Di fronte alla deriva xenofoba e razzista innescata da chi alimenta strumentalmente la percezione dell'invasione da parte degli stranieri, sembra sempre più difficile inquadrare nella giusta prospettiva il fenomeno migratorio e gli eventi che ad esso si ricollegano. Un nuovo bagaglio valoriale, in cui riemergono razzismo, identitarismo, sovranismo e nazionalismo, sta penetrando nel nostro dna, mettendo in pericolo la tenuta e i principi della nostra democrazia e richiamando l'urgenza di un cambio di rotta.
La restituzione della verità e dell'umanità alla narrazione delle migrazioni, intesa come antidoto all'intolleranza e al progetto di chiudere il nostro Paese nei confini emotivi del rifiuto e della paura, è stata al centro dell'incontro svoltosi ieri all'auditorium del parco del castello dal titolo "Umanità in migrazione". All'incontro hanno partecipato Pietro Protasi, coordinatore nazionale dei volontari Emergency; Luigi Gaffuri docente di geografia umana e africanista presso il Dipartimento di Scienze Umane dell'Università degli Studi dell'Aquila e tra i componenti del Comitato scientifico Dossier Statistico Immigrazione; Fabiana D'Ascenzo docente di geografia del potere dell'Univaq; Danilo Balducci, fotografo e docente dell'Accademia di Belle Arti dell'Aquila e Andrea Salomone del Comitato territoriale Arci e referente del Progetto Sprar L'Aquila.
L'evento è stato promosso dal gruppo Emergency L'Aquila che fino a questa sera sarà presente al Parco del Castello con l'iniziativativa "Diritti al Castello" per celebrare 20 anni di attività.
"La nostra associazione ha celebrato lo scorso 25 maggio ventcinque anni di attività. Ma festeggiare un compleanno per noi non è un traguardo ma una contraddizione perchè vorremmo che associazioni come Emergency non esistessero -ha esordito Pietro Protasi- Purtroppo ci siamo ancora, e continuiamo a curare vittime di guerre e povertà in moltissimi paesi: in Afghanistan, Iraq, Sierra Leone, Repubblica Centrafricana, Sudan e in Italia, dove il diritto alla cura è spesso disatteso".
Un lavoro, quello portato avanti dai medici e volontari di Emergency, tanto più prezioso se inquadrato nell'ottica del contributo che la testimonianza diretta di chi opera nelle zone da cui le migrazioni provengono, può dare alla corretta narrazione del fenomeno. "Quando si parla dei morti nel Mediterraneo - ha osservato il docente Gaffuri - non si può continuare a contarli senza chiedersi il perché. Occorre considerare le cause che spingono una persona a rischiare la vita per arrivare in paesi che hanno a loro volta dei problemi".
Quali, quindi, le cause? Problemi di ordine demografico ed economico in primis (per approfondimenti, qui i dati dell'ultimo dossier statistico sull'immigrazione; qui il contributo del professor Gaffuri nell'ambito dell'iniziativa I mercoledì della cultura promossa del Dipartimento di Scienze Umane dell'Università dell'Aquila). E poi le guerre, come quella in Afghanistan, dove i volontari di Emergency, da venti anni, operano e continuano a denunciare una crisi che poco emerge nella narrazione ufficiale. "Il conflitto in Afghanistan -ha sottolineato- è finito ufficialmente nel 2003. Negli ultimi due anni nei nostri ospedali a Kabul e nel sud del paese, abbiamo avuto un aumento del 17% delle vittime di guerra, soprattutto civili. In Afghanistan la guerra c'è ancora e nessuno lo racconta".
"C'è uno scarto importante tra realtà e l'immagine che si dà del fenomeno migratorio -ha affermato Gaffuri- Oggi la verità mostra sempre di più la sua natura illusoria. Non sappiamo bene cosa è vero. Questa illusorietà si nutre di senso comune che è legato a luoghi comuni che, a loro volta, nascono e si diffondono quando si crede acriticamente a ciò che i più raccontano. Oggi più che mai il mondo non è reale, ma è un mondo narrato. E ad ascoltare certe sirene che raccontano la loro verità sembra sentirsi dire narro ergo sum. I comunicatori di professione quando parlano, e purtroppo parlano spesso, sono convinti che ciò che raccontano sia degno di ascolto e soprattutto sono certi che verrà creduto. E dai risultati c'è da dire che molti si sono fatti convincere e sono pronti a farsi convincere ancora. Il problema è che tra i narratori esistono molti "cacciaballe", per usare un'espressione di Dario Fo, che tentano di far passare per verità il falso".
Come porre rimedio, dunque, al dilagare di questo "senso comune"? Chi ha il compito di inquadrare nella giusta prospettiva la percezione della presenza degli stranieri? Senz'altro un ruolo fondamentale è svolto dalla riflessione scientifica, chiamata a produrre forme di conoscenza equilibrata sul fenomeno. Poi ci sono i media, con l'informazione mainstream, da un lato, colpevole di "correre dietro la notizia che viene venduta -ha osservato Gaffuri- senza molte riflessioni" e con l'eccezione, dall'altro, di alcuni giornalisti aggueritissimi. Ne è un esempio Danilo Balducci, che nel 2015 ha deciso di documentare il viaggio dei migranti lungo la rotta balcanica. Frutto del lavoro durato due anni è "La linea invisibile", che è valso al fotoreporter importanti riconoscimenti internazionali.
