opportunismo, anzi di quello ce n'è anche troppo, ma per difetto di un'intelligenza degli eventi e degli avvenimenti che costringa tutti a interrogarsi su quali sono le vere priorità, le cosa più importanti. A me pare che in questo momento, in questo frangente, le poche mediazioni che si vedono abbiano purtroppo solo il sapore del potere".

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