"Dietro la vicenda giudiziaria si nasconde il disagio sociale dei tre ragazzi". A sottolinearlo il Sostituto Procuratore David Mancini a termine di una vicenda in cui sacro e profano si sono mischiati in un intreccio, che per alcuni tratti, ha sfiorato l'assurdo.
Se da un lato infatti c'è l'azione coordinata delle forze di Polizia "frutto della campagna in corso contro piccoli furti e rapine", dall'altra c'è la disarmante azione criminosa di tre giovanissimi aquilani con qualche problema di tossicodipendenza che intraprendono un furto senza sapere neanche cosa stanno rubando, tanto da doversene maldestramente disfare. "I ladri hanno confuso parti della reliquia di color giallo con oro" si dirà, e quando i tre si sono resi conto che quello oro non era, hanno strappato la teca in una sorta di inconsapevole furore iconoclasta.
Infine c'è la comunità religiosa che ha vissuto il furto come una profanazione ma che ora può tirare un sospiro di sollievo:" La reliquia è stata quasi totalmente ritrovata ad eccezione di qualche piccolo pezzo di stoffa ma è ricostruibile in grandissima parte" conferma Monsignor D'Ercole che parla di "perdono totale per i ragazzi" da parte di Papa Wojtyla.
"Le indagini per trovare i pezzettini di stoffa mancante continuano a Tempera" rassicura comunque il capo della squadra mobile Maurilio Grasso che conferma che "i frammenti sono stati gettati e non nascosti". Verrà persino un "cane molecolare", un pastore tedesco, per cercare ciò che resta.
Ma come mai i tre ragazzi aquilani reo confessi "che sono semplicemente denunciati e non in stato di fermo" si sono imbattuti in un tale furto? Grasso spiega:"Uno dei ragazzi lavora come elettricista e nel fare dei lavori nella zona ha visto il reliquiario e ha creduto che fosse di valore nella possibilità di venderlo. Ha realizzato il furto collegando l'elettricità col palo della luce per avere la possibilità di utilizzare il frollino per tagliare le sbarre. Poi in due sono scappati a piedi con il terzo complice che li aspettava più in là con la macchina. Sono ragazzi che fanno assunzione di stupefacenti, a volte spacciano e qualcuno ha fatto piccole rapine. Dietro questa storia - conclude Grasso - non c'è nient'altro.
Ma come hanno fatto Carabinieri e Polizia a trovare rapidamente i responsabili? Gli inquirenti spiegano che c'è stato inizialmente un "pressing investigativo" da parte dei Carabinieri che hanno battuto la zona ipotizzando correttamente che il furto potesse essere stato opera di piccola delinquenza locale che avrebbe potuto disfarsi della refurtiva nella zona subito dopo.
"Poi - aggiunge soddisfatto il Questore Vittorio Rizzi - la trama investigativa tessuta col lavoro silenzioso di tutti i giorni contro i furti, ha permesso alla quarta sezione di gettare tanti ami e arrivare alla soluzione".
"Lavorando su altri reati sul patrimonio abbiamo ascoltato anche uno dei responsabili del furto della Jenca che ha poi confessato. I ragazzi hanno collaborato e si è ritrovato il tutto".
Un successo insomma per l'attività investigativa delle Forze di Polizia che grazie all'operazione vogliono riconquistare quella fiducia scalfita dai tanti piccoli furti nelle abitazioni che si sono veirificati negli ultimi mesi. Un ritrovamento che la Polizia giudica importante per l'alto valore simbolico simbolico attribuito alla reliquia: "La gente ci teneva e noi abbiamo dato una buona risposta".
Aggiornamento delle 18:41. In serata, sono stati rinvenuti altri tre piccoli frammenti della reliquia del Beato papa Giovanni Paolo II, nel luogo in cui ieri gli agenti della squadra mobile della questura dell'Aquila avevano rinvenuto gran parte del prezioso pezzettino di stoffa intriso del sangue del Pontefice, rubato la scorsa settimana all'interno della chiesetta a San Pietro della Jenca. A trovarli nel garage dell'abitazione in cui risiede uno degli indagati (nel progetto Case di Tempera) il cane molecolare della polizia di Stato e lo stesso personale della Scientifica. I frammenti si aggiungono alla restante parte della reliquia già recuperata e riconosciuta dal vescovo ausiliare dell'Aquila, monsignor Giovanni D'Ercole