Via libera alla compravendita delle seconde case anche a lavori non ultimati nei comuni del cratere 2009; riorganizzazione del personale interno; ricorso a una short list di tecnici privati per velocizzare l’istruttoria delle pratiche; una ‘sferzata’ nei confronti dei progettisti ritardatari che, con la loro pigrizia, stanno tenendo bloccati lavori per 200 milioni di euro.
Sono alcune delle principali novità in arrivo per la ricostruzione dei comuni del Cratere annunciate da Raffaello Fico, il titolare dell’Usrc.
Alcune di essere passeranno per l’approvazione di leggi a livello nazionale; altre, invece, saranno il frutto di provvedimenti interni all’ufficio speciale.
Tra quelle annunciate, la misura forse più importante, che potrebbe finire già nella legge di conversione del decreto Sblocca Cantieri, è quella che in pratica farà sì che i proprietari delle seconde case situate nei piccoli paesi potranno vendere le proprie abitazioni anche prima della fine dei lavori qualora non siano interessati a farvi ritorno. Una norma analoga esiste già per il cratere del Centro Italia.
“Ne ho già parlato con il sottosegretario Vito Crimi” spiega Fico “che è d’accordo a uniformare e rendere omogenee il più possibile le procedure, in attesa che venga approvata una legge quadro sui disastri e le calamità naturali”.
La ratio alla base della nuova misura è di favorire la rinascita socio-economica dei borghi.
Com’è noto, infatti, nei piccoli paesi c’è un’elevatissima incidenza di seconde e anche terze abitazioni, molte delle quali sono destinate a rimanere vuote perché i proprietari, che normalmente le usano solo per pochi giorni l’anno, non hanno intenzione di tornare a risiedervi stabilmente.
Questo patrimonio immobiliare rischia di diventare solo un costo, sia per gli stessi proprietari – che sulle seconde case devono comunque pagare l’Imu e le altre tasse – che per lo Stato – che sta spendendo decine di milioni di euro per ricostruire edifici condannati, nella maggioranza dei casi, a rimanere disabitati.
Consentire la compravendita, ovviamente a prezzi più che calmierati, anche prima della fine dei lavori (attualmente, la normativa prevede che una casa appena ricostruita non possa essere venduta prima di due anni), potrebbe rendere appetibili quelle abitazioni a persone che vogliano invece trasferirsi nei piccoli paesi per iniziare un progetto di vita a lungo termine.
La nuova norma comunque continuerebbe a garantire al 100% il rifacimento delle parti comuni e quindi la ricostruzione integrale e senza buchi gli aggregati dei centri storici.
Dando facoltà di vendere ai proprietari, tuttavia, esenterebbe questi ultimi dal compartecipare al costo di ricostruzione, che per le seconde case è del 20 per cento dell'importo totale delle lavorazioni per finiture e impianti interni.
La nuova norma, osserva sempre Fico, rientra nell’ambito di una nuova strategia che l’Usrc ha intenzione di adottare per il rilancio economico e socio-demografico dei borghi. Una strategia che vedrà l’ufficio speciale sempre più protagonista e che consisterà nel cambiare modus operandi nella programmazione dei fondi del 4%, quelli destinati alle attività imprenditoriali, turistiche e culturali.
“Fermo restando che saranno sempre i comuni a decidere” osserva Fico “vogliamo che l’Usrc svolga una funzione di supporto non solo per il recupero fisico dei paesi ma anche per trovare delle soluzioni di sviluppo futuro. La nuova norma andrebbe in questa direzione. Da questo punto di vista, credo che sarà opportuno, un domani, ripensare anche la programmazione dei fondi del 4%, considerando la possibilità di finanziare progetti ampi, di area vasta, che incentivino i comuni a fare squadra e a mettersi in rete. Non escludo, da questo punto di vista, di creare all’interno dell’Usrc un centro di competenza per lo sviluppo e di far ricorso anche a delle competenze esterne, a eccellenze che abbiano lavorato già ad altre esperienze. In molti casi non bisogna inventarsi niente, basta solo trarre ispirazione da quanto si è fatto altrove”.
Le altre novità, come detto, riguardano la riorganizzazione interna dell’Usrc e la velocizzazione delle istruttorie dei progetti. Due questioni strettamente legate tra di loro.
Partiamo dalla prima.
La soppressione degli Utr voluta dall’ex sottosegretario alla Ricotruzione De Micheli è rimasta incompleta, nel senso che le loro competenze sono state assorbite dall’Usrc ma il personale è rimasto distaccato. Gli uffici sono diventati, di fatto, degli sportelli, in alcuni casi anche ampiamenti sottoutilizzati.
L’Usrc avrebbe bisogno come il pane dei lavoratori degli ex Utr, avendo perso circa il 30% dei propri dipendenti (che si sono trasferiti altrove dopo aver vinto altri concorsi).
Un provvedimento a cui si sta pensando consisterà nel far rimanere aperti alcuni dei vecchi Utr solo un paio di giorni a settimana e solo per attività di front office per “dirottare” il personale, nei giorni restanti, a Fossa, dove ha sede l'Usrc, a smaltire le pratiche.
“Sono questioni delicate, che richiedono dei passaggi e che toccano da vicino i diritti dei lavoratori, per cui bisogna agire con cautela” osserva Fico “Ma qualcosa va fatto perché così gli Utr sono un ibrido e servono a poco. Lo sanno anche i sindaci”.
E a proposito di personale, Fico, per il tramite di Crimi, ha chiesto al dipartimento della Funzione pubblica di intervenire per permettere ai lavoratori in forza all’Usrc e agli ex Utr assunti con il famoso concorsone Ripam di poter godere di avanzamenti e scatti di verticali di carriera, che fino ad ora sono stati loro preclusi.
In ballo non c’è solo la gratificazione e la valorizzazione del personale ma anche la funzionalità degli uffici, perché mancando figure dirigenziali intermedie, di fatto manca una struttura gerarchica. Se questi livelli ci fossero, ne guadagnerebbe anche l’efficienza degli uffici nell’esaminare i progetti.
E sempre nell’ottica di velocizzare le istruttorie, Fico ha proposto di delegare l’approvazione dei Sal (stato di avanzamento lavori) ai comuni (come avviene nel comune dell’Aquila), in modo che l’Usrc possa tornare a dedicarsi solo alla revisione dei progetti. Nel frattempo, per smaltire l’arretrato, l’Usrc ha lanciato un bando per la costituzione di una short list di tecnici esperti.
Se tutte questi provvedimenti sortissero gli effetti sperati, fa capire Fico, nel prossimo anno/anno e mezzo potrebbero partire cantieri per 1 miliardo di euro.
Ma i ritardi non sono imputabili sempre e solo alla lentezza della burocrazia pubblica.
In certi casi sono gli stessi progettisti privati a essere inadempienti. Fico parla di lavori per 200 milioni di euro che potrebbero partire in breve tempo se solo i tecnici responsabili dei progetti presentassero le integrazioni richieste dall’Usrc. Siccome sono passati mesi e queste risposte non sono ancora arrivate, l’Usrc ha sollecitato i sindaci a sferzare i progettisti ritardatari a presentare le integrazioni. In caso contrario, i loro nomi verranno pubblicati in un elenco.