Contrastare ll'identitarismo e l'intolleranza sui cui si è arroccata l'opinione pubblica, è però una pratica quoitidiana che chiama in causa tutti noi e che passa per il rifiuto di qualsiasi episodio o "narrazione" che getta benzina sul fuoco del "rapporto con il diverso".
Un dovere cui non possiamo sottrarci di fronte al moltiplicarsi di episodi di violenza e razzismo da cui nemmeno la nostra città risulta immune. Come testimoniato da Andrea Salomone. "Alcuni ragazzi ospitati nel Progetto Sprar, al termine del percorso di integrazione, sono oggi diventati parte della nostra comunità, vivono in città, pagano l'affitto e lavorano. Sono cittadini aquilani, eppure, spesso, sono vittime di espisodi di razzismo. Tempo fa, in un ristorante dove lavora un ragazzo africano, alcuni clienti si sono rifiutati di essere serviti da una persona di colore. Pochi giorni fa, un altro ragazzo, è stato bersaglio di insulti e offese razziste da parte di alcuni ragazzi affacciati dalle finestre di una scuola dell'Aquila, mentre si trovava fermo ad aspettare l'autobus".
"Bisognerà trovare nuove forme di narrazione, basate sulla ricerca e in grado di rifiutare ciò che troviamo già confezionato -la ricetta illustrata da Gaffuri- Forme che si interrogano e che interrogano, non pronte a credere da ciò che proviene dal "sentito dire". Queste nuove forme del racconto dovranno cercare di farci capire dove termina la realtà e dove inizia la finzione, dove inizia, cioè, la strategia retorica per catturare il consenso elettorale. Bisognerebbe domandarsi cosa significa esprimersi con certe parole e non con altre. Cosa si nasconde dietro il rivelare le proprie convinzioni in questo o in quel modo. Perchè narrare condiziona il nostro modo di conoscere i processi e i fenomeni che ci circondano. Non bisogna dimenticare che le parole condizionano il nostro modo di ragionare e osservare il mondo. Queste nuove forme del narrare che fanno ricerca dovranno dunque tentare di spiegare che nelle relazioni umane le porte chiuse e i porti chiusi sono pericolosi-ha concluso Gaffuri- e peggio ancora lo sono i muri. Non aveva tutti i torti un grande esploratore quando affermava che i muri esistevano e ne aveva visti molti durante i suoi viaggi: muri che, però, stavano tutti nella testa della gente".
Il Progetto Sisma di Emergency
Dalla narrazione del fenomeno migratorio, la due giorni promossa dal gruppo Emergency L'Aquila pone l'attenzione anche sulla narrazione e la denuncia di altre crisi, tutte italiane, rimaste ai margini dell'attenzione mediatica. Tra queste il post-sisma nei territori del Centro Italia, dove i volontari operano dal 2016. Gli interventi di supporto logistico e infermieristico forniti nell'immediato post-sisma, si sono tradotti, nel 2017, in un servizio di assistenza psicologica e infermieristica in alcuni territori del teramano gravemente colpiti dal disastro naturale tra cui: Castelli, Nerito e Montorio al Vomano.
A inizio marzo 2018, un secondo team composto da infermiere e psico-terapeuta ha iniziato a lavorare in provincia di Macerata, a Caldarola, Camerino, Muccia, Pieve Torina, Tolentino e Visso. Nel corso dell’estate 2018, in coincidenza con la chiusura delle scuole, è nato il Ludovan un camper (che fino a questa sera resterà nel piazzale del Parco del Castello) allestito ad hoc e pensato per far divertire i bambini e rallegrare gli adulti che li accompagnano.
Scopo del Ludovan è cercare di sostenere le persone che si trovano, ormai da tanto tempo, in luoghi difficili e in cui relazioni, autonomie e quotidianità sono state stravolte e destabilizzate dal terremoto, offrendo momenti di svago, aggregazione, ascolto e attività ludiche ai bambini e attività ricreative e motorie per gli adulti.
Il progetto Ludovan è stato realizzato grazie alla collaborazione con diverse associazioni e sostenitori: Campotosto e frazioni Onlus, Campovalano viva, Clown Brucaliffo, Comitato per la valorizzazione del quartiere di Montagnano (Camerino), Cooperativa sociale 3M, Giampiero Catalini, Kamo e Milla, La Valigia delle Meraviglie, Magicabula Onlus, Nati per leggere, Pro Loco Castelli, Pro Loco Nerito di Crognaleto, Pro Loco Azzinano di Tossicia, Raffaella Baratta, RiScossa di Colledara, Sportfund.
L'iniziativa di Emergency continuerà fino a questa sera con stand gastronomici e informativi sull'attività dell'associazione ed eventi musicali. Oggi, alle ore 17 si ballerà con la musica del Duo DisCanto (Michele Avolio e Elena D'Ascenzo), e Fabrizio De Melis. Qui il programma completo.