Mercoledì, 19 Dicembre 2018 18:04

Progetto 'Idee da coltivare': la storia di Ibrahim, dal Gambia all'Aquila alla riscoperta degli antichi grani abruzzesi

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"Da piccolo volevo diventare come mio padre che sapeva fare tanti lavori. Era agricoltore, falegname e tappezziere. Passavo molto tempo con lui per imparare questi mestieri. Non avrei mai immaginato di diventare, un giorno, un imprenditore qui in Italia".

Ibrahim, originario del Gambia, da sei mesi vive all'Aquila. Titolare di protezione internazionale, ha trovato accoglienza nel progetto Sprar gestito dal comitato territoriale Arci. Da pochi giorni è ufficialmente titolare di un'azienda agricola che inizierà la produzione la prossima primavera. Si occuperà della coltivazione di grani antichi abruzzesi come il Saragolla, la Solina e la Risciola e della successiva trasformazione di questi ultimi in farina, mangimi e pasta, grazie al supporto di un mulino e di un pastificio terzo che si occuperà della produzione.

Ibrahim parla con orgoglio del lavoro che sta per iniziare. Alto, spalle larghe, capelli crespi e occhi di un nero brillante, ha 22 anni. Nel 2016 è arrivato in Italia da Serekunda, la più grande città del Gambia, dopo un viaggio durato otto mesi. La sua storia racchiude uno scambio di conoscenze, saperi e tradizioni. Un processo di interazione più che di integrazione che dal Gambia, da dove è scappato a causa di una difficilissima situazione familiare, lo ha portato qui all'Aquila, nel piccolo comune di Barisciano per riprendere la coltivazione di un prodotto che negli anni ha rischiato di scomparire a causa delle colture industriali e massificate.

Grazie al progetto “Idee da coltivare”, promosso dall'Arci e presentato in 4 realtà, tra cui L'Aquila, la sua idea imprenditoriale è tra le otto imprese costituite da migranti titolari di protezione internazionale (TPI) nell’ambito dei servizi e dell’agricoltura biologica che hanno usufruito del co-finanziamento del Ministero dell'Interno tramite il Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione 2014-2020.

Il progetto, presentato stamane al Palazzo dell'Emicilo dell'Aquila, in un convegno alla presenza di rappresentanti delle istituzioni nazionali e locali, delle imprese impegnate nella integrazione dei migranti, delle organizzazioni datoriali e delle Camere di commercio e di una delegazione di studenti degli istituti superiori dell’Aquila, ha offerto percorsi di potenziamento della conoscenza della lingua italiana ed un pacchetto formativo e di accompagnamento per l’avvio di impresa. Al termine del primo modulo, i partecipanti hanno elaborato una propria idea d’impresa che è stata esaminata da una commissione secondo criteri di validità e sostenibilità.

All'Aquila l'impresa di Ibrahim non sarà l'unica ad essere sostenuta nella prima fase di avvio della produzione. Anche Foday, del Gambia, insieme ad Abdifattah, somalo, sono ra i vincitori del progetto. Avvieranno, nell'hinterland aquilano, un’impresa di produzione del miele, un progetto basato su un’alta qualità del prodotto offerto.

La storia di Ibrahim  

Incontro Ibrahim nella sede Arci dell'Aquila, dove si svolgono le lezioni di italiano per i beneficiari del progetto Sprar. Parla benissimo la nostra lingua e, nonostante la timidezza, ci tiene a raccontare la sua storia. Parlare del suo nuovo lavoro lo riporta indietro agli anni dell'infanzia a Serekunda, quando con la famiglia lavorarava come agricoltore per procurarsi da mangiare. Ibrahim ricorda lo spirito solidale con cui la comunità si dedicava al lalvoro dei campi, "i grandi pranzi durante le pause", per lui momenti di gioco e condivisione. "Ero un bambino e accompagnavo mio padre a lavorare la terra, coltivavamo il riso. In Africa è bellissimo coltivare la terra. Noi, ma in tutti i paesi il lavoro nei campi è simile, cantavamo per non sentire la fatica. Il momento più bello era quando mangiavamo tutti insieme. Eravamo uniti, come una famiglia. Mi piacerebbe -dice con un timido sorriso- fare le stesse cose qui all'Aquila, quando inizierò a lavorare il grano".

