Lunedì, 19 Novembre 2018 21:29

I "pericoli" del 5G tra allarmismo e falsi miti: intervista a Valerio De Santis, docente Univaq

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Il 5G è un pericolo per la salute umana?

Sebbene la sperimentazione sulla prossima generazione della rete mobile che abiliterà la Internet of things (IoT) e aumenterà ulteriormente la velocità di trasferimento dei dati sia ancora nella fase iniziale, sono già in molti a chiederselo.

Un anno fa, 170 scienziati di una trentina di Paesi, tra cui l’Italia, scrissero un documento la cui tesi di fondo sosteneva che l’arrivo della nuova rete avrebbe creato un aumento massiccio dei campi elettromagnetici a radiofrequenza (RF-EMF), con la conseguente maggiore esposizione degli esseri umani ad un flusso di radiazioni non ionizzanti – definito anche elettrosmog – non privo di controindicazioni.

Ma un conto è nutrire dei dubbi, specie da un’ottica scientifica, sull’introduzione di una nuova tecnologia; un altro è abbandonarsi a forme di allarmismo, quando non di vero e proprio terrorismo psicologico, tirando in ballo i soliti complotti pilotati dalle multinazionali.

Qualche segnale di questa nascente psicosi si inizia a intravedere anche all’Aquila, una delle cinque città italiane dove sta avvenendo la sperimentazione sul 5G.

Bisogna subito specificare che, ad oggi, non ci sono prove né tanto meno indizi significativi di danni alla salute umana causati dalla rete mobile di ultima generazione. Perciò, se alcuni timori appaiono assolutamente ingiustificati, è parimenti sbagliato liquidare tutte le preoccupazioni con un’alzata di spalle.

Per tentare di vederci più chiaro, abbiamo rivolto alcune domande al professor Valerio De Santis, docente di Elettrotecnica all’Università dell’Aquila e membro del comitato tecnico internazionale sull’esposizione ai campi elettromagnetici IEC-TC 106 JWG-11/12 - (IoT) e 5G e del WG9 - Wireless Power Transfer (WPT).

Professor De Santis, sono fondati gli allarmi secondo cui il 5G fa male alla salute?

Va detto in premessa che quello dell’elettrosmog è un tema a proposito del quale si leggono molte inesattezze. Se da un lato il Principio di precauzione ed il Codice di Norimberga dovrebbero essere sempre applicati, dall’altro molti miti sono purtroppo ancora da sfatare.

Per esempio?

Per esempio una cosa importante che molti non sanno è che l’80% circa delle onde elettromagnetiche alle quali siamo esposti oggigiorno è dovuto a sorgenti naturali, ovvero quelle sorgenti che esisterebbero anche senza le recenti comunicazioni wireless.

Cos’è allora che crea questo forte clima di preoccupazione?

Nel caso del 5G, quello che sembrerebbe giocare a favore degli scettici sono essenzialmente due fattori: l’enorme dispiegamento di nuove antenne operanti alle frequenze cosiddette millimetriche e la pubblicazione di due nuovi studi, apparentemente significativi, secondo i quali le onde radio sarebbero cancerogene. Sono argomentazioni che in prima battuta possono anche sembrare convincenti ma che a un’attenta analisi si rivelano fuorvianti. Iniziamo con lo smentire la prima fonte di allarmismo, quella che stabilisce l’equazione “più antenne = più emissione di campo = più danni o rischi per la salute umana”. Si tratta di un falso mito. Un dispiegamento più capillare di antenne del 5G, infatti, potrebbe al contrario risultare persino vantaggioso per l’individuo esposto a tali onde elettromagnetiche, grazie alla maggiore copertura del segnale, al maggior controllo di potenza e quindi alla riduzione della potenza massima della singola antenna.

Cosa si può dire invece a proposito del secondo fattore, ovvero gli studi secondo i quali le onde radio sarebbero cancerogene?

Gli studi a cui si appellano coloro che si oppongono al 5G sono stati effettuati in due accreditati centri di ricerca: lo statunitense National Toxicology Program (NTP) e l’Istituto Ramazzini di Bologna. Entrambi gli studi, però, seppur ben condotti, fanno riferimento a un eventuale incremento del rischio di specifici tumori in diversi ratti esposti alle frequenze di sistemi radiomobili 2G e 3G. Sia le potenze in gioco, molto più elevate, che le frequenze, leggermente più basse, oltre al tipo di segnale e modulazione, non sono affatto paragonabili a quelle del 5G. Estendere quindi i risultati ottenuti in quei due studi alla tecnologia 5G è non solo tecnicamente sbagliato ma è anche scientificamente inadeguato, tanto da far “etichettare” gli stessi studi come non attendibili dall’Istituto Internazionale più accreditato al Mondo sul tema e riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, ovvero l’ICNIRP.   

Un ente la cui imparzialità e credibilità è messa in dubbio, però, da coloro che sostengono la pericolosità del 5G.

Quello che spesso alcuni contestano all’ICNIRP è la mancanza di indipendenza e un conflitto d’interessi con le lobby delle telecomunicazioni. Secondo tali critiche le linee guida dell’ICNIRP non comprenderebbero l’esposizione a lungo termine e gli effetti a bassa intensità o non-termici e quindi non sarebbero sufficienti a proteggere la salute pubblica. Sempre secondo gli scettici numerose pubblicazioni scientifiche recenti dimostrerebbero che i campi elettromagnetici colpiscono gli organismi viventi a livelli di campo ben al di sotto della maggior parte delle linee guida internazionali e nazionali. Tuttavia, nessuno di coloro che condividono queste tesi menziona il fatto che esistono altrettanti studi su effetti benefici dei campi elettromagnetici, che vanno dalla cura della depressione e delle malattie mentali alla riparazione ossea, fino alla diagnostica e alla terapia dei tumori stessi (radioterapia ed ipertermia).

Quale giudizio si sente di dare, quindi, al 5G e più in generale alle tecnologie a radio-frequenza?

Come per ogni cosa ritengo che bisogna trovare il “giusto” compromesso ed equilibrio nel sostenere alcune affermazioni quando l’evidenza scientifica non è ancora dimostrabile. Esprimerei quindi verso le tecnologie a radio-frequenza, incluse il 5G, un giudizio di cautela e buon senso che spesso manca sia da un lato, le lobby delle telecomunicazioni, che dall’altro, il fronte del No: se da un lato è sacrosanto il “principio di precauzione”, dall’altro non si dovrebbe a mio modesto parere nemmeno ostruire il cammino della scienza e della tecnologia, sempre se queste ultime vengono applicate con la giusta dose di buon senso evitando di affidare il nostro destino alla logica dei profitti. Un uso estremo dei cellulari o di altre sorgenti wireless, soprattutto se non accompagnato dall’adozione di alcuni accorgimenti pratici, potrebbe causare anche rischi per la salute ma non aprirsi al mondo della scienza potrebbe d’altro canto farci correre il rischio di rinchiuderci in noi stessi rimanendo vittime della logica del complottismo senza trarne alcun beneficio.

Ultima modifica il Martedì, 20 Novembre 2018 01:03

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