E' iniziato da poco, all'Emiciclo, il Consiglio comunale congiunto tra l'assise dell'Aquila e quella di Teramo: sul tavolo, la costituzione del Dea di secondo livello tra i presidi ospedalieri delle due città.
Come noto, il discusso decreto Lorenzin - varato nel 2013 - stabilisce una riorganizzazione sanitaria generale volta a ottimizzare le risorse e diminuire la parcellizzazione dei servizi su base territoriale. Gli ospedali vengono classificati in ordine crescente, in base al bacino di utenza e alle funzioni: ospedali di base, di primo livello e di secondo livello appunto, veri e propri hub, collocti laddove insista un bacino di utenza compreso tra 600.000 e 1.200.000 abitanti e con un numero di accessi annui superiore a 70.000, capaci di garantire il percorso cardiochirurgico, del trauma e dell'ictus, la neurochirurgia e così via.
Stante le cose, l'Abruzzo potrebbe avere al massimo due Dea di secondo livello, non di più.
Ebbene, si è andati molto avanti sul percorso di funzionalizzazione dei nosocomi di Chieti e Pescara come ospedale di secondo livello in attesa di costruirne uno completamente nuovo, modellato alle esigenze di una sanità moderna: sul punto, però, persistono profonde spaccature su dove realizzarlo; al contrario, la Commissione che era stata incaricata di verificare la fattibilità di una funzionalizzazione degli ospedali di L'Aquila e Teramo è ancora al palo: è questo il motivo che ha spinto i sindaci Pierluigi Biondi e Gianguido D'Alberto a chiedere la convocazione di un Consiglio comunale congiunto.
In Consiglio arriverà un documento condiviso che dovrebbe essere approvato dai consiglieri riuniti: ribadito il colpevole ritardo nei lavori della Commissione che dovrebbe valutare la fattibilità della funzionalizzazione dei presidi delle due città, nel documento viene sottolineato come le province di L'Aquila e Teramo rappresentino oltre il 60% dell'estensione territoriale abruzzese, un territorio che ha caratteristiche prevalentemente montuose e collinari, con la maggior parte della popolazione che vive in aree geograficamente e metereologicamente disagiate con collegamenti di rete viaria complessi, soprattutto nel periodo invernale.
Viene spiegato, altresì, come il massiccio del Gran Sasso rappresenti una divisione tra le due province, stante la rete infrastrutturale arretrata sviluppata quasi esclusivamente su gomma. In questo quadro si innestano, poi, le calamità naturali che negli ultimi 10 anni hanno colpito i territori interni d'Abruzzo, dal sisma del 2009 all’emergenza neve del 2017, passando per il terremoto del 2016.
Ed eccoci al punto: in sostanza, il documento propone che tutti gli attori istituzionali si adoperino per richiedere/concedere una deroga alla normativa vigente, al decreto Lorenzin per intenderci, realizzando, a farla breve, almeno tre hub di secondo livello, uno sulla costa, uno a Teramo e l'altro a L'Aquila. E' ciò che si evince a leggere la bozza di documento che verrà portato lunedì all'attenzione dei Consigli comunali.
Una richiesta che pare davvero difficile possa essere accolta a Roma. E che potrebbe essere pericolosa per la sanità aquilana.
Proviamo a spiegarvi il motivo: se il Ministero della Salute dovesse rigettare la richiesta, si potrebbe trovare il punto di caduta nella istituzione del Dea di secondo livello a Teramo, stante l'evidenza che all'ospedale Mazzini, di fatto, manca soltanto la Tin - la terapia intensiva neonatale - per configurarsi come hub ad alta specializzazione; d'altra parte, è tempo che a Teramo si parla della costruzione di un nuovo nosocomio che potrebbe sorgere a Piano d'Accio: era il progetto nel cassetto del manager della locale azienda sanitaria Roberto Fagnano, scomparso recentemente, prima di essere nominato a capo del Dipartimento della Sanità di Regione Abruzzo.
Ecco la ragione per cui c'è chi si dice convinto che andrebbe chiesto alla Regione di accellerare, piuttosto, sulla funzionalizzazione del Mazzini e del San Salvatore.
E' il messaggio che ha inteso lanciare stamane l'ex sindaco dell'Aquila, ed ex responsabile sanità del Pd, Massimo Cialente. "I Dea di secondo livello, previsti per una popolazione minima di 600.000 abitanti - ha spiegato Cialente - richiedono la presenza di tutti i reparti di alta specialità. In Abruzzo, nessuno dei quattro ospedali provinciali, ad oggi, ha i requisiti completi per configurarsi come hub di secondo livello: i reparti super specialistici, infatti, sono distribuiti sulle quattro province. Poiché siamo 1.300.000 abitanti, è possibile istituire uno o massimo due Dea. La proposta che feci come sindaco, nel momento in cui si pose il problema, è l'unica politicamente, scientificamente, organizzativamente, efficacemente ed efficientemente praticabile: la creazione di due Dea di secondo livello funzionali, vale a dire uno sull'area Chieti-Pescara, l'altro su L'Aquila-Teramo. La giunta D'Alfonso accettò questa proposta ed istituì due Commissioni: quella relativa alla costa si è conclusa positivamente, il Dea di secondo livello si farà sui due ospedali di Chieti e Pescara. La Commissione per Teramo e L'Aquila, invece, si è riunita una sola volta".
Cialente non si nasconde: "La verità è che non si è voluta portare avanti", dice a chiare lettere.
"Tra le giustificazioni c'è quella, a mio avviso sciocca, che afferma che tra L'Aquila e Teramo la presenza del Gran Sasso renda impossibile qualsiasi collegamento in tempi utili, e che su questo punto il Ministero si è sempre inchiodato. E' una sciocchezza, se si pensa che non solo i malati che ne avessero necessità (soprattutto i politraumatizzati, contemporaneamente neurologici, toracici ed addominali) potrebbero benissimo essere trasportati in un quarto d'ora con l'elicottero o in 40 minuti via autostrada, ma ove necessario, l'equipe - ad esempio di chirurgia toracica - potrebbe spostarsi rapidamente. In tal senso è già stata stipulata una convenzione tra le due Asl, considerando che i reparti di alta specialità sono dell'Università dell'Aquila".
Lunedì quindi si dovrebbe spingere in tal senso: "un Dea funzionale di secondo livello tra L'Aquila e Teramo, con una stretta collaborazione tra le due ASL e l'Università, già presente nei due nosocomi".
In questo senso, però, il documento che approderà a discussione lunedì pare andare in altra direzione. E sul punto insiste l'ex sindaco dell'Aquila: "mi giunge voce che la regione, ed altri politici sparsi sul territorio, abbiano assunto una posizione a mio avviso folle: chiedere la deroga al ministero per avere tre o addirittura quattro Dea di II livello in Abruzzo. Delle due l'una: o si prendono in giro i cittadini, oppure si vuol fare la furbata di far ricadere la responsabilità dell'ovvio diniego sul Governo".
Per decenni - sottolinea Cialente - "i politici hanno messo a credere, facendoci campanilismo, che l'importante è assegnare un'etichetta, creare ospedali, mantenerli comunque anche quando divengono pericolosi perché privi delle alte tecnologie diagnostiche e terapeutiche, abbandonando completamente gli investimenti sulla medicina territoriale, secondo quanto oggi dettato dalla nuova medicina. Ce lo vedete l'Abruzzo, già impelagato con il piano di rientro, con poche risorse, con un piano che prevede la chiusura di numerose unità operative complesse e semplici (sarebbero i reparti), realizzare tre o quattro cardiochirurgie, neurochirurgie, chirurgie toraciche, tin, chirurgie vascolari di alto livello? Chi le paga? E soprattutto, quale qualità assicurerebbero nel momento in cui avrebbero un bacino di utenza inferiore a quello previsto in letteratura internazionale affinché vi si eseguano un numero tale di interventi capaci di assicurare una casistica che permetta la qualità della preparazione delle equipe? Ma se abbiamo chiuso i punti nascita perché meno di 500 parti sono ritenuti insufficienti per assicurare una casistica idonea per una vera qualità delle prestazioni, pensiamo che un parto sia più complesso di un intervento cardiochirurgico o neurochirurgico?".
Dunque, l'auspicio: "mi auguro che i due Consigli comunali si comportino seriamente; guai a prendere in giro i cittadini e soprattutto attenti: il campanilismo è in agguato, in tutte e quattro la città capoluogo di provincia, non ci mette niente a liberarsi e tornare a mordere".