Nonostante la sua nuova attività sia nata su impulso degli educatori dello Sprar che lo hanno coinvolto nel progetto e che lo seguiranno durante il primo anno di attività, Ibrahim conosce bene la storia dei grani antichi abruzzesi. Ne parla con passione, convinto che soltanto attraverso progetti sostenibili "si possa salvare l'ambiente e creare lavoro. Credo che riprendere, con una piccola azienda, la coltivazione di grani antichi sia una buona cosa -racconta- Qui in Italia sono sempre di più i giovani imprenditori agricoli, questo permette di riprendere i lavori della tradizione che rischiavano di scomparire e allo stesso tempo di tutelare l'ambiente, Inoltre il grano di Solina, come quello di Saragolla, sono degli ottimi grani, molto diversi da quelli moderni. Sono più alto e con un basso livello di glutine, quindi molto digeribili".

Ibrahim non nasconde un pizzico di nervosismo, "che però è normale quando si inzia un nuovo lavoro, giusto?" mi chiede con un sorriso contagioso. E' orgoglioso della sua attività, ma ancora più della sua capacità di superare pregiudizi e difficoltà. A stimolarlo a "impare cose nuove e a migliorare quelle che già so", mi confida, è l'esperinza più drammatica della sua vita: il viaggio che dal Gambia, lo ha portato qui in Italia, in Sicilia, dove è arrivato nel 2016 a bordo di un barcone salpato dalla Libia.

Gli ci sono voluti due mesi per attraversare il Senegal, il Mali, il Burkina Faso e la Nigeria. Ha raggiunto la Libia "un paese molto pericoloso per via di una guerra civile". Lì ha vissuto per sei mesi. Nonostante la commozione continua il suo racconto. "Quando sono arrivato lì mi hanno tenuto prigioniero con altri 200 ragazzi dentro una casa per sei mesi senza poter uscire, era molto difficile, ero molto triste. Pensavo che non sarei mai riuscito a fuggire e invece un giorno, con altri tre ragazzi, siamo scappati. Per due giorni abbiamo camminato per il deserto senza scarpe. Alla fine abbiamo raggiunto un piccolo villagio di persone buone che ci hanno aiutato. Siamo rimasti lì per due settimane, eravamo stanchi e malati. Uno dei ragazzi fuggiti con me è morto nel deserto, di fame e di sete".

"Il ricordo del viaggio mi fa molto triste - mi dice abbassando la voce e volgendo in basso lo sguardo- ma parlarne mi dà il coraggio di fare cose belle. Mi ha insegnato, per esempio, che la vita non è facile e che non tutte le persone sono uguali. In Libia, per esempio, ci sono tante persone cattive. in Italia è diverso, anche se ci sono alcune persone razziste, ma ho capito che la causa del razzismo è la paura di conoscere le persone, e le altre culture. Non è cattiveria, è solo ingoranza".

Il progetto Sprar dell'Aquila

Grazie al progetto Sprar dell'Aquila, dove è arrivato da titolare di protezione sussidiaria dopo un anno trascorso in un Centro di Accoglienza Straordinario a Sulmona, ha potuto perfezionare i suo studi. "In gambia ho studiato per 12 anni, dai 6 anni ai 18. Ma quando sono arrivato in Italia non conoscevo la lingua e a Sulmona, dove ho vissuto in un centro per un anno, non ho avevo possibilità di studiare, non ci facevano fare niente, a parte passeggiare per la città. Una volta entrato nel progetto Sprar la mia vità è cambiata, ho inziato a studiare, ho fatto l'esame di tera media e ora sto frequentando le superiori. E, soprattutto, mi hanno permesso di avviare un'azienda tutta mia".

Con le nuove norme sull'accoglienza contenute nel decreto Salvini, oggi Ibrahim non avrebbe diritto ad entrare in un progetto Sprar che, ammette, gli ha "cambiato la vita", permettendogli di entrare a far parte della nostra comunità riprendendo un lavoro della tradizione. Prima di salutarlo, chiedo ad Ibrahim se vuole aggiungere qualcosa al suo racconto. "La mia è una storia che può essere di esempio ai tanti giovani italiani tristi che non riescono a trovare un lavoro - mi dice, e aggiunge- Spero che possa servire anche a mettere fine al razzismo. Se la gente impara a conoscere, anche attraverso il lavoro, gente di altre culture, forse un giorno le cose cambieranno".

Ultima modifica il Giovedì, 20 Dicembre 2018 22:34

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