Indeterminati a termine. E’ l’ossimoro che da sei anni tiene prigionieri i 72 vincitori del concorsone Ripam Abruzzo assegnati agli Utr, gli Uffici territoriali per la ricostruzione istituiti dalla legge Barca nel 2012 per fornire assistenza tecnica ai comuni del Cratere.
Dal luglio scorso, gli Utr sono stati soppressi e le loro competenze sono passate in toto in capo all’Usrc, l’Ufficio speciale per la ricostruzione con sede a Fossa (a cui, peraltro, erano sempre stati subordinati).
Tale riorganizzazione, decisa dal governo Gentiloni con la legge di Stabilità 2017, ha però lasciato irrisolto il nodo dei contratti con cui questi lavoratori sono stati assunti: formalmente a tempo indeterminato ma, in verità, con una bella data di scadenza impressa sopra (il 2021, poi spostata al 2023).
In pratica, tra cinque anni, i dipendenti degli ex Utr – tra cui ci sono molti tecnici di categoria C e D ma anche amministrativi - rischiano di diventare degli esuberi perché i comuni delle otto aree omogenee con cui hanno stipulato il proprio contratto non non hanno la capienza organica per riassorbirli tutti.
Una situazione kafkiana, denunciata, per l’ennesima volta, dalle Rsu Usb (Unione sindacale di base) Enti locali, che, in conferenza stampa, hanno voluto lanciare anche un appello al ministro del Lavoro Luigi Di Maio e a quello dei Trasporti Danilo Toninelli per farsi carico del problema nonché ai sindaci dei comuni del Cratere e al sottosegretario alla Presidenza della Regione Mario Mazzocca affinché si facciano portavoce delle istanze dei lavoratori.
“In questa storia non c’è in ballo solo il nostro interesse particolare” hanno affermato i rappresentanti sindacali Marco Foliero, Luigi Iasci, Giovanni Di Achille e Maria Laura Borgognoni “ma anche un interesse pubblico. La nostra precarietà lavorativa, infatti, si riflette negativamente anche sulla ricostruzione, rallentando le procedure istruttorie e mettendone a rischio la continuità”.
Dinanzi a questa incertezza, evidenziano sempre i sindacati, più della metà dei 72 lavoratori originariamente assunti hanno preferito andarsene, facendo altri concorsi pubblici o accettando il trasferimento negli uffici centrali di qualche ministero, dove sono stati contrattualizzati secondo tutti i crismi. “Quando un dipendente va via” spiegano i sindacati “per rimpiazzarlo e formarne uno nuovo ci vuole almeno un anno e mezzo. Ormai siamo rimasti in pochi. Emblematico è il caso dell’Utr numero 3, quello di Montorio, dove su 9 dipendenti ne sono rimasti 2”.
E oltre al danno, per chi ha scelto di rimanere, c’è anche una doppia beffa: anzitutto, quella di rimanere “inchiodati”, sempre per motivi di natura contrattuale, alla proprie mansioni, senza possibilità né prospettive di carriera; e vedersi, in secondo luogo, "scavalcati" da chi era stato meno bravo di loro.
“Non solo per la prima volta nella storia del pubblico impiego" spiegano le Rsu "vincitori di concorso a tempo indeterminato si sono trovati in una situazione di precarietà. A ciò si deve aggiungere che gli idonei non vincitori dello stesso concorso sono stati chiamati da altre amministrazioni italiane con le quali hanno stipulato contratti assolutamente normali, a tempo indeterminato e senza alcuna scadenza. In pratica se si è stati meno bravi al concorso, si è stati fortunati. Dopo la soppressione degli Utr, inoltre, ci ritroviamo a lavorare nella stessa struttura dell’Ufficio speciale di Fossa assieme ad altri vincitori del concorsone Ripam, che tuttavia hanno un contratto a tempo indeterminato normale con un datore di lavoro certi, ovvero il ministero delle Infrastrutture”.