Lunedì, 27 Gennaio 2014 09:57

Reliquia rubata, pezzi ritrovati tra Tempera e Collemaggio. Tre denunciati

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La reliquia di Papa Karol Wojtivla trafugata dal santuario si San Pietro della Jenca, è stata ritrovata ieri dagli investigatori che hanno denunciato a piede libero tre giovani tossicodipendenti tre i 21 e i 30 anni con l'accusa di concorso in furto aggravato.

Una storia che si è sviluppata tra il Gran Sasso, dove si trova la Jenca e il suo santuario dedicato al Papa, Collemaggio dove gli inquirenti hanno rinvenuti molti dei resti della reliquia vicino al Ser.t frequentato dai giovani, e il Progetto case di Tempera dove i ladri in un primo tempo avevano riposto la refurtiva.

Pare prorpio che i tre ragazzi, rei confessi, non si fossero resi conto esattamente di cosa avessero rubato. Questi, secondo anche le loro stesse confessioni, i fatti:    

Per entrare nella chiesetta alle falde del Gran Sasso, tra Camarda ed Assergi, i tre segano le sbarre di una finestra. Una volta dentro si accorgono che non c'e' nulla, se non quella reliquia che ritenevano essere preziosa e sulla quale avrebbero potuto lucrare. Successivamente si recano nel parcheggio di un'abitazione antisimica del Progetto Case nella frazione di Tempera, dove risiede uno degli indagati, e qui cominciano a fare a pezzi la reliquia pensando non avesse particolare valore e la gettano nei dintorni.

Solo dopo aver appreso dagli organi di informazione l'importanza spirituale di quella reliquia e temendo che prima o poi gli investigatori sarebbero potuti risalire a loro, ritornano nel garage e rimettono insieme la teca, l'ampolla e il crocefisso. Uno, invece, si terra' un angioletto posto sopra la custodia. Oggetto ritrovato e sequestrato nell'abitazione di uno dei tre che vive a Tempera. Tutto il materiale verra' poi gettato dietro un cespuglio nei pressi del Sert dell'ex ospedale psichiatrico di Santa Maria di Collemaggio, dove la polizia ha poi fatto il rinvenimento. Tutto tranne il pezzettino di stoffa intriso del sangue di papa Wojtyla contenuta nell'ampolla che i ladri hanno spaccato in due. Un pezzo che sarà difficile ritrovare ora, seocondo gli inquirenti, visto il vento e la neve di questi giorni.

Gli investigatori sarebbero arrivati ai ragazzi con problemi di tossicodipendenza controllando i tabulati telefonici di chiamate fatte tra la fine della scorsa settimana e gli inizi dell'attuale da persone conosciute alle forze dell'ordine. Era giusta quindi la pista che cercava i responsabili tra balordi locali. La polizia, alla fine, ha indirizzato i sospetti su uno di loro che, messo alle strette, ha poi confessato.

La vicenda

Avevano segato l'inferriata della finestra laterale della chiesa di San Pietro della Jenca, portando via la reliquia con il sangue di Giovanni Paolo II e una piccola croce. 

Oltre cinquanta carabinieri hanno setacciato la zona per giorni, passo passo, intorno alla piccola chiesa, sotto il Gran Sasso, alla ricerca della reliquia rubata nella notte tra sabato e domenica. Per la battuta si è deciso di utilizzare anche cani 'cerca persone'. Le indagini dei militari guidati dal comandante provinciale, Savino Guarino, avrebbero evidenziato la possibilità che i ladri si siano disfatti dell'oggetto sacro.

La zona montana dove si trova il piccolo santuario era molto cara al Papa polacco - che verrà canonizzato il prossimo 27 aprile insieme con un altro grande pontefice, Giovanni XXIII - che era solito raggiungere il Gran Sasso per passeggiare, stare in meditazione e anche sciare.

Sul furto è stata aperta un'inchiesta dalla procura dell'Aquila. "A mio parere si tratta di un furto su commissione", aveva sottolineato Pasquale Corriere, promotore delle iniziative di rilancio turistico del Gran Sasso incentrate sulla figura di Wojtyla. Corriere ha ribadito che sono "quattro al mondo le reliquie con il sangue di Wojtyla". 

La reliquia fu donata al santuario il 7 agosto del 2011 dal cardinale Stanislaw Dziwisz al termine di una cerimonia. Esiste anche un attestato cartaceo che certifica l'autenticità del reperto. La notizia è stata immediatamente comunicata all'arcivescovo Giuseppe Petrocchi che si è detto "sconcertato e incredulo".

A intervenire sulla vicenda anche il comitato di volontariato osservatorio Antiplagio, secondo cui quanto avvenuto "non deve far escludere la pista satanica". Il giorno del furto, infatti, coincide nel calendario satanico con l'inizio del dominio del demone Volac, evocato dal 25 al 29 gennaio, periodo nel quale rientrano anche il ricordo sacrilego e il risvolto satanico dell'olocausto nazista nella 'Giornata della Memoria', per preparare il capodanno di Satana che si celebra il primo febbraio. Secondo gli adoratori del diavolo - spiega il coordinatore nazionale dell'osservatorio, Giovanni Panunzio, insegnante di religione - tale data rappresenta la nascita, le origini: quindi in questa fase dell'anno il sangue e la croce sono oggetti emblematici da profanare, sia per la religione cattolica che per quella ebraica.

Il mercato dei simulacri religiosi nelle sette sataniche è particolarmente fiorente e i simboli sacri senza un particolare valore artistico, ma unici, come quelli trafugati all'Aquila, vengono pagati decine di migliaia di euro. Anche il ricatto e l'eventuale richiesta di un riscatto possono rientrare in quest'ottica criminale.

Ultima modifica il Venerdì, 31 Gennaio 2014 15:01

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