Venerdì, 07 Giugno 2019 13:23

Scioperano i medici della continuità assistenziale della provincia dell'Aquila, lunedì e martedì dalle 20 alle 24. ASL1 garantisce prestazioni indispensabili

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Lunedì e martedì, dalle 20 alle 24, scioperano i medici della continuità assistenziale - le ex guardie mediche - della provincia dell'Aquila che denunciano "disparità di trattamento" rispetto alla condizioni economiche e di lavoro dei colleghi delle altre Asl d'Abruzzo. Si tratta di uno sciopero unitario, indetto dai sindacati Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale), Smi (Sindacato medici italiani) e Snami (Sindacato nazionale autonomo medici italiani), con l'adesione che dovrebbe superare l'80 per cento.

Gli 88 medici di continuità del distretto provinciale sono in stato di agitazione da tempo ed hanno avviato le procedure di raffreddamento in Prefettura: tuttavia, ad oggi non c'è stata alcuna richiesta di incontro da parte della direzione generale della Asl e, tantomeno, dell'assessore alla sanità Nicoletta Verì. Ecco spiegata la decisione di incrociare le braccia che, in un primo momento, era stata annunciata per l'intera settimana entrante.

Un passo indietro. 

La vicenda si trascina dal 2017, allorquando la procura della Corte dei Conti chiese chiarimenti alla Regione in merito alle indennità di rischio pagate ai medici della continuità assistenziale. A seguito del sollecito, la Regione bloccò i pagamenti e, anzi, per evitare ipotesi di danno erariale dispose che i medici dovessero restituire le somme erogate a tale titolo negli ultimi dieci anni. Le Asl, quindi, inviarono i decreti ingiuntivi con le richieste di pagamento che, in alcuni casi, ammontavano anche a 70mila euro.

Inizia un lungo braccio di ferro: i medici si rivolgono ai tribunali, e a Chieti ottengono una prima sentenza favorevole. Il giudice del lavoro stabilisce che l’indennità è legittima. A quel punto, l'allora assessore alla sanità Silvio Paolucci, e con lui i consiglieri di Forza Italia Lorenzo Sospiri e Mauro Febbo, firmano una proposta di legge che, in sostanza, va a sanare la situazione, bloccando le cartelle di pagamento già inviate e ripristinando il pagamento delle indennità: il provvedimento passa in Consgilio, con voto bipartisan. Intanto, anche il tribunale dell'Aquila accoglie il ricorso di altri professionisti: nella sentenza si legge che "l’accordo collettivo consente di determinare, in sede di negoziazione regionale, l’ammontare dei compensi spettanti ai medici, in considerazione della tipologia delle attività svolte e delle particolari condizioni di disagio e difficoltà di espletamento dell’attività convenzionale. Nel caso in esame", viene chiarito, "non può trascurarsi il rischio connesso allo svolgimento delle prestazioni di guardia medica, rischio non contestato dalla controparte e derivante dalla necessità di effettuare visite domiciliari su tutto il territorio, anche fuori dei centri abitati, in orario notturno, in situazioni di urgenza, in attesa dell’arrivo del 118". 

Ma cosa prevede l'accordo raggiunto dai sindacati con l'allora assessore Paolucci? In sostanza, i medici avrebbero svolto attività ambulatoriale in tutte le sedi di continuità assistenziale; in questo modo, si sarebbe ampliato il ruolo del medico di continuità assistenziale nel territorio, valorizzando le ricche professionalità presenti all’interno della categoria, rafforzando la collaborazione dei servizi della sanità pubblica, tra ospedale e territorio e tra i vari servizi territoriali, evitando vuoti assistenziali. In altre parole: aumentavano i servizi garantiti ai cittadini, col ripristino dei livelli retributivi dei medici decurtati in precedenza di circa 500 euro al mese, una sorta di indennità equivalente a quella sospesa.

Situazione risolta, insomma. Per alcuni mesi, almeno. Infatti, la Asl dell'Aquila - l'unica tra le aziende sanitarie abruzzesi - ha deciso di non rinnovare il progetto Obiettivo voluto dall'ex assessore regionale e, così, si è creata la situazione di disparità denunciata dai medici della continuità assistenziale della provincia che hanno deciso, infine, di scioperare. 

A coordinare le battaglia delle guardie mediche è il segretario provinciale della Fimmg Vito Albano che spiega come i medici, cui non vengono più riconosciute le prestazioni ambulatoriali e senza l'indennità di rischio, siano costretti a ricevere i pazienti in condizioni precarie, con rischio anche per la salute dei cittadini. "Siamo i medici più sottopagati d’Italia: la Asl di teramo paga 26 euro ad ora e per una busta paga mensile di 106 ore eroga uno stipendio di circa 2.600 euro; l’azienda aquilana per 118 ore (con una quotazione di 22 euro ad ora) assicura un trattamento economico di circa 1.900 euro. Nella confinante Sora, in provincia di Frosinone, la quota per un'ora è di 28 euro. Ed essendo contratti che prevedono l'esclusiva, non è permesso avere altri rapporti di lavoro". 

Staremo a vedere se lo sciopero servirà a smuovere le acque.

La Asl della provincia dell'Aquila ha reso noto che nei giorni 10 e 11 giugno, dalle ore 20 alle 24, "verranno comunque garantite le prestazioni indispensabili relative alle continuità assistenziale, vale a dire quelle di cui all'art. 67 del vigente accordo collettivo nazionale di categoria nonché quelle ulteriori previste dai commi 3 e 4 dell'appendice del vigente accordo integrativo regionale. Durante le due giornate di sciopero", ha spiegato l'azienda, "sarà attivo il numero 0862 3485790, numero unico aziendale della continuità assistenziale nonché, per le emergenze, il servizio di emergenza sanitaria territoriale del 118".

Ultima modifica il Sabato, 08 Giugno 2019 22:09

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