Lunedì, 23 Marzo 2020 14:39

Eseguire i tamponi ai medici, Grimaldi: "Utile solo per sintomatici"

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Altri due medici morti, un ospedaliero che era in pensione e un infettivologo che lavorava in una casa di cura.

Si allunga così l’elenco dei camici bianchi colpiti da Sars Cov2.

Esposti al virus e in alcuni casi senza protezioni i professionisti sanitari in Italia contagiati dall'inizio dell'epidenia, secondo i dati dell’Istituto superiore di Sanità, sono stati 4.824 pari al 9% del totale, una percentuale più che doppia rispetto a quella cinese stando allo studio pubblicato sul Journal of American Medical Association (3,8%).

La fondazione Gimbe (Gruppo Italiano per La Medicina Basata sulle Evidenze) però teme che il dato sia ampiamente sottostimato e chiede che i tampoini vengano estesi a tutti i professionisti e operatori sanitari e che vengano forniti strumenti di protezione a chi è impegnato in prima linea contro l’emergenza.

La Fondazione, alla luce degli ultimi dati sul contagio fra operatori sanitari, invita tutte le Regioni, sulla scia di quanto già deliberato in Emilia-Romagna e Calabria, a mettere in priorità assoluta l’esecuzione di tamponi a tutti gli operatori sanitari, sia in ospedale, sia sul territorio, con particolare attenzione ai professionisti coinvolti nell’assistenza domiciliare e nelle residenze assistenziali assistite, oltre che in case di riposo.

“Un mese dopo il caso 1 di Codogno – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Gimbe – i numeri dimostrano che abbiamo pagato molto caro il prezzo dell’impreparazione organizzativa e gestionale all’emergenza. Inoltre la mancanza di policy regionali univoche sull’esecuzione dei tamponi agli operatori sanitari, conseguente anche al timore di indebolire gli organici – spiega Cartabellotta – si è trasformata in un boomerang letale. Infatti, gli operatori sanitari infetti sono stati purtroppo i grandi e inconsapevoli protagonisti della diffusione del contagio in ospedali, residenze assistenziali e domicilio di pazienti”.

E' notizia di ieri che, tra i sei nuovi casi positivi in provincia dell'Aquila, ci sono almeno tre sanitari: un operatore del 118, una collega, originaria della Marsica, della dottoressa del San Salvatore trovata positiva nei giorni scorsi dopo aver avuto molti contatti con altri sanitari e pazienti, ed un operatore socio sanitario in forza al reparto di Geriatria dell'ospedale San Salvatore che è stato a contatto con il 69enne appoggiato dopo il ricovero nella struttura in attesa del tampone, per poi essere trasferito a malattie infettive e in ultimo in terapia intensiva, dove è morto ieri mattina.

Anche per questo, si inseguono gli appelli - dai sindacati alla politica, di destra e sinistra - affinché si proceda con il test su tutto il personale sanitario, un orientamento che sembrerebbe voler assumere anche l'assessore alla sanità Nicoletta Verì.

Ai microfoni di laQtv, però, il primario del reparto di Malattie infettive dell'ospedale San Salvatore dell'Aquila, Alessandro Grimaldi, ha assunto un'altra posizione: "La mia opinione è che il tampone sugli operatori sanitari potrebbe essere utile se l'operatore è sintomatico; se l'operatore è asintomatico, non credo che il test rivesta una grande utilità. D'altra parte, noi operatori sanitari abbiamo l'obbligo di proteggerci all'interno dei nostri reparti: in genere, indossiamo dispositivi di protezione individuale, mascherine, guanti, occhiali, e, dunque, non dovremmo né trasmettere la malattia né essere contagiati dai pazienti. E poi, se facciamo il test e risultiamo positivi che succede, andiamo tutti a casa in quarantena?".

Ultima modifica il Lunedì, 23 Marzo 2020 15:12